Viaggio in Brianza/44: a Montevecchia c'è il Santuario che domina l'intero territorio
LA STORIA DI MONTEVECCHIA
"È una collina, dalle falde alla cima, ridente di vigne a poggio e di frutteti, di campetti e panchine a scala, cinte al piede da lieti casali e dalle ubertose campagne della Brianza. Da lungi la si discerne dalle altre per una chiesuola posta sul cucuzzolo, ed ombreggiata da immensi olmi" (Cesare Cantù , Carlambrogio da Montevecchia, 1836).
Infatti provenendo da Milano seguendo la tangenziale est, quando si arriva all'altezza di Vimercate, il primo balcone verde scuro che viene incontro da sinistra, sullo sfondo biancheggiante delle Alpi e le sagome dentate delle Prealpi, è proprio il "Colle della Vedetta" (Mons Vigiliae) da cui, a cinquecento metri di altezza, si affaccia l'inconfondibile "chiesuola posta sul cucuzzolo".
Già all'inizio del secolo XIII sul colle esisteva una chiesetta dedicata a "S. Giovanni Battista in Montaegia", come attesta Goffredo da Bussero (1222-1289) nel Liber Santorum. Questa chiesetta pare che sia sorta a fianco di un'antica torre-vedetta medievale, trasformata poi nell'attuale torre campanaria; dalla presenza di questa torre è probabile che sorga l'etimologia del nome Monte-vecchia, da Mons Vigiliae ovvero monte della vedetta, trasformatosi poi in Monteveglia, Montevegghia, Montevecchia. Ma il nome potrebbe derivare anche da Montis veteris Cura cioè Parrocchia di Montevecchia; le due parole Montis veteris possono quindi essersi trasformate in una sola.
Canonicamente la chiesetta duecentesca era una semplice cappellanìa che dipendeva dalla parrocchia e pieve di Missaglia. Infatti nell'archivio parrocchiale si legge che nel 1490 fu compilato un inventario dei beni da parte del "Presbitero Giacomino de Regibus de Ello, rettore della Chiesa di S. Giovanni Decollato": segno evidente che il presbitero Giacomino non era parroco, ma solo rector ovve rorettore, cappellano.
Nel 1564 (un anno prima dell'ingresso di S. Carlo come arcivescovo di Milano) la chiesetta sul colle fu riconosciuta parrocchia. Primo parroco fu Giovanni Antonio Ponzone e la prima registrazione di archivio è quella del matrimonio fra "Pietro, figliuolo De Ambrogio Schachabarozzo in Lomaniga, et Angiola, figliola de Pietro da Canzirago in Montauecchia adì 15 8bre 1564.
Tra il Sedicesimo ed il Diciassettesimo secolo sulle rovine della precedente chiesetta danneggiata da un incendio venne costruito l'attuale tempio, sempre come chiesa parrocchiale dedicata a S. Giovanni Decollato; compatrona la Beata Vergine del Monte Carmelo. Il campanile, la chiesa e la casa canonica adiacente furono realizzati in tempi diversi, infatti la pala "Decollazione di San Giovanni Battista" di Bernardino Campi è del 1554 e si ha prova che venne donata proprio per la dedicazione della nuova chiesa del Diciassettesimo secolo. Questo fa supporre che la chiesa era già funzionante l'attuale chiesa, oppure che già la chiesetta precedente aveva un Santuario. Il fatto che i tre elementi siano stati costruiti in momenti diversi è comprovato da tre diverse datazioni scolpite nella pietra dei diversi edifici: nella cantina del Santuario si può leggere la data 1636, mentre sull'architrave della casa parrocchiale è inciso l'anno 1717. Invece pare certo che l'attuale torre campanaria debba aver preceduto tutto il presente complesso, derivando, come detto, dall'antica torre di avvistamento; conferma dell'originale funzione è data dalla presenza di quattro finestre sui lati della torre, fatto insolito sui campanili.
