Molteno: il giornalista Gianni Borsa parla di Europa e delle sfide future da affrontare
Gianni Borsa
Il parroco don Massimo Santambrogio ha aggiunto: “Questa serata fruttuosa ci consegna il compito di non finirla qui, di continuare a essere persone attente, che si appassionano, si documentano, leggono per avere poi parola da restituire”.
Il relatore ha cominciato partendo dalle radici in cui affonda l’Unione europea, nata prima come comunità europea del carbone e dell’acciaio nel 1952 e poi come unione economica europea nel 1957 (il trattato di Roma istituisce la CEE). “L’Europa nasce per fare la pace e oggi il suo impegno è mantenere la pace tra i 27 popoli che la abitano. Si era inteso che, in termini di civiltà, l’Europa potesse essere da esempio. Il principio con il quale si costruiscono le decisioni è quello della solidarietà. Oggi non sempre funziona, come quando si parla di migrazioni, che nei trattati non sono presenti: l’Unione europea non ha una politica migratoria perchè gli stati membri non danno il potere di costruire una politica unica. Italia, Malta, Spagna e i Balcani quindi soffrono di un peso maggiore. Nei trattati non c’è una politica migratoria, ma c’è solo l’accordo di Dublino che stabilisce che i migranti, dove approdano, si devono fermare: è stato scritto quando non c’erano movimenti di massa forzati, quindi all’epoca un senso e oggi non più. È stata depositata ieri la proposta del Parlamento di attuare il criterio di solidarietà: occorrerebbe che la richiesta venga fatta propria dalla commissione e fosse approvata dai paesi membri” ha spiegato Borsa.
L’Unione Europea si configura come un’organizzazione politica che ha iniziato a costruire una politica agricola comune, infrastrutturale, un mercato comune, la libera circolazione di merci e capitali. C’è una moneta unica e si sono create le istituzioni che la regolano.
Certamente il contesto attuale è profondamente mutato rispetto ai tempi dei padri fondatori: c’è una guerra in corso alle porte dell’Europa, la questione energetica, la crisi alimentare dettata dai cereali ucraini, una pandemia che ha generato altre crisi e non è ancora finita. Le risposte europee a quest’ultima questione, sono state next-generation EU e Pnrr, risorse da destinare agli stati per trasformare le difficoltà in opportunità. Oltre alle grandi sfide come il cambiamento climatico, la S-globalizzazione, le democrazie illiberali, l’Europea deve diventare un grande attore globale in grado di tenere la scena insieme agli altri, da un lato Cina e India, dall’altro gli Stati Uniti d’America, passando per le economie emergenti come il Brasile.
“L’Europa oggi resta una potenza di pace - ha sostenuto Borsa - Rimane il progetto della difesa comune per dare sicurezza ai confini, occorre badare al terrorismo internazionale e fare operazione di peacekeeping. L’Ucraina è formalmente candidata ad essere paese dell’Unione europea: l’Europa si prende in carico di sostenere quel paese in chiave di solidarietà e prima di diventare stato membro, l’Ucraina dovrà dimostrare di rispettare i criteri che le da l’Europa”. Per borsa occorre anche costruire un popolo europeo, per il quale ci vuole riconoscimento: “È essenziale in questo il ruolo della comunità religiose. L’Europa sta diventando multi religiosa: le chiese sono importanti perché sono espressione di un sentire profondamente umano”.
Matteo Bonacina
Le sfide di oggi vanno affrontate, ma per quelle di domani come ci si prepara? “Se la storia va avanti, l’Europa deve trovare risposte nuove alle esigenze di donne e uomini di domani. Bisogna quindi fare delle riforme. L’Unione europea ha forti limiti nella capacità di intervenire presto dove occorre oppure un margine decisionale ristretto in alcuni settori, come nel caso dell’energia: non abbiamo una politica energetica comune che significa andare insieme a comprare il gas permettendoci di spuntare un prezzo più basso. Occorre poi rimettere al centro i cittadini: abbiamo bisogno di sentirci europei per stare dentro questo percorso”. C’è ancora troppo nazionalismo che non aiuta ad avere una visione allargata, europea. Noi stessi, quando dichiariamo la nostra provenienza, ci sentiamo italiani e meno europei. Per questo, suggerisce Borsa, dovrebbe essere reso obbligatorio l’Erasmus affinchè i giovani imparino a capire che i nostri confini sono più ampi di quelli dello stato nazionale. “Uno dei nostri grandi peccati è l’individualismo, che in politica diventa nazionalismo e crea barrire. In economia prende la via del chiudere le frontiere. Diverso è dire che siamo in un mercato aperto dove i beni circolano e come consumatore siamo liberi di scegliere quello che vogliamo. Il concetto è di una circolarità che crea ricchezza, relazioni, una comunità più ampia”. La chiosa di Borsa prima di concedersi alle numerose domande del pubblico in sala: “Siamo un continente impaurito - i timori ci sono e diffusi, le relazioni si sono allentate - ma noi abbiamo bisogno di chi, a ogni livello, costruisca comunità e i credenti hanno un impegno e un aiuto in più perché il Vangelo va testimoniato nella vita di tutti i giorni”.L’Europa, in fondo, siamo noi e solo sentendoci parte di questo insieme, vivendolo e credendoci, possiamo contribuire a completare altri tasselli di quell’Europa ancora mancante.
M.Mau.