L'invisibile e il fuoco purificatore
Di lato della mulattiera, bene distanziate, ci sono le cappellette del 1905 della via crucis con bassorilievi in bronzo che raffigurano le tappe della passione e morte di Gesù di Nazareth. L'uomo invisibile le guarda, si sofferma, ma la sua mente è altrove con i suoi pensieri, i suoi ricordi, le sue immagini e attende l'incontro con la morte.
La mulattiera si inoltrata nella selva, si allontanata dalle ultime case, lui si assicura che non ci sia nessuno nei pressi. Si ferma alla settima cappelletta che raffigura la seconda caduta di Gesù di Nazareth mentre porta la croce. Anche l'invisibile porta la sua croce. E' un uomo che cammina in una terra sconosciuta, è uno dei tanti invisibili che stanno agli angoli delle strade, che danno fastidio ai cittadini perché sono fuori dal coro, insozzano l'aria, sono brutti e sporchi.
In città si sono accese le luminarie, le piazze e le case del centro sono imbrattate da fantastiche immagini. E' festa.
Dell'uomo invisibile, che sale lungo la mulattiera, si vede soltanto la mano con il contenitore che alza il braccio e versa il liquido micidiale e lo fa scendere a cascata su tutto il corpo. L'uomo invisibile cerca di non disturbare gli altri. Si ferma, si guarda attorno, tace, con l'altra mano prende l'accendino, se lo avvicina e dà fuoco al suo corpo trasformandolo in una torcia umana. Il silenzio è rotto, squarciato dal grido di dolore che lo risveglia da un incubo coltivato nell'estrema solitudine e abbandono. E' un grido straziante che va oltre il suo corpo e contamina la natura. Non è servito l'intervento di un samaritano per salvarlo dalla morte.
Se n'è andato come un bonzo in mezzo alla natura.
E' un atto carico di significati che fa rabbrividire la pelle, il pensiero, trasmette una disperazione profonda e denuncia la comunità, la civiltà: poche parole sono state spese per questo invisibile che non interessa a nessuno. Non si conosce ancora il nome di questo mio amico del mondo, che mi dice, con il suo sacrificio, che i roghi sono sempre pronti ad accendersi.
Il mio amico si è bruciato con le sue mani. Il fuoco, il rogo, la torcia umana simbolizzano la purificazione dalla colpa. L'invisibile si è sentito in colpa per non essere adeguato, assimilabile. Non voleva continuare a essere un sopravvissuto, un assistito, un bisognoso e si è sentito lacerato nella sua dignità.
Altre volte, altri corpi sono bruciati perché se ne stanno sdraiati su panchine avvolti da stracci: oggi i diversi sono gli straccioni, i barboni, gli stranieri, i poveri.
L'invisibile, come Edipo a Colono, decide di terminare la sua esistenza nel bosco tra alberi, animali, lontano dalle voci della civiltà, lontano dalla città, lontano da tutti.