Oggiono, molotov contro l'abitazione del sindaco: il 'caso' chiuso. Senza colpevoli

Il tribunale di Lecco
Non luogo a procedere. Si è chiuso così, a distanza di 12 anni il fascicolo originato dalla bottiglia incendiaria lanciata nottetempo, il 9 aprile 2011, contro il portone di casa dell'allora sindaco di Oggiono Roberto Paolo Ferrari.
Nessun colpevole, dunque, per lo sconcertante episodio con la molotov accompagnata anche da un proiettile calibro 9 lasciato contestualmente nella cassetta della posta del primo cittadino in carica.
Proprio il rinvenimento della busta aveva fatto ipotizzare qualcosa di molto più serio di una "bravata", come in un primo momento lo stesso borgomastro aveva etichettato il principio di incendio che aveva annerito parte della facciata esterna della palazzina di Via Montello dove risiedeva. Una minaccia esplicita, insomma, quella nei suoi confronti finalizzata, nella ricostruzione degli inquirenti ad una tentata estorsione. Questo infatti il reato contestato a otto persone, tacciate a vario titolo anche della fabbricazione della bottiglia incendiaria. Il contesto - sempre secondo il quadro tratteggiato dalle forze dell'ordine delegate alle indagini - sarebbe da ricercare in un'ordinanza di demolizione di un fabbricato emessa dal Comune di Oggiono.
Al cospetto del giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Lecco Salvatore Catalano sono finiti infatti - assistiti dall'avvocato Ivan Colciago, affiancato, per una sola posizione, dalla collega Sonia Bova - sette membri di una famiglia originaria di Vibo Valentia legata alla proprietà dello stabile, nonchè un ottavo soggetto - difeso dall'avvocato Stefano Pelizzari - ritenuto invece essere l'esecutore materiale del getto della molotov.
A ritroso, da quest'ultimo, sarebbe stato costruito il castello accusatorio, partendo dall'analisi dei transiti veicolari e dunque da un passaggio sospetto della sua vettura. Attivate anche le intercettazioni telefoniche, arrivando a dedurre i nomi dei "mandanti". Le fila delle indagini sono poi state tirate dal sostituto procuratore Giulia Angeleri che ha chiesto la fissazione dell'udienza preliminiare, prima dell'aspettativa per maternità.
Il collega che ne ha preso il posto al cospetto del GUP, ha differenziato le posizioni, chiedendo per alcuni degli indagati il proscioglimento e per altri il rinvio a giudizio. Di diverso avviso il giudice che, accodandosi ai difensori, ha chiuso il caso con pronuncia di non luogo a procedere. "Per non aver commesso il fatto".
A.M.
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