Coldiretti: altra settimana rovente, brucia la frutta e prosciugano le stalle
Mentre le temperature continuano la loro corsa verso l’alto (con punte di oltre 38 gradi in pianura nei prossimi giorni) è sempre più allarme nei campi, con il caldo torrido che sta “bruciando” la frutta e verdura nei campi con ustioni che provocano perdite che in alcune zone potrebbero arrivare al 70% del raccolto, dai peperoni ai meloni alle melanzane che non riescono neppure a crescere.
E’ l’allarme lanciato dalla Coldiretti interprovinciale in relazione all’ultima ondata di alte temperature che investe l’Italia da nord a sud con conseguenze sulle persone ma anche sulle coltivazioni in sofferenza per la grave siccità.
La morsa del caldo – sottolinea Coldiretti– sta facendo danni a macchia di leopardo in tutto il comprensorio lariano, ma anche lungo l’intera penisola con gli agricoltori che cercano di correre ai ripari ombreggiando i prodotti, anche attraverso erba e foglie come barriere naturali. Le scottature da caldo danneggiano in maniera irreversibile frutta e verdura, fino a renderle invendibili. Si cerca di anticipare il raccolto quando possibile o si provvede al diradamento dei frutti sugli alberi, eliminando quelli non in grado di sopravvivere, per cercare di salvare almeno parte della produzione.
Una situazione che aggrava l’impatto devastante della siccità e del caldo sulle produzioni nazionali con danni che secondo la Coldiretti superano ormai 3 miliardi di euro.
Se i boschi bruciano per gli incendi in tutta Europa, nelle nostre campagne si registrano cali del 50% per il mais e i foraggi che servono all’alimentazione degli animali, del 20% per il latte nelle stalle, del 30% per il frumento duro, oltre 1/5 delle produzione di frumento tenero, oltre a meno 15% frutta ustionata da temperature di 40 gradi. Persino in alpeggio si registrano problemi di siccità, ingiallimento dei pascoli e scarsità d’acqua.
In questa situazione drammatica – sottolinea la Coldiretti lariana – più di 1 impresa agricola su 10 (11%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività ma ben circa 1/3 del totale nazionale (30%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dell’aumento dei costi di produzione, secondo le elaborazioni del Crea. Sui campi – continua la Coldiretti – pesano anche rincari per gli acquisti di concimi, imballaggi, gasolio, attrezzi e macchinari: si registrano aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio, a cui si aggiungono rincari di oltre il 30% per il vetro, del 15% per il tetrapack, del 35% per le etichette, del 45% per il cartone, del 60% per i barattoli di banda stagnata, fino ad arrivare al 70% per la plastica, secondo l’analisi Coldiretti.
Uno scenario drammatico in un 2022 che in Italia si classifica nel primo semestre come l’anno più caldo di sempre con una temperatura addirittura superiore di 0,76 gradi rispetto alla media storica, ma si registrano anche precipitazioni praticamente dimezzate lungo la Penisola, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Isac Cnr. La tendenza al surriscaldamento è evidente nel nostro Paese, dove la classifica degli anni più caldi negli ultimi due secoli si concentra nell’ultimo decennio e comprende nell’ordine il 2018, il 2015, il 2014, il 2019 e il 2020.
E’ l’allarme lanciato dalla Coldiretti interprovinciale in relazione all’ultima ondata di alte temperature che investe l’Italia da nord a sud con conseguenze sulle persone ma anche sulle coltivazioni in sofferenza per la grave siccità.
La morsa del caldo – sottolinea Coldiretti– sta facendo danni a macchia di leopardo in tutto il comprensorio lariano, ma anche lungo l’intera penisola con gli agricoltori che cercano di correre ai ripari ombreggiando i prodotti, anche attraverso erba e foglie come barriere naturali. Le scottature da caldo danneggiano in maniera irreversibile frutta e verdura, fino a renderle invendibili. Si cerca di anticipare il raccolto quando possibile o si provvede al diradamento dei frutti sugli alberi, eliminando quelli non in grado di sopravvivere, per cercare di salvare almeno parte della produzione.
Una situazione che aggrava l’impatto devastante della siccità e del caldo sulle produzioni nazionali con danni che secondo la Coldiretti superano ormai 3 miliardi di euro.
Se i boschi bruciano per gli incendi in tutta Europa, nelle nostre campagne si registrano cali del 50% per il mais e i foraggi che servono all’alimentazione degli animali, del 20% per il latte nelle stalle, del 30% per il frumento duro, oltre 1/5 delle produzione di frumento tenero, oltre a meno 15% frutta ustionata da temperature di 40 gradi. Persino in alpeggio si registrano problemi di siccità, ingiallimento dei pascoli e scarsità d’acqua.
In questa situazione drammatica – sottolinea la Coldiretti lariana – più di 1 impresa agricola su 10 (11%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività ma ben circa 1/3 del totale nazionale (30%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dell’aumento dei costi di produzione, secondo le elaborazioni del Crea. Sui campi – continua la Coldiretti – pesano anche rincari per gli acquisti di concimi, imballaggi, gasolio, attrezzi e macchinari: si registrano aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio, a cui si aggiungono rincari di oltre il 30% per il vetro, del 15% per il tetrapack, del 35% per le etichette, del 45% per il cartone, del 60% per i barattoli di banda stagnata, fino ad arrivare al 70% per la plastica, secondo l’analisi Coldiretti.
Uno scenario drammatico in un 2022 che in Italia si classifica nel primo semestre come l’anno più caldo di sempre con una temperatura addirittura superiore di 0,76 gradi rispetto alla media storica, ma si registrano anche precipitazioni praticamente dimezzate lungo la Penisola, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Isac Cnr. La tendenza al surriscaldamento è evidente nel nostro Paese, dove la classifica degli anni più caldi negli ultimi due secoli si concentra nell’ultimo decennio e comprende nell’ordine il 2018, il 2015, il 2014, il 2019 e il 2020.