Oggiono: Daniele Cassioli, campione non vedente, incontra gli alunni del Bachelet

''Lo sport può diventare quel pezzo di strada che c'è tra noi e la felicità''. Si è aperto con queste parole l'incontro svoltosi nella mattinata di martedì con gli alunni dell'istituto Bachelet di Oggiono.
Ospite l'atleta paralimpico Daniele Cassioli che nella sua carriera sportiva ha conquistato più di venti titoli mondiali ed altrettanti a livello europeo nello sci nautico, nelle categorie salto, slalom e figure.

Al centro Daniele Cassioli fra i ragazzi del Bachelet

''Se nella mia vita avessi ascoltato tutte quelle voci che riducevano la mia persona al mio problema di cecità, certamente non sarei arrivato a fare quello che ho fatto'' ha detto all'inizio dell'incontro presentandosi ai numerosi ragazzi presenti.
Fin dalla nascita, quando gli è stata diagnosticata una retinite pigmentosa, lui e coloro che gli erano vicini hanno dovuto affrontare numerose difficoltà. Daniele ha ricordato i difficili giorni di scuola, costretto sempre in prima fila su di un banco molto grande per ospitare gli immensi libri in braille che gli permettevano di studiare, e le prime gelosie verso i coetanei che si divertivano nel campo da calcio.

''Ammetto che quando ero piccolo a scuola ero un po' arrabbiato, spessissimo si presentavano situazioni che non smettevano di ricordarmi quanto fossi diverso dagli altri. Per me tutto questo era fonte di estremo disagio, e molte sono le situazioni che anche oggi quotidianamente mi mettono certamente in difficoltà, ma è cambiato il mio atteggiamento. Per questo sono qui con voi oggi, per cercare di riflettere insieme sul tema della diversità'' ha detto, spiegando quanto negli anni concepire la diversità come bellezza e valore aggiunto lo abbia aiutato a superare le sfide giornaliere. ''E' un privilegio essere diversi'' è ciò che si ripete quando alcuni giorni manca la grinta ed il giusto approccio per continuare ad allenarsi e spingersi oltre i propri limiti. Essere un atleta non significa infatti solo svolgere allenamenti estenuanti, ma avere il giusto approccio, mantenere attivo l'entusiasmo per scendere in campo ogni giorno con la giusta grinta. ''Non sono qui oggi per darvi la formula magica, e nemmeno con la presunzione che i miei problemi siano più grandi dei vostri, anche perché credo che ognuno abbia le proprie sfide da affrontare, ma per cercare di trasmettervi ciò che la vita, e soprattutto lo sport mi hanno insegnato''.

Si avvicina allo sport fin da piccolo, prima il nuoto, poi il karate, e poi lo sci su neve, che non ha più abbandonato. Da ultimo lo sci nautico che diventa la sua grande passione, il suo riscatto: con gli sci ai piedi si sente molto più libero di quando cammina e questo gli permette di riacquistare la libertà. Lo sport piano piano lo aiuta ad accogliere ed accettare la sua cecità, giorno dopo giorno, un allenamento dopo l'altro.
''Lo sport mi ha aiutato a superare molte difficoltà, che si sono tramutate da motivo di profonda crisi ad un rallentamento superabile. E questo mi ha fatto crescere molto come persona, vivo lo sport con grande intensità, mi sveglio con la voglia di migliorarmi e fare sempre meglio. Certamente i problemi iniziali, proprio a livello pratico, sono stati diversi ma questo non mi ha fermato. Credo che molto spesso quando abbandoniamo uno sport, o più in generale ci allontaniamo da una situazione, il problema non sia proprio quello che ci raccontiamo. Non è l'allenatore, non è il freddo e nemmeno i compagni di squadra poco simpatici, ma la mancanza di entusiasmo. A volte serve proprio mantenere attiva quell'energia, quell'entusiasmo'' ha aggiunto, rispondendo alle domande degli alunni curiosi di conoscere la vita di un atleta.

''Quanto è fondamentale l'aiuto degli altri nella tua vita?'' hanno chiesto dal fondo dell'auditorium, e Nicola è stato ben felice di rispondere per sottolineare quanto l'importanza dell'aiuto e del sostegno sia in realtà fondamentale nella vita di ciascuno, a qualsiasi età. ''Mi sono accorto che quando ero arrabbiato tutti quelli intorno a me, dai miei amici ai miei famigliari, facevano fatica a starmi vicino. Quando ho accolto la mia malattia anche il mio approccio con gli altri è cambiato. Ho capito che non c'è forza più grande che essere in grado di chiedere aiuto e poi appoggiarsi a coloro che ci offrono quel sostegno. Credo che lo sia anche per voi, ragazzi, in un periodo che so essere tosto come l'adolescenza''.
Sara Ardagna
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