Immagine tratta da The Royal Family
"Ora arrivano i giorni del re, possano essere benedetti". Così dice Gandalf ad Aragorn alla fine dell'ultimo episodio de Il Signore degli Anelli. Una frase che nel mio cuore di bambino ha sempre scatenato la genuina gioia tipica del lieto fine. Uscito, con molto dispiacere, da quell'atmosfera magica in cui solo il cinema ti può trasportare, mi rendevo conto di come, di fatto, io non avessi esperienza concreta del concetto di "re". In quegli anni, quando io ero piccolo, c'era solo lei. La Regina. Del resto, quell'inno sentito tante volte in occasione delle partite tra l'Italia e la nazionale dei Tre Leoni recitava "God Save the Queen". Con il passare del tempo e con lo sviluppo di un perverso amore per lo Storia, accanto a quello incrollabile per le pellicole cinematografiche, mi sono reso conto che quell'anziana signora che si vedeva ogni tanto in televisione nei servizi sul Regno Unito non era solo la Regina. Era parte della Storia. Quella Storia con la S maiuscola. La Storia delle guerre e degli accordi, delle monarchie e dei governi, dei discorsi e delle scelte dei leader. La Storia che a scuola difficilmente ti spiegano con la necessaria dovizia di particolari nonostante quella Storia ha plasmato il mondo in cui noi viviamo. Una Storia in cui la Regina Elisabetta II, deceduta ieri all'età di 96 anni ha svolto un ruolo centrale, quello della certezza a cui aggrapparsi nei momenti più bui. Di fronte al crollo drammatico della politica britannica, sul piano dell'immagine ma non solo, anche un non inglese poteva pensare "per fortuna che c'è la Regina". Non era infallibile ed Helen Mirren nel film The Queen lo mostra in modo magistrale. Di fatto però, in 70 anni di Regno la Regina ha assistito all'evoluzione della Storia, segnandola al contempo in modo indelebile. Ma la Storia con la S maiuscola è fatta non solo dai discorsi e dalle scelte dei leader. La Storia con la S maiuscola è plasmata da ognuno di noi attraverso le scelte di ogni giorno. Organizzare una rassegna culturale, decidere di impegnarsi politicamente o nel sociale, decidere di andare o meno a votare, decidere di documentare o meno un evento nonostante interminabili code sulle strade. Sono solo alcune di quelle piccole scelte che fanno possono contribuire a fare la Storia. Ed è innanzitutto per questo che ha senso parlare di Storia anche su un giornale locale ogni volta che si può e c'è l'occasione per farlo. Ma ha senso parlare di Storia anche perché "historia magistra vitae", "la Storia è maestra di vita", come diceva Cicerone. Noi contribuiamo a plasmare la Storia ma ad essa guardiamo, o dovremmo guardare, per capire come relazionarci al meglio con il mondo che ci circonda. Ed è questo il motivo per cui il fatto che la Storia non sia spiegata a dovere a scuola è un problema. Perché il mondo è terribilmente più complesso di quello che sembra. Prendete oggi: la Regina Elisabetta II è morta lo stesso giorno in cui la neopremier britannica Liz Truss ha annunciato un enorme piano di spesa per attenuare gli effetti della crescita dei costi dell'energia. La Regina Elisabetta II è morta in una Scozia dove la first minister Nicola Sturgeon ha convocato per il 23 ottobre 2023 un referendum sull'indipendenza da Londra. La Regina Elisabetta II è morta nel pieno di una nuova guerra alle porte dell'Europa. Eh già, il mondo è terribilmente complesso e la sua vita andrà avanti anche dopo oggi. Ma accanto alle piccole scelte con cui ognuno di noi può influenzarlo ci sono anche i sentimenti. Ed oggi, il sentimento mio, ma credo non solo mio, assume una forma molto chiara: sconforto per il venire meno di una certezza. Per decenni, mentre la Storia fluiva imperterrita plasmata dalle piccole e grandi scelte di chi ci ha preceduto, lei c'era. Da oggi in poi, lei non ci sarà più. E allora, nella speranza che arrivi quanto prima un sovrano in grado di avere un ruolo e un peso simile, possiamo dire, per un'ultima volta: "God Save the Queen".
Andrea Besati