Costa: dopo la brutale aggressione patita, padre Luigi Brenna è pronto a ripartire per la Nigeria

È pronto a ripartire per la missione in Nigeria. Padre Luigi Brenna, missionario 71enne dei chierici regolari di Somasca nativo di Costa Masnaga, lo scorso 3 luglio era stato rapito e massacrato di botte da una banda che ha fatto incursione nella sua comunità, nel villaggio di Usen. Gli incursori, credendolo morto dopo un colpo di machete sferrato sulla testa, lo hanno abbandonato: lui è riuscito a salvarsi. Circa un mese fa ha fatto rientro in Italia per alcuni esami di accertamento sulle sue condizioni di salute e, ora, dopo aver recuperato le energie, si appresta a tornare in missione perché, come ci ha detto, con una grande fede e un sorriso disarmante, "se Dio mi ha aiutato una volta, lo farà ancora".

A destra padre Luigi Brenna

L'altra sera è stato ospite dell'associazione "La Preferibile": Lorenzo Fumagalli ha fortemente desiderato la sua presenza nello spazio culturale aperto pochi mesi fa in via XXV Aprile. Guidato da Rocco Pugliese, padre Brenna ha raccontato l'esperienza di missionario che porta avanti dal 1978, da 44 anni. Emozionato, le sue parole sono state genuine, sincere, mai alla ricerca di facili applausi: il suo sorriso nel raccontare anche le difficoltà della vita di missionario, hanno arricchito ulteriormente la sua testimonianza.
"Sono missionario dal 1978: non ho contato gli anni" sono le sue prime parole. Fanno capire quanto sia impegnato ad agire per il bene della sua comunità, più che essere un osservatore passivo del tempo che corre inesorabile. Ha cominciato la sua esperienza negli Stati Uniti, poi è stato mandato nelle Filippine dove è rimasto per molto tempo. Infine, sette anni fa la proposta di andare in Nigeria, che ha accolto, nonostante fosse un impegno importante per l'età. "Ho iniziato la mia attività lavorando con i ragazzi di strada che hanno difficoltà a lavorare e ad scuola - ha raccontato - Prima di essere ordinato prete sono stato quattro anni a Pavia con questi ragazzi. L'esperienza mi ha toccato e mi ha dato la serenità di spirito perché devi imparare a "mettere i piedi nelle loro scarpe". Ho fatto poi esperienza tra Italia, Stati Uniti e Filippine dove sono stato inviato per fare opere con i ragazzi".

Grazie al contributo di un industriale cremonese nel settore siderurgico (Arvedi), padre Brenna ha aperto sei case, che ospitavano gruppi dai 20 ai 30 ragazzi. "In Nigeria mi hanno cambiato l'attività ma non ho lasciato quello che c'è nel mio cuore, i ragazzi - ha confessato - Il nostro padre fondatore diceva che dobbiamo vivere e servire i ragazzi. Quando ritornano da scuola, facciamo ricreazione, poi dividiamo i compiti della casa. Si prega, si lavora, si gioisce e si soffre insieme. Quella con i ragazzi è un'esperienza che mi ha toccato molto. Negli Stati Uniti c'è stato un impatto forte con i giovani che venivano mandati da noi perché non avevano altre possibilità di recupero: la nostra casa era l'ultima possibilità prima del carcere minorile e i ragazzi scappavano da tutte le parti. Mi ha toccato molto lasciare da parte quello che ero io per "mettermi nelle loro scarpe". Stavo perdendo però il contatto con me stesso, la fede, la forza fisica e psicologica e ho chiesto di rientrare. L'esperienza però mi ha insegnato a farmi carico di tutte le loro gioie. Mi ha dato una serenità di fondo: anche se le cose vanno male, c'è sempre uno spiraglio di buono e di speranza".

In Nigeria, padre Brenna si occupava di due case, in cui sono ospitati quasi venti ragazzi. "La comunicazione è un problema in tutta la Nigeria: tra loro non si capiscono perché ci sono 250 lingue - ha spiegato - Non c'è una lingua parlata da tutti, ma usano un inglese storpiato per comunicare. Le messe vengono celebrate in inglese o nella lingua locale. Noi lo facciamo nella lingua di Benin".
Ha raccontato alcuni aneddoti simpatici e altri meno divertenti, provando così a far immergere nella realtà africana, profondamente diversa dalla nostra. Ha presentato anche un mondo di fede, distante da quello che viviamo nella nostra quotidianità: "Dobbiamo recuperare anzitutto per quelli che sono cattolici - ha commentato - Sto facendo esperienza anche con musulmani e anemisti che hanno una spiritualità molto forte perché sentono la necessità di essere in contatto con Dio. Noi, invece abbandoniamo questo e abbandoniamo Dio. Quando vanno in chiesa, i musulmani si prostrano per mantenere un contatto con Dio. Il senso è che la divinità è sopra ed è con loro. Proviamo piuttosto a recuperare parte della nostra cultura italiana. Sento di togliere i crocefissi dalle scuole in nome dell'uguaglianza: è un modo per metterci noi al centro di tutto. I filippini e i nigeriani, nella loro terra, vivono della loro cultura. Anche noi dobbiamo recuperare la nostra".
Parlando della sua comunità nigeriana, ha dichiarato di voler aprire nuove case per aiutare altre persone, ma questo non dipende chiaramente solo dalla sua volontà: "Vivere con i ragazzi mi ha dato la capacità di vedere le cose con occhi diversi. Siamo poi chiamati, come Somaschi, a servire i poveri, quindi ho sempre chiesto di non mandarmi in parrocchia, ma dove c'è povertà. Io stesso ho sperimentato che tutto questo non mi tira via la felicità. Sono sempre positivo per la mia fede. Finora il Signore non ha abbandonato né me ne tutti quelli che aiutavamo: è una presenza che dà sostegno e fiducia.

In merito all'aggressione subita e di cui preferisce non parlare per raccontare piuttosto il bene, ha detto: "Mi hanno detto che volevano rapirmi per i soldi. Nella nostra zona a giugno sono stati rapiti 24 preti: lo fanno per soldi. La situazione in Nigeria è sfuggita di mano, con bande che vanno a prendere i soldi dai preti diocesani perchè sono abbastanza ricchi. La situazione è andata peggiorando: hanno cominciato anche con le suore e hanno iniziato a terrorizzare tutti. Fermano bus e fanno scendere le persone. Quando sono venuti da me, hanno sparato 40 colpi prima di portarmi via".
Padre Brenna ha reso noto che è possibile, a qualsiasi età, sostenere i giovani con un'adozione a distanza mentre per contribuire alle attività dell'associazione ci si può abbonare a una rivista trimestrale che parla delle opere missionarie dei padri somaschi in giro per il mondo.
La testimonianza di padre Luigi Brenna ha offerto spunti di riflessione importanti, colpendo per la semplicità.
Michela Mauri
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