A processo per 'sottrazione di minore' è assolta la mamma tornata in Algeria con il figlio

Assolta perchè il fatto non costituisce reato. Una sentenza - quella pronunciata quest'oggi dal giudice in ruolo monocratico Paolo Salvatore - che ha messo la parola fine al procedimento penale in primo grado nei confronti di una 34enne algerina, chiamata a rispondere di "sottrazione e trattenimento di minore all'estero", per fatti più che noti alle cronache locali e nazionali.
A trascinare a giudizio la donna è stato infatti l'ex marito, anch'egli originario del Paese africano, ma residente nel casatese all'epoca dei fatti oggetto del procedimento conclusosi quest'oggi in tribunale a Lecco.
Una vicenda delicata, portata addirittura all'attenzione del Presidente della Repubblica, che si inserisce in un quadro di rapporti tesi tra i due ex coniugi per l'affidamento del figlioletto di quasi dieci anni.

Secondo la ricostruzione del padre 44enne - costituitosi parte civile - la consorte già nel 2013 aveva lasciato l'Italia con il piccolo di soli otto mesi, acconsentendo al rientro solo quattro anni più tardi, al raggiungimento di un accordo che avrebbe dovuto porre fine anche alla battaglia legale intrapresa in Algeria dalla giovane per ottenere l'affido esclusivo del bambino, divenuto "condiviso", con collocamento presso il padre, sulla base del provvedimento del tribunale di Lecco accolto da entrambi per "ripianare le divergenze e annullare le altre cause intentate".
A luglio 2019 però, madre e figlio si sarebbero nuovamente imbarcati per l'Algeria, con un volo di sola andata, interrompendo quel via vai della donna che per 6-7 volte in quasi due anni avrebbe fatto avanti e indietro giusto per una manciata di giorni per vedere il bambino; pur ritenendo il nostro Paese più favorevole per offrire delle "chance" al minore, la donna non voleva infatti trasferirsi in pianta stabile in Italia.
Stamani l'esaurimento dell'istruttoria con l'escussione di una teste citata dalla difesa, rappresentata d'ufficio dall'avvocato Paolo Rivetti. Ad accomodarsi al cospetto del giudice è stata una 52enne residente a Ravenna, entrata in contatto via social con la presunta parte lesa del procedimento. Un'amicizia virtuale nata da esperienze familiari simili, o meglio da rapporti complicati relativi all'affidamento dei figli. Sta di fatto che i due dallo schermo di un pc, sono passati ad una conoscenza ''dal vivo'', con la donna ospitata per qualche giorno a febbraio 2021 nell'abitazione del 44enne, trasferitosi nel frattempo in Valsassina insieme al padre. Un'esperienza che la donna ha descritto in maniera decisamente negativa in aula, tratteggiando il carattere del papà del bambino conteso e raccontando di essere letteralmente scappata di notte per far rientro nella propria città, allontanandosi da un contesto che non le piaceva. Pochi giorni più tardi la teste sarebbe stata poi contattata via Facebook dall'imputata che le avrebbe riferito per sommi capi le motivazioni che l'avevano portata a fare rientro in Africa con il bambino. ''Mi ha detto che in Italia suo figlio avrebbe avuto più possibilità, aggiungendo però di aver voluto tornare in Algeria per il carattere dell'ex marito'' ha concluso.
Se la difesa ha rinunciato ad escutere gli altri testi citati - ad esclusione di una giornalista Rai - il giudice Salvatore ha ritenuto di aver acquisito elementi sufficienti per poter chiudere l'istruttoria, cedendo così la parola al pubblico ministero per l'avvio della discussione.
A questo proposito il vice procuratore onorario Caterina Scarselli ha chiesto l'assoluzione della donna: a suo parere la condotta dell'algerina classe 1988 non sarebbe punibile poichè avrebbe agito ''per stato di necessità''. La PM ha ravvisato infatti una ricostruzione piuttosto confusa dei fatti da parte dell'ex marito durante la sua testimonianza in aula, rilevando come il casatese avrebbe potuto recarsi in Algeria per incontrare il bambino, circostanza che non risulta agli atti. Una tesi condivisa dalla difesa, con l'avvocato Rivetti che si è battuto per l'assoluzione della propria assistita, ritenendo obbligata la scelta di restare nel Paese d'origine, tenendo conto del quadro di difficoltà personale nel quale si trovava l'ex marito all'epoca dei fatti oggetto del fascicolo.
Secondo la parte civile - rappresentata dall'avvocato del foro di Roma Alberto Marsili Feliciangeli dell'associazione ''Vittime di violenza - Io no'' - si sarebbe perso di vista l'aspetto pratico della vicenda: ''la signora ha ingannato l'ex marito, ha preso il bambino ed è andata via dicendogli che non lo avrebbe visto mai più'' le parole del legale, secondo il quale l'imputata ''in presenza di eventuali criticità avrebbe comunque dovuto rivolgersi alle autorità e non farsi giustizia da sola'' ravvisandone una penale responsabilità.
Ritiratosi in camera di consiglio, il giudice ha assolto l'algerina ''perchè il fatto non costituisce reato''.
G. C.
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