Oggiono, Bachelet: l'ex magistrato Gherardo Colombo parla agli studenti di legalità
"Auguri a tutti di un ottimo futuro tenendo conto che il futuro lo costruite anche voi". È l'invito a prendere consapevolezza di sé all'interno di una società civile costruita sulla legalità che Gherardo Colombo, l'ex magistrato che ha condotto importanti inchieste come Mani Pulite e il delitto di Giorgio Ambrosoli, ha sinceramente rivolto all'ampia platea di studenti - presenti anche il sindaco di Oggiono Chiara Narciso e l'assessore Giovanni Corti - dell'istituto Bachelet di Oggiono a cui si è rivolto.
Da sinistra Gherardo Colombo, la docente Santinella Belardi e la dirigente Anna Panzeri
Martedì 20 febbraio, il Palabachelet era colmo di giovani che hanno accolto il giurista con un caloroso applauso - lo stesso che gli hanno riservato a fine mattinata: un'ora e mezza - tanto il tempo dedicato all'istituto prima di partire alla volta di Torino dove lo avrebbe atteso una platea di adulti - che ha direttamente coinvolto i ragazzi in una discussione aperta sulla legalità, con l'ex magistrato che ha parlato in mezzo al pubblico, da cui arrivavano gli interrogativi che ponevano il lancio dell'argomento.
"La legalità è una coscienza collettiva che la scuola contribuisce a formare - ha affermato la dirigente scolastica, spiegando le motivazioni che hanno portato l'istituto a promuovere un incontro con l'illustre ospite - Sviluppare un'etica della responsabilità e porre le basi dell'esercizio di cittadinanza attiva sono un bagaglio imprescindibile per l'esistenza di una comunità. Non esiste una cittadinanza senza legalità, ma ci chiediamo che ruolo giocano le regole che spesso vediamo come vincoli alla nostra libertà e sembrano limitare i nostri diritti. È un intervento ci aiuterà a leggere il vivere civile e ci indicherà quale strada percorrere insieme con i nostri ragazzi per costruire una scuola più giusta".
Le prime domande si sono concentrate sulle pene e le condizioni carcerarie, consentendo all'ex magistrato di parlare dei fondamenti del diritto contenuti nella carta costituzionale: "La civiltà di un popolo si misura guardando le carceri e il processo penale perché è la verifica del livello di comprensione della persona. Abbiamo la Costituzione che parte da un'affermazione riguardante la nostra importanza. L'articolo 3 dice che tutte le persone sono importanti e sono importanti come le altre, quindi tutti i cittadini hanno pari dignità sociale, sono degni quanto gli altri. Il punto di partenza della nostra Costituzione è che tutti noi siamo importanti: le nostre caratteristiche, che riguardano il pensiero o la fisicità, non possono creare discriminazione. Quali sono i diritti minimi di un detenuto? Sono tutti quelli che non configgono con la sicurezza dei cittadini, ma bisogna poi entrare nello specifico. Ci sono diritti che i detenuti non hanno e non influirebbero sulla nostra sicurezza in campo di igiene, libertà di movimento, salute, cultura, istruzione. In carcere si sta male, si soffre e le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità''.
''La domanda che ci sarebbe da farsi - e che richiede una risposta impegnativa - è questa'' ha proseguito: ''si educa al bene imponendo il male o per educare al bene è necessario fare un'altra cosa? In carcere ci si suicida 16 volte rispetto a fuori. Il tema del suicidio riguarda non solo i carcerati, ma anche la polizia penitenziaria, che ha una media superiore alla frequenza che si rileva nella popolazione. Tra detenuti c'è poi un tasso alto di forme di auto lesionismo. Credo sia necessario riflettere guardando alle soluzioni, non dando per scontato la situazione di fatto".