Sicura è pure la notizia che la primitiva casa parrocchiale era situata in basso, probabilmente ai piedi della gradinata; inoltre è anche accertata l'esistenza del campo santo attorno alla chiesa sul lato nord-ovest: ne è conferma, sull'ultimo pianerottolo dell'attuale gradinata, una pietra sepolcrale dalla scritta:"(16)63 - 8 marzo - giace"; lo conferma anche una nota di archivio risalente al 1620, che parla di "muro che circonda il cimitero della chiesa, sopra il Ronco, detto Ricetto".
Nel 1854 la parrocchia di Montevecchia fu annessa al nuovo vicariato di Merate e rimase sede della parrocchia fino agli anni 1928-1930, cioè fino all'inaugurazione della nuova chiesa parrocchiale voluta dal Beato Card. Andrea Ferrari e costruita più sotto. Consacrata dal Card. Alfredo Ildefonso Schuster nel 1933, la nuova chiesa assunse il titolo di S. Giovanni Battista Decollato, che era stato il titolo della primitiva cappellanìa duecentesca e della chiesa cinquecentesca sul colle. Quest'ultima incominciò a essere considerata e frequentata come Santuario mariano in onore della Madonna del Monte Carmelo che fu, fin dagli inizi, compatrona parrocchiale, accanto al patrono san Giovanni.
Nel luglio 1951, in occasione del XXV di sacerdozio di don Lorenzo Colombo, venne organizzata la solenne incoronazione della statua della Beata Vergine del Carmelo con un programma di celebrazioni che si concluse lunedì 16 alle ore 20.30 con la processione della statua dalla chiesa parrocchiale al Santuario, dove fu collocata nel tempietto sull'altare maggiore, ampliato per la circostanza. Sino allora la statua della compatrona era collocata nella nicchia dell'apposita cappellina che si trova accanto all'altare maggiore della Chiesa di San Giovanni Battista Martire, in questo modo la Madonna che già allora attirava pellegrini da tutta la Brianza e da Milano, divenne ufficialmente patrona titolare del Santuario.
UNA PANORAMICA DAL SANTUARIO SULLA BRIANZA E OLTRE
Dal fianco meridionale della Villa Agnesi sale la fresca scalinata di centottanta gradini fiancheggiata da tigli e ligustro. A circa tre quarti di altezza, la "scala santa" è intersecata da un ampio sentiero pianeggiante che circonda tutta la cima della collina alla base del complesso architettonico, in forma di anello.
Questo sentiero è detto popolarmente "Via Crucis" perché delimitato, sul perimetro esterno, da vetusti cipressi e da sedici edicole in pietra arenaria contenenti altrettante sculture settecentesche ad altorilievo, che riproducono le scene tradizionali della Via Crucis, realizzate a cura del parroco Giuseppe Antonio Villa.
Sul lato occidentale, tra la Via Crucis e il complesso del Santuario, è situata la "Cà del Reet", un vecchio rustico, che fino agli anni Quaranta un tempo adibito a scuola artigianale di ricamo all'uncinetto: "il reet e filet" appunto.
Dal balcone circolare della Via Crucis e, ancor più, dalla sovrastante terrazza panoramica che si stende sull'ex casa canonica, a ponente lo sguardo può spaziare sui degradanti pianori sottostanti verdeggianti di filari viticoli, di rosmarino e di erba salvia; sui campanili brianzoli e giù verso la pianura lombarda fino a Milano, al Baradello, al torrazzo di Cremona, all'orizzonte dei Colleoni; più a nord, ai colli prealpini di S. Genesio, di Valcava, alle manzoniane cime lecchesi fino all'incantevole cerchia innevata che comprende Adamello, Bernina, Rosa, Cervino e Bianco; là in fondo oltre l'aeroporto di Linate, contro il "Bel ciel di Lombardia, così bello quando è bello" secondo il notissimo elogio di Manzoni, la linea violacea degli Appennini.
L'EDIFICO DEL SANTUARIO
La gradinata è l'unico modo per raggiungere l'accesso del Santuario. Una volta giunti sul sagrato si può trovare la cappellina dei morti nell'angolo a sinistra dello stesso. Si ritiene che vi siano sepolti i parroci, ne è conferma l'affresco, recentemente recuperato con la tecnica dello strappo, rappresentante la Beata Vergine del Carmelo che libera le anime dalle fiamme del purgatorio; sulla parete di fianco: un grande crocifisso processionale seicentesco in legno dorato.
