Greppi: Pasolini e Primo Levi protagonisti di due incontri formativi

La letteratura del Novecento, raccontata dai grandi accademici contemporanei a studenti e professori. L'iniziativa formativa dell'Istituto Alessandro Greppi di Monticello è stata promossa dalla commissione cultura dell'istituto, che ha visto, nelle scorse settimane, Pier Paolo Pasolini e Primo Levi al centro dell'attenzione. Due grandi ospiti al Greppi, per due giornate e due incontri: alla mattina con gli studenti, nell'aula magna dell'Istituto, e al pomeriggio con i docenti, nella sala Ratti della Villa Greppi concessa dal Consorzio Brianteo, per una conferenza di formazione.

Secondo da sinistra Marco Belpoliti durante l'intervento in aula magna

Pier Paolo Pasolini protagonista dell'intervento di Bruno Pischedda, scrittore, saggista e docente di Letteratura Italiana Contemporanea all'Università Statale degli Studi di Milano. A lungo insegnante nelle scuole superiori, prima della sua carriera accademica in università, Pischedda ha cercato di dare alcuni spunti, agli insegnanti intervenuti nei locali della Villa Greppi, per affrontare in maniera proficua un autore non semplice, dalla produzione vastissima e dall'identità artistica multiforme. Un intellettuale d'altri tempi, con uno sguardo completo sul mondo, sull'arte, sulla politica e sulla filosofia. Uno sguardo e una visione globali, ha sottolineato Pischedda, frutto di un lavoro instancabile di autoformazione filosofica, teorica e letteraria, che Pasolini ha condotto per tutta la propria vita e che oggi risulta complesso da ricostruire.

Bruno Pischedda

Un Pasolini che il docente ha affrontato proponendo letture tratte dalla sua produzione letteraria, in particolare dal romanzo "Ragazzi di Vita" e dai componimenti poetici, e analizzato sotto il profilo della visione politica e del ruolo dell'intellettuale nella società. Una figura da non ridurre, sebbene forse sia troppo tardi secondo Pischedda, a portavoce bidimensionale progressista, ma da considerare in tutta la sua complessità e contraddittorietà, senza nasconderne gli aspetti più controversi, in un dialogo con gli studenti delle quinte superiori, ormai prossimi all'esame di Stato e in grado di problematizzare anche argomenti sensibili come la sessualità, il rapporto con la famiglia e convinzioni politiche fortemente polarizzanti.

Il Primo Levi dei celeberrimi "Se questo è un uomo" e "La tregua" ma anche quello dei racconti di invenzione, meno noti, raccontati da Marco Belpoliti. Giornalista, critico letterario, animatore culturale e saggista, curatore dell'edizione completa delle opere di Levi, Belpoliti ha parlato delle due edizioni di "Se questo è un uomo", romanzo e testimonianza tra le più potenti e le più celebrate della Shoah, e dell'evoluzione nel testo nel corso del tempo, tra la prima versione del 1947 e quella poi entrata nell'immaginario collettivo e nella storia della letteratura, nel 1958. Un Levi scrittore, rimarca Belpoliti, nonostante a lungo sia stato ignorato in questo senso dalla critica nazionale, che lo ha guardato come un memorialista e non per quello che è, vale a dire appunto uno scrittore.

Erroneamente, suggerisce, alla luce del lavoro di raffinazione ed invenzione evidente dal confronto tra le due versioni del suo capolavoro, e anche del travaso artistico che si ravvisa tra i romanzi dedicati allo sterminio nazista, vissuto in prima persona, e i racconti, appartenenti a uno strano genere fantascientifico, che Italo Calvino definì fantabiologia, in qualche modo profetici di una serie di tecnologie di cui oggi disponiamo, dalla stessa rete internet, a molte delle funzioni dei nostri smartphone, al metaverso.

Uno scrittore scienziato, Levi, passato attraverso la disumanizzazione completa del lager all'immaginazione dell'umanità del futuro.

Immagini a cura di Teresa Doniselli e del prof.Renato Peruffo
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