Casatenovo: avrebbe chiesto 'il disturbo' per il rilascio di certificati, medico di base a processo. 'Frasi infelici, mai preso soldi'
Avrebbe chiesto ''qualcosa per il disturbo'' per il rilascio, ad alcuni suoi pazienti, di certificati di malattia. Per questo un medico di base casatese si trova ora a giudizio, chiamato a rispondere dell'ipotesi di reato di tentata "Induzione indebita a dare o promettere utilità".
Quattro, questa mattina, i pazienti del camice bianco sfilati velocemente al cospetto del collegio giudicante (presidente Paolo Salvatore, a latere Martina Beggio e Gianluca Piantadosi), a cominciare dall'unica (ormai ex) mutuata ad essersi altresì costituita parte civile. La donna ha lamentato di essere stata licenziata per giusta causa per essersi assentata dal lavoro senza produrre un certificato di malattia, non più ottenuto, a suo dire, dall'imputato dopo che lo stesso, nel rilasciarle un'altra analoga attestazione, le avrebbe fatto presente di essere dovuto andare a Lecco per ottenerla tramite delle conoscenze, chiedendo - senza essere assecondato - "la riconoscenza" e dunque "qualcosa per il disturbo, per aver perso tutta la giornata per me".
E "qualcosa per il disturbo" sarebbe stato chiesto anche ad un'altra giovane donna che aveva contattato telefonicamente il dottore fuori orario "di ricevimento", anche lei per ottenere i "giorni". Ma la diretta interessata, rispondendo in Aula, ha sottolineato come il tono dell'imputato fosse scherzoso e come non abbia dato alcun peso alla richiesta, scusandosi con il medico per averlo disturbato "in ritardo" e arrangiandosi dunque chiedendo ferie.
Via messaggio, invece, i contatti finiti sotto la lente della Procura tra il professionista e un assistito, classe 1977, che si sarebbe sentito chiedere un "compenso" per il certificato, con la richiesta ignorata senza metter mano al portafogli.
E non avrebbe corrisposto nulla nemmeno la mamma che si sarebbe rivolta al medico di famiglia per il rilascio dell'attestazione richiesta dalla scuola della figlia per riammettere la studentessa. Essendo stata informata della gratuità del documento, avrebbe "contestato", ricevendolo. In un'altra occasione ancora il dottore le avrebbe risposto di essere fuori studio, aggiungendo "dovrei farle pagare il disturbo", ma "non in maniera prepotente".
Non si è sottoposto ad esame l'imputato, presente personalmente in Aula con i difensori, gli avvocati Lanza e Mazzalli. Ha però voluto rilasciare spontanee dichiarazioni, di fatto dando lettura a un testo preconfezionato nel quale ha ripercorso brevemente il proprio percorso di studi e la professione, intrapresa già dagli anni '90, offrendo a quella che oggi è l'ATS della Brianza la propria reperibilità dalle 8 alle 20, tutti i giorni della settimana. Dopo tale premessa ha snocciolato, dal suo punto di vista, le quattro contestazioni. Ha così spiegato di aver rilasciato, nel febbraio 2020, un certificato alla paziente ora parte civile al processo, concedendo alla stessa anche due "proroghe", invitandola, dinnanzi ad un ulteriore richiesta di allungare la malattia, a sottoporsi a degli accertamenti specifici. "Eticamente e professionalmente mi sono sentito in obbligo di indagare" ha asserito, puntualizzando come la paziente non abbia dato seguito ai suoi "suggerimenti".
"Se l'ho fatto, l'ho fatto per farle capire che doveva rispettare gli orari e il mio lavoro" ha sostenuto poi in riferimento alla battuta sul disturbo riferita dalla lavoratrice arrivata a chiamarlo fuori orario. Avrebbe poi parlato di "compenso" con il mutuato classe 1977 perché all'uomo non serviva - nella sua ricostruzione - un certificato INPS bensì un certificato su ricettario bianco, a pagamento.
"Può essere abbia frainteso e mi dispiace" ha infine detto in riferimento alla mamma, puntualizzando però come i paziente debbano rendersi conto che per assecondare le loro istanze il medico deve essere al terminale, per accedere all'apposito portale.
