Bosisio: studio del Medea sul vaiolo nell’antico Egitto
Il vaiolo era già presente ai tempi dell'antico Egitto. Il fatto che il virus fosse già presente almeno 3000 anni fa lo conferma uno studio di biologia computazionale dell'IRCCS Medea di Bosisio Parini con l'Università degli Studi di Milano.
Per anni, le stime scientifiche di quando il virus del vaiolo abbia iniziato ad infettare l'uomo sono state in contrasto con quello che indicavano i dati storici. Un nuovo studio rivela ora che il virus risale a duemila anni prima di quanto fosse stato precedentemente dimostrato, verificando le fonti storiche e confermando per la prima volta che la malattia ha afflitto le società umane sin dai tempi antichi.
Il lavoro di biologia computazionale è stato pubblicato dai ricercatori dell'Istituto Scientifico Eugenio Medea di Bosisio Parini e dell'Università degli Studi di Milano sulla rivista della Microbiology Society (Analysis of variola virus molecular evolution suggests an old origin of the virus consistent with historical records).
Il vaiolo è stata una delle principali cause di morte fino a tempi relativamente recenti, uccidendo almeno 300 milioni di persone nel ventesimo secolo.
Le prime analisi genetiche suggerivano che il virus fosse comparso solamente nel 1600; successivamente, nel 2020, uno studio che ha campionato resti scheletrici dell'era vichinga, ha identificato nuovi ceppi del virus e ha confermato la sua presenza almeno altri mille anni prima.
Tuttavia, alcuni storici ritengono che il vaiolo esista da molto prima dei Vichinghi: cicatrici sospette sulle antiche mummie egiziane (incluso il faraone Ramses V che morì nel 1157 a.C.) portano alcuni a credere che la sua storia risalga ad almeno 3000 anni fa.
Confrontando le sequenze di virus del vaiolo sia antichi che moderni, i ricercatori del Medea hanno tracciato l'evoluzione del virus nel tempo. Hanno scoperto che i diversi ceppi discendono tutti da un unico antenato comune e che una piccola frazione della componente genetica trovata nei genomi dell'era vichinga si è mantenuta fino al XVIII secolo.
I ricercatori hanno anche elaborato una nuova stima temporale dell'origine del virus, tenendo conto del fatto che la velocità di evoluzione dei genomi virali dipende dal periodo di tempo in cui viene misurata: i virus, infatti, sembrano cambiare più rapidamente in un breve lasso di tempo e più lentamente in un lasso di tempo più lungo. Questo fenomeno può fornire date più precise per eventi evolutivi, come la comparsa di un nuovo virus.
Ciò ha fornito al team una nuova stima per la prima comparsa del virus del vaiolo: più di 3.800 anni fa. Proprio come gli storici sospettavano da tempo.
I ricercatori sperano che questi risultati risolvano una controversia di lunga data e forniscano nuove informazioni sulla storia di una delle malattie più letali dell'umanità.
"Il virus del vaiolo potrebbe essere molto più antico di quanto pensassimo", ha affermato il dottor Diego Forni, ricercatore dell'IRCCS Medea primo autore dello studio. "Questo è importante perché conferma l'ipotesi storica che il vaiolo esistesse nelle società antiche. Questi risultati evidenziano anche che ci sono alcuni aspetti nell'evoluzione dei virus che dovrebbero essere sempre presi in considerazione quando si fa questo tipo di analisi".
Per anni, le stime scientifiche di quando il virus del vaiolo abbia iniziato ad infettare l'uomo sono state in contrasto con quello che indicavano i dati storici. Un nuovo studio rivela ora che il virus risale a duemila anni prima di quanto fosse stato precedentemente dimostrato, verificando le fonti storiche e confermando per la prima volta che la malattia ha afflitto le società umane sin dai tempi antichi.
Il lavoro di biologia computazionale è stato pubblicato dai ricercatori dell'Istituto Scientifico Eugenio Medea di Bosisio Parini e dell'Università degli Studi di Milano sulla rivista della Microbiology Society (Analysis of variola virus molecular evolution suggests an old origin of the virus consistent with historical records).
Il vaiolo è stata una delle principali cause di morte fino a tempi relativamente recenti, uccidendo almeno 300 milioni di persone nel ventesimo secolo.
Le prime analisi genetiche suggerivano che il virus fosse comparso solamente nel 1600; successivamente, nel 2020, uno studio che ha campionato resti scheletrici dell'era vichinga, ha identificato nuovi ceppi del virus e ha confermato la sua presenza almeno altri mille anni prima.
Tuttavia, alcuni storici ritengono che il vaiolo esista da molto prima dei Vichinghi: cicatrici sospette sulle antiche mummie egiziane (incluso il faraone Ramses V che morì nel 1157 a.C.) portano alcuni a credere che la sua storia risalga ad almeno 3000 anni fa.
Confrontando le sequenze di virus del vaiolo sia antichi che moderni, i ricercatori del Medea hanno tracciato l'evoluzione del virus nel tempo. Hanno scoperto che i diversi ceppi discendono tutti da un unico antenato comune e che una piccola frazione della componente genetica trovata nei genomi dell'era vichinga si è mantenuta fino al XVIII secolo.
I ricercatori hanno anche elaborato una nuova stima temporale dell'origine del virus, tenendo conto del fatto che la velocità di evoluzione dei genomi virali dipende dal periodo di tempo in cui viene misurata: i virus, infatti, sembrano cambiare più rapidamente in un breve lasso di tempo e più lentamente in un lasso di tempo più lungo. Questo fenomeno può fornire date più precise per eventi evolutivi, come la comparsa di un nuovo virus.
Ciò ha fornito al team una nuova stima per la prima comparsa del virus del vaiolo: più di 3.800 anni fa. Proprio come gli storici sospettavano da tempo.
I ricercatori sperano che questi risultati risolvano una controversia di lunga data e forniscano nuove informazioni sulla storia di una delle malattie più letali dell'umanità.
"Il virus del vaiolo potrebbe essere molto più antico di quanto pensassimo", ha affermato il dottor Diego Forni, ricercatore dell'IRCCS Medea primo autore dello studio. "Questo è importante perché conferma l'ipotesi storica che il vaiolo esistesse nelle società antiche. Questi risultati evidenziano anche che ci sono alcuni aspetti nell'evoluzione dei virus che dovrebbero essere sempre presi in considerazione quando si fa questo tipo di analisi".