Il Santuario si presenta con un tetto a capanna che copre la navata, affiancato a nord dalla costruzione formante la sagrestia e l'oratorio della confraternita. A sud si allunga invece la casa canonica che scende al di sotto della chiesa con ampi muraglioni di sostegno. Lunga circa ventisette metri, la casa canonica è costruita a due piani sul terrapieno, funge da tetto una meravigliosa terrazza panoramica, prospiciente su tre lati dell'orizzonte.
Architettonicamente il Santuario è di stile barocchetto antico, a unica navata, con cinque campate a volte a crociera con archi a tre centri. Pure il presbiterio si presenta con volta a crociera su pianta quadrata. L'abside è semicircolare con arco ribassato. In perfetto stile, sulla sinistra, entrando dal fondo, si può trovare la Cappella della Confraternita con volta a botte e arco ribassato e piccola abside con volta a crociera, vi racconteremo altro di questa sala più avanti. La sagrestia ha invece la volta a padiglione ribassato al cui centro è affrescato l'Anelo dell'Apocalisse e il libro dei sette sigilli; è arredata con mobili in noce ed un lavandino in pietra tutti risalenti al Quindicesimo secolo.
Entrando la prima Cappella sulla sinistra è quella dedicata a San Francesco ed era un tempo il Battistero del Santuario. Il seicentesco gruppo scultoreo in legno rappresenta l'Estasi di Serafino sostenuto da un angelo mentre riceve le stigmate. Questa scultura proviene dalla chiesetta di San Francesco che esisteva nell'attuale "Palazzetto" di via Cantine. Si può ammirare un crocifisso cinquecentesco in legno situato nella cappellina, infisso in un ceppo,.
La seconda cappella sul lato sinistro è dedicata a Sant'Antonio. Risale al primo Seicento e venne completata nel 1697, probabilmente a ricordo di un defunto sepolto, forse un bambino come appare dai cartigli incisi sulle due colonnine che fiancheggiano il cancelletto della balaustra: vi è rappresentato stemma patrizio con aquila ad ali spiegate, le iniziali G.B. (Giacomo Brivio) e l'anno: MDCXCVII (ovvero 1696). Gli affreschi settecenteschi riproducono episodi della vita di Sant'Antonio: la mula del marchese che si inginocchia di fronte al Santissimo, sulla parete destra; il santo che visita i carcerati, sulla parete sinistra; la guarigione del piede, sulla lunetta destra; il Santo che soccorre i bambini, sulla lunetta sinistra; la gloria del santo, con l'iscrizione che tradotta dal latino dice "Se cerchi i miracoli, venera Sant'Antonio", sulla calotta. La statua del Santo con il Bambino in legno è al centro dell'altare, probabilmente risale anch'essa alla fine del Seicento.
Di seguito alla Cappella di Sant'Antonio, si trova la già citata cappella della Confraternita. Un vero e proprio oratorio comunicante all'interno con il santuario e la sagrestia ed all'esterno con il ballatoio (a cui si può accedere attraverso il cancello a sinistra sul sagrato); una cassapanca in noce massiccio, in perfetto stile fratino, circonda tutta la parete. Nella piccola abside, su un apposito supporto, troneggia il baldacchino portatile in legno intagliato e dorato, di stile barocco, a quattro colonnine floreali che si collegano a cupola sormontate da putti e pendagli. Munito di apposite stanghe, tale baldacchino serve per trasportare la venerata statua mariana in processione. Sullo sfondo del baldacchino, appesa al muro della piccola abside, una tela d'epoca raffigurante San Carlo Borromeo. Una piccola lapide sul pavimento, sotto il gradino dell'abside precisa:" Qui riposano le ceneri del parroco G. Antonio Villa", parroco di Montevecchia tra il 1791 e 1809.