Partendo dall'articolo 3 della Costituzione che rimarca l'importanza di ciascuno di noi, si entra direttamente in contatto con il concetto di discriminazione. "Siamo tutti importanti allo stesso modo perché altrimenti la società si mette in scala: chi sta in alto che può, chi sta sotto che deve, ma questo genera conflitti. Sono preoccupato per voi sulla costruzione di una società orizzontale, una società in cui non esiste discriminazione, in cui ciascuno è importante come tutti gli altri. Se non chiariamo le idee sulla libertà, fatichiamo a capire cosa vogliamo nel nostro rapporto con gli altri. Chi è libero, può scegliere, ma chi non è libero non può. La scelta, essendo una scelta, comporta sempre una rinuncia. Ci sono poi limiti che riguardano la nostra fisicità: a volte è impossibile fare più cose contemporaneamente. Noi invece quando pensiamo alla libertà pensiamo all'onnipotenza. Non siamo onnipotenti, però il potere ci piace. La prima domanda è: vogliamo davvero vivere in una società verticale o ci piace sottomettere gli altri? Io stesso sono stato bocciato due volte e ho subito umiliazioni. Dobbiamo riuscire a liberarci di due cose: la nostra voglia di avere potere più degli altri e della cultura tradizionale. È difficile, però se si vuole si può: se ci piace fare qualcosa, lo facciamo anche se costa fatica. Bisogna avere il desiderio di vivere in una società in cui tutti noi siamo importanti".
Gherardo Colombo ha ben chiarito la differenza tra legalità e giustizia: "La legalità è il rispetto della legge, che può essere ingiusta. Come capire se una legge è giusta? In base al riconoscimento della dignità altrui perché se discrimina è ingiusta. Le leggi razziali del 1938 erano ingiuste: era stato vietato ai bambini ebrei di andare a scuola. Chi lo ha deciso, teneva un comportamento legale (lo diceva alla legge) ma questo era giusto?".
L'ex magistrato ha raccontato il suo percorso: "Sono entrato in magistratura quando ho deciso di fare giurisprudenza perché volevo fare il giudice. Mio padre era un medico: il lavoro che faceva era molto utile. Mi piaceva fare un lavoro molto utile, ma non volevo fare il medico. Verificare il rispetto delle regole mi sembrava potesse esserlo. Dopo 33 anni di professione mi sono accorto che la giustizia funzionava mae e bisognava guardare altrove".
Da qui il consiglio ai ragazzi: " La cosa più importante per voi è diventare capaci di essere liberi ed è necessario riuscire a mettersi dentro l'esperienza degli altri, diventare capaci di avere dubbi, accumulare conoscenze, individuare le regole e poi chiederci a cosa servono. La scuola vi permette di essere liberi perché questa dà un contributo affinché abbiate conoscenza e discernimento. Se si capisce che a scuola si va per essere liberi, cambia completamente il rapporto e si può diventare parte attiva nella relazione che esiste tra chi studia e chi vi aiuta a imparare. È indispensabile per voi diventare capaci di essere liberi e andare verso una strada che vi consente di essere liberi. Tante volte vi si dice che siete il futuro, allora significa che ora non contate niente. Voi non siete solo il futuro: siete anche il presente, quindi ora potete fare tante cose per stare bene in futuro".
"È stata una bellissima lezione interattiva di educazione civica come nessuno sarebbe in grado di tenere - ha commentato la professoressa Santinella Belardi, docente di diritto in istituto - Ci sono spunti di riflessioni non solo per gli studenti ma anche per noi docenti. Riprendendo le parole del dottor Colombo, chiarezza, coerenza, impegno, partecipazione dico che, se vogliamo essere educatori, dobbiamo credere in quello che facciamo e trasmettere questi valori ai nostri studenti".
All'istituto Bachelet l'intervento di Gherardo Colombo ha acceso interrogativi non solo nelle menti dei ragazzi, ma anche dei docenti presenti. I semi sono stati posati, ma sarà nelle scelte di ciascuno che si trasformeranno.
M.Mau.