"Non ho mai ricevuto somme di denaro" ha, alla fine, dichiarato l'imputato, scusandosi per eventuali "frasi infelici" e ribadendo di ritenere di non aver commesso alcun reato e di tenere alla professione e ai suoi pazienti.
La discussione è stata calendarizzata per le 16.30 del prossimo 13 luglio.
"Mozzata" in partenza l'istruttoria a suo carico: le parti - con la pubblica accusa sostenuta in Aula dal sostituto procuratore Pasquale Gaspare Esposito - si sono infatti accordate per far confluire nel fascicolo gran parte degli atti d'indagine, ritenendo dunque non necessario escutere in presenza il luogotenente Christian Cucciniello e introducendo i testimoni solo per far loro qualche domanda a chiarimento delle dichiarazioni già sottoscritte dinnanzi ai Carabinieri.
L'ingresso al palazzo di giustizia lecchese
E "qualcosa per il disturbo" sarebbe stato chiesto anche ad un'altra giovane donna che aveva contattato telefonicamente il dottore fuori orario "di ricevimento", anche lei per ottenere i "giorni". Ma la diretta interessata, rispondendo in Aula, ha sottolineato come il tono dell'imputato fosse scherzoso e come non abbia dato alcun peso alla richiesta, scusandosi con il medico per averlo disturbato "in ritardo" e arrangiandosi dunque chiedendo ferie.
Via messaggio, invece, i contatti finiti sotto la lente della Procura tra il professionista e un assistito, classe 1977, che si sarebbe sentito chiedere un "compenso" per il certificato, con la richiesta ignorata senza metter mano al portafogli.
E non avrebbe corrisposto nulla nemmeno la mamma che si sarebbe rivolta al medico di famiglia per il rilascio dell'attestazione richiesta dalla scuola della figlia per riammettere la studentessa. Essendo stata informata della gratuità del documento, avrebbe "contestato", ricevendolo. In un'altra occasione ancora il dottore le avrebbe risposto di essere fuori studio, aggiungendo "dovrei farle pagare il disturbo", ma "non in maniera prepotente".
Non si è sottoposto ad esame l'imputato, presente personalmente in Aula con i difensori, gli avvocati Lanza e Mazzalli. Ha però voluto rilasciare spontanee dichiarazioni, di fatto dando lettura a un testo preconfezionato nel quale ha ripercorso brevemente il proprio percorso di studi e la professione, intrapresa già dagli anni '90, offrendo a quella che oggi è l'ATS della Brianza la propria reperibilità dalle 8 alle 20, tutti i giorni della settimana. Dopo tale premessa ha snocciolato, dal suo punto di vista, le quattro contestazioni. Ha così spiegato di aver rilasciato, nel febbraio 2020, un certificato alla paziente ora parte civile al processo, concedendo alla stessa anche due "proroghe", invitandola, dinnanzi ad un ulteriore richiesta di allungare la malattia, a sottoporsi a degli accertamenti specifici. "Eticamente e professionalmente mi sono sentito in obbligo di indagare" ha asserito, puntualizzando come la paziente non abbia dato seguito ai suoi "suggerimenti".
"Se l'ho fatto, l'ho fatto per farle capire che doveva rispettare gli orari e il mio lavoro" ha sostenuto poi in riferimento alla battuta sul disturbo riferita dalla lavoratrice arrivata a chiamarlo fuori orario. Avrebbe poi parlato di "compenso" con il mutuato classe 1977 perché all'uomo non serviva - nella sua ricostruzione - un certificato INPS bensì un certificato su ricettario bianco, a pagamento.
"Può essere abbia frainteso e mi dispiace" ha infine detto in riferimento alla mamma, puntualizzando però come i paziente debbano rendersi conto che per assecondare le loro istanze il medico deve essere al terminale, per accedere all'apposito portale.
"Non ho mai ricevuto somme di denaro" ha, alla fine, dichiarato l'imputato, scusandosi per eventuali "frasi infelici" e ribadendo di ritenere di non aver commesso alcun reato e di tenere alla professione e ai suoi pazienti.
La discussione è stata calendarizzata per le 16.30 del prossimo 13 luglio.
A.M.