Di seguito troviamo la Cappella di San Bernardino. Originariamente fu dedicata alla B. Vergine del Carmelo, la cui statua rimase in questa cappella fino agli anni 1928-1930, come compatrona. Quando l'ex chiesa parrocchiale divenne Santuario della Beata Vergine del Carmelo, la suddetta effige fu collocata sopra l'altare centrale. La cappella, d'altra parte, che è la più elaborata a struttura marmorea barocca, ha sempre conservato la sua impronta "carmelitana" come attestano i due affreschi rappresentanti l'Ascensione di Elia sul carro di fuoco mentre getta il mantello a Eliseo e la Consegna dello scapolare da parte della Madonna a Simone Stock, oltre agli angeli decorativi della piccola volta. Per conservare questa destinazione mariana della cappella, vi è stata collocata nel 1991 la statua di San Bernardo di Chiaravalle (1091- 1153), grande devoto e teologo della Madonna. Su progetto dell'architetto don Gaetano Banfi e realizzazione dello scultore Herber Moroder di Ortisei, la statua, in un unico blocco di legno, rappresenta il santo che schiaccia con i piedi la testa di satana simbolo delle eresie e dello scisma che Bernardo combatté a Milano; il santo in mano il bastone "pastorale" con l'insegna mariana nel ricciolo superiore simbolo dell'autorità di abate cistercense.
Il presbiterio comprende l'altare, le balaustre e il tempietto in marmo policromo barocco; la statua della Beata Vergine del Carmelo in legno dipinto e dorato; il seggio presbiterale e una cassapanca in noce; il paliotto in scagliola; l'architrave con Croce trionfale e sculture lignee (putti con in mano gli strumenti della Passione). Dietro all'altare è possibile osservare un maestoso coro in noce d'epoca.
LA CAPPELLA DI SAN GIOVANNI E LA DECOLLAZIONE DI CAMPI
La cappella dedicata a San Giovanni è l'unica a destra entrando, accanto all'altare maggiore, di fronte alla cappella S. Bernardo. Architettonicamente è meno elaborata di quest'ultima, ma storicamente più importante perché dedicata al patrono originario dell'attuale Santuario e della precedente chiesetta duecentesca: San Giovanni Battista Decollato. I due affreschi delle pareti laterali rappresentanti San Giovanni che battezza Gesù e San Giovanni che addita l'"Agnello di Dio" alle folle. Ma, soprattutto, ciò che qualifica questa cappellina è la celebre pala del Campi, raffigurante il Martirio del Battista, il cui originale è presso il Museo Diocesano.
Quella che oggi si può osservare nella cappella di San Giovanni è una copia a colori del maestoso dipinto attribuito a Bernardino Campi, artista attivo a Cremona, Milano ed Emilia nella seconda metà del Sedicesimo secolo che realizzò quest'opera tra il 1554 ed il 1556. Il fatto è che non si sa come quest'opera sia giunta a Montevecchia. Ciò che si conosce di quest'opera e della sua permanenza a Montevecchia è frutto dei documenti d'archivio relativi all'incendio che danneggiò la chiesa ed i suoi interni negli anni Sessanta del Cinquecento. Secondo questi documenti la pala fu parzialmente danneggiata ed in seguito restaurata. Venne rimessa al suo posto sull'altare maggiore intorno agli anni Ottanta del medesimo secolo come viene confermato dal verbale di una visita pastorale del 1583.
Negli anni Duemila l'opera ha raggiunto un luogo più sicuro per la sua esposizione e più accessibile al grande pubblico.
Numerose sono le affinità stilistiche e le citazioni fra le opere certe di Bernardino Campi e la Decollazione di Montevecchia che ne confermano la paternità. La figura di Salomè, agghindata come una principessa rinascimentale con una speciale attenzione ai gioielli dipinti con una minuzia descrittiva che rivela l'esperienza del Campi nella bottega di orefice del padre ed è molto simile donna che sostiene la Vergine svenuta negli affreschi della chiesa di San Bassiano di Pizzighettone (chiesa in cui si ha una Decollazione da cui il Campi copiò il modello per la Decollazione di Montevecchia).
