Missaglia: a dieci anni dalla rapina in villa, in tribunale il processo ad uno degli autori (che non si trova). Si torna dal GUP
A dieci anni dal violento episodio, la rapina subita nell'ottobre 2013 dall'imprenditore Vittorio Farina e dalla compagna Maria Rosa Cazzaniga è approdata questa mattina in Tribunale a Lecco. Il fascicolo originato dall'incursione di cinque balordi nell'abitazione della coppia a Cascina Pila, a Lomaniga di Missaglia, è arrivato all'attenzione del collegio giudicante presieduto dal dottor Paolo Salvatore che, con la scrupolosità che lo contraddistingue, affiancato dai colleghi Martina Beggio e Gianluca Piantadosi, nulla ha potuto se non disporre la trasmissione degli atti all'Ufficio del GUP, il giudice per le udienze preliminari, primo "vaglio" degli incartamenti "mandati avanti" dalla Procura. Il riavvolgimento del nastro si è reso necessario per una questione procedurale: l'unico imputato arrivato a giudizio - l'albanese Lini Kala, classe 1988 - è risultato infatti essere stato messo a conoscenza dell'apertura di un procedimento nel novembre del 2013 quando gli è stata notificata la necessità di compiere, da parte degli inquirenti, un accertamento tecnico irripetibile, salvo poi arrivare però a decretare il suo effettivo rinvio a giudizio soltano 9 anni dopo, a distanza dunque di un lasso temporale ritenuto dal collegio troppo dilatato per ritenere tutelato il suo diritto di difesa.
I carabinieri della stazione di Casatenovo sullo scenario della rapina di dieci anni fa
Rapina aggravata il reato contestato al 35enne albanese, in concorso con altri quattro soggetti, tutti identificati ad un mese di distanza da quel drammatico sabato pomeriggio quando l'abbaiare dei cani avrebbe richiamato l'attenzione della proprietaria di casa che, aprendo una portafinestra, si sarebbe trovata in un attimo circondata da una banda di assalitori. Stando al capo d'imputazione - chiaramente ancora da provare in sede dibattimentale - Kala e gli altri, con il volto travisato, avrebbero intimato ai signori Farina di consegnare agli stessi denaro e monili, portandoli, sotto la minaccia di una pistola, di un coltello e di una mazza, a mostragli la cassaforte. Il bottino è indicato in 430 euro in contanti nonché di ulteriori 30 mila euro quale contenuto della stessa cassaforte, sradicata e portata via. Nel corso della loro azione, i rapinatori non avrebbero altresì esitato a immobilizzare le vittime con fascette in plastica, coprendo altresì loro il viso per poi tagliare anche i cavi del telefono per impedire all'anziano imprenditore e alla compagna di lanciare subito l'allarme.
Perché l'accaduto venga sviscerato in Tribunale, passerà ora ancora del tempo. Sempre se l'imputato verrà rintracciato e sempre se poi in udienza preliminare non opterà - come da sua facoltà - per un rito alternativo.
A.M.