Quando si entra in un ospedale o si prende un treno diventa chiara l’importanza del voto regionale
Peccato è, che appena metti un piede in ospedale per un qualsiasi esame o per una qualsiasi prestazione cadi in un buco nero, se sei debole di cuore, ti scappa l'infarto o ti si alleggerisce il portafoglio perché devi andare in privato e ti ritrovi, tante volte, lo stesso camice bianco. Se sei un pendolare e prendi il treno tutte le mattine rischi di trovarti fermo sulla banchina come un cucu in attesa di qualche locomotore che accetti con il dito alzato il treno stop. Non parliamo poi della viabilità!
Il mantra persiste. E' diffusa una sensazione depressiva che porta ad accettare quello che passa il convento. Certo è che, anche le candidature locali, con le solite manifestazioni di rito seguite dai soliti interessati e dagli ultimi affezionati sono all'insegna di una certa passività. Tutto si recita nelle rispettive trincee.
I manifestoni sono stati sostituiti da promozioni su network, gli incontri pubblici con qualche aperitivo di piazza, insomma poca cosa, poca fantasia, poca personalizzazione. Un merito però va riconosciuto a tutti i candidati che sanno già in partenza di non farcela. Il livello di partecipazione è proprio basso.
E' una società che tende alla conservazione, a mantenere l'esistente anche se non piace, c'è poco empowerment direbbero i creativi anglofoni.
Alcuni commentatori locali si soffermano ancora a commentare il meglio e il peggio degli schieramenti o nel fare delle comparazione con il passato convinti di trovare qualche ragione oscura nel sentimento diffuso di precarietà e incertezza di questi piccoli borghi. Il novanta per cento delle elezioni comunali si sono svolte con liste civiche costruite sul buon senso: vanno bene soltanto per amministrare un condominio. Il governo di una regione, come la Lombardia, ha bisogno di identità politiche, non bastano i singoli, in questo senso il civismo manifesta la sua fallacità teorica e politica. Ma, anche questa questione è secondaria, è un frammento banale di un problema più complesso e ampio.
Ci sono strati sociali della popolazione che hanno smesso di votare, oggi chi vota, qualunque sia la vocazione identitaria, è l'espressione di un soggetto di livello socioeconomico e socioculturale medio alto o medio basso, ma sempre medio, specie in una regione come quella lombarda che è tra le più ricche e produttive in Europa. Le dinamiche di questa regione sono diverse dalle altre.
La povertà, la precarietà, l'indifferenza, come la massiccia presenza di agenzie sociali di assistenza laica e religiosa, sono la dimostrazione palpabile della conflittualità ramificata nella società e sono espressione della stessa medaglia. La classe politica è lontana, è staccata, non c'è nella relazione con l'Altro. Quando manca una visione politica delle cose, c'è il rischio di prendere una strada scivolosa americanizzante o populistica e frammentante.
Oltre alle problematiche economiche, sociali ci sono faccende che toccano la sfera dell'individuo, della famiglia, dell'infanzia, dei giovani. Non solo di strutture o infrastrutture vive il cittadino. L'assistenza di base non basta, è utile, fondamentale, ma è solo il primo tassello di un processo che pone l'individuo al centro delle cose.
Non preoccupiamoci del voto.
Questa settimana c'è il festival della canzone di Sanremo. Sono mesi che la televisione del canone e non solo continua a martellare. Sono mesi e mesi che rompono. I lor signori sono convinti che sia necessario offrire un clima di leggerezza per addolcire la condizione umana. Il grande calderone, baraccone deve sollevare lo spirito degli anziani, dei lavoratori, delle nonne, dei ragazzi.
Stiamo vivendo un neorealismo post moderno all'italiana, senza Sordi, Cervi, Gassman, che mischia il carnevale con il sacro, la guerra con la canzone, la realtà con il tubo catodico non più in bianco e nero ma con il colore tridimensionale. La politica così è oscurata dal tubo catodico.