L'enfasi nell'eleganza degli abiti e degli ornamenti richiama elementi della pittura cremonese e dello stesso Bernardino che, a Milano, protetto dal governatore Ferdinando Francesco d'Avalos, lavorò in San Fedele e in Sant'Antonio, intonando la sua pittura d'impronta accademica ai dettami controriformistici. Tuttavia le figure a grandezza naturale sono ancora troppo rigidamente in posa, mentre il paesaggio sullo sfondo appare incantato e quasi nordico nell'atmosfera e la tavolozza dai colori smaltati e freddi, rende la scena irreale, quasi che il martirio del Battista non fosse un evento che riguarda tutti.
Le tre figure femminili protagoniste del dipinto ricalcano schemi classici e suggeriscono un richiamo alle tre Grazie che sono rappresentate con smaltata preziosità, colori saturi e pose algide; l'attenzione del pittore sembra concentrarsi soprattutto nella resa degli abiti trapuntati di gioielli della Salomè e delle donne che la affiancano, mentre un freddo accademismo detta le movenze dei personaggi.
IL DIPINTO CON I SANTI VESCOVI SPIRIDIONE E GRATO
All'inizio della navata, sulla parete destra, si può osservare una splendida pala settecentesca di cui non si è riusciti a definire l'autore. L'opera di notevoli dimensioni, dipinta a olio su tela, raffigura i Santi vescovi Spiridione e Grato. Il formato e le dimensioni del dipinto inducono a pensare al fatto che possa essere parte di una pala da altare, forse donata da qualche famiglia patrizia proprietaria di una villa con annesso oratorio, come era un tempo uso nella zona e gli appassionati di questa rubrica lo sanno bene.
Domenico Piazza, cerimoniere e volontario della parrocchia di Montevecchia
Occorre tuttavia sottolineare che la consultazione dei verbali delle visite pastorali del Seicento e Settecento non ha portato a rinvenire nessuna cappella gentilizia con una dedicazione così inconsueta come quella ai due santi vescovi rappresentanti nel dipinto, non pare inutile osservare che San Spiridione, vescovo di Cipro, è considerato come un santo dell'ordine carmelitano.
La pala è di indiscussa qualità: i caratteri stilistici e specialmente l'ariosa impaginazione della tela, che evidenziano la conoscenza della tradizione rococò veneta e lombarda, fanno propendere per una datazione piuttosto avanzata intorno agli anni Settanta del Diciottesimo secolo. La cultura composita della pala rivela particolari di un classicismo quasi accademico e di grande precisione nel disegno, come nel volto o nella mano perfettamente tornita e levigata del chierico inginocchiato che regge l'aspersorio, accanto ad una condotta pittorica che procede per colpi di luce e lunghe pennellate, visibile nei panneggi e nei bianchi delle vesti. Difficile individuare nel panorama del Settecento lombardo o più in generale nell'Italia settentrionale, un pittore che riassuma queste caratteristiche, giacché nessuno dei nomi dei maggiori protagonisti della pittura del secolo sembra convincere totalmente come possibile autore di questa pala.
Questo è solo un assaggio della grande storia racchiusa in questo Santuario. Ci ripromettiamo di ritornarvi e raccontarvi ancora di questo meraviglioso luogo che fa da guardiamo al nostro territorio dalla sua spettacolare cima.
Vogliamo ringraziare Domenico Piazza ed il custode del Santuario che ci hanno permesso di visitare questo luogo approfonditamente permettendoci di scoprirne la bellezza. Inoltre è bene citare le fonti di questo nostro articolo: il libro "Il Santuario della Beata Vergine del Monte Carmelo a Montevecchia di Luigi Casiraghi, Maria Cristina Terzaghi e Floriana Spalla ed il sito del Centro Culturale e Sociale di Osnago.
Con questo articolo vogliamo ringraziarvi tutti per questo altro anno trascorso insieme alla scoperta della nostra bella Brianza. Con la promessa di rivederci a gennaio per continuare il nostro viaggio, vi auguriamo un sereno anno nuovo!