Casatenovo: tentata estorsione ai danni di un imprenditore. Chieste due assoluzioni

"Credo ci sia un po' poco". L'ha detto espressamente il sostituto procuratore Alessandro Gobbis, al momento applicato a Lecco da Milano. Rassegnando le proprie conclusioni ha ritenuto la prova insufficiente, arrivando dunque a chiedere, con molta onestà - come riconosciuto poi anche dai difensori - l'assoluzione di entrambi gli imputati. In attesa di giudizio due fratelli: Gian Luca Gulisano, classe 1970, difeso dall'avvocato Francesco Saggioro del Foro di Parma e Vito Gulisano, due anni più anziano, rappresentato dalla penalista Franca Mezgee del Foro di Milano. Tentata estorsione il reato a loro ascritto. Stando all'impianto accusatorio avrebbero avvicinato un commerciante casatese per vedersi corrisposti 60 milioni (non è mai stato chiarito se di euro o di vecchie lire) a fronte di un credito vantato dal padre, scomparso da qualche anno.

Dopo un primo incontro ad uno street food, i Gulisano lo avrebbero raggiunto in azienda, minacciandolo, per poi reiterare le pretese anche telefonicamente. Il tutto, a detta del denunciante - attivo nella commercializzazione di insaccati - quale strascico di una vicenda originata negli anni '80 quando avrebbe acquistato dal papà dei due una cavallina per 3.800.000 lire, trovandosi poi in difficoltà nel pagarla, scegliendo infine di scappare all'estero per evitare di saldare il debito nel frattempo lievitato.
Ben diversa, come sottolineato anche dal difensore, la versione di Vito Gulisano. Rendendo esame, in una precedente udienza, l'imputato aveva raccontato infatti di aver riconosciuto l'amico del padre allo street food, chiacchierando tranquillamente con lo stesso, tanto da presentargli anche moglie (poi sentita in Aula) e figlie. Ricevuto il bigliettino da visita dell'uomo, averebbe deciso di raggiungerlo in azienda con il fratello, intenzionato a acquistare uno dei prosciutti venduti dall'anziano. Per un accertamento della finanza in corso, l'imprenditore non avrebbe consentito ai due di entrare nel capannone, "rimbalzandoli" a un momento successivo. Non si sarebbe mai parlato di debiti, nemmeno al telefono. Tra l'altro, è stato sottolineato nelle arringhe, nessuno dei due imputati - essendo nati e cresciuti al nord - ha la cadenza siciliana sottolineata dal denunciante con riferimento alle chiamate intimidatorie che, a suo dire, avrebbe ricevuto.
Evidenziando altre discordanze nel racconto della presunta vittima, non è restato che chiedere coralmente l'assoluzione degli imputati. Il 22 dicembre la sentenza.
A.M.
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