La pubblica accusa, aveva chiesto per entrambi l'assoluzione. "Credo ci sia un po' poco", aveva detto in Aula, al cospetto del collegio del Tribunale di Lecco, il sostituto procuratore Alessandro Gobbis chiamato, lo scorso 27 ottobre, a rassegnare le conclusioni, all'esito di un processo seguito, udienza dopo udienza, da altri colleghi. Non dello stesso avviso, evidentemente la terna giudicante (presidente Martina Beggio, a latere Giulia Barazzetta e Gianluca Piantadosi), che ha ritenuto responsabili i due imputati, condannado Gian Luca Gulisano, classe 1970, difeso dall'avvocato Francesco Saggioro del Foro di Parma, a 2 anni e al pagamento di un multa da 450 euro e il fratello Vito Gulisano, due anni più anziano, rappresentato dalla penalista Franca Mezgee del Foro di Milano, a un anno e sei mesi con 380 euro di ammenda. Tentata estorsione il reato a loro ascritto. Stando all'impiato accusatorio, costruito partendo dal racconto della persona offesa e dalle risultanze dell'attività investigativa delegata ai Carabinieri della Compagnia di Merate, io due avrebbero avvicinato un commerciante casatese per vedersi corrisposti 60 milioni (non è mai stato chiarito se di euro o di vecchie lire) a fronte di un credito vantato dal padre, scomparso da qualche anno.
Dopo un primo incontro ad uno street food, i Gulisano avrebbero raggiunto la presunta vittima in azienda, minacciandola, per poi reiterare le pretese anche telefonicamente. Il tutto, a detta del denunciante - attivo nella commercializzazione di insaccati, ritenuto evidentemente credibile dal Tribunale, pur con qualche discrepanza nel suo racconto evidenziata nelle arrighe dei difensori - quale strascico di una vicenda originata negli anni '80 quando avrebbe acquistato dal papà dei due una cavallina per 3.800.000 lire, trovandosi poi in difficoltà nel pagarla, scegliendo infine di scappare all'estero per evitare di saldare il debito nel frattempo lievitato. Ben diversa la versione dei due fratelli, per i quali, dopo le conclusioni del PM, la strada per l'assoluzione sembrava spianata. Ed invece il collegio, pur concedendo ad entrambi le attenuanti prevalenti sulla contestata aggravante, ha condannato entrambi, con una leggera distinzione sul "conto" presentato loro.
A.M.