Monticello, il Greppi a Mauthausen, Gusen, Hartheim: un viaggio per la Memoria

Riceviamo e pubblichiamo il resoconto del viaggio che alcuni studenti di classe quinta dell'istituto Greppi di Monticello - accompagnati dai loro insegnanti - hanno vissuto sul finire del mese di marzo nei campi di sterminio di Mauthausen, Gusen e Hartheim:

Foto di gruppo davanti al castello di Artheim

Dodici alunni di diverse classi quinte del nostro istituto Alessandro Greppi, accompagnati da due docenti (tra le quali c'è chi scrive), hanno partecipato, dal 24 al 27 marzo, al viaggio a Mauthausen, Gusen e Hartheim organizzato dal Comitato "In Treno per la Memoria" e patrocinato dalle sigle sindacali CGIL, CISL e UIL.
Si tratta di mete alternative alla più nota Auschwitz, oggi simbolo indiscusso della Shoah e del genocidio ebraico; attualmente, infatti, Mauthausen non è più presente nella nostra Memoria collettiva, benché si tratti in realtà di un luogo strettamente associato al nostro Paese: molti dei partigiani e giovani operai che, nell'Italia settentrionale, vennero arrestati dopo l'8 settembre 1943, trovarono la morte proprio a Mauthausen e nei suoi sottocampi.

Veduta del complesso di Mauthausen

Il viaggio ha coinvolto molte scuole lombarde e i numerosi partecipanti sono stati distribuiti su ben 12 pullman. Su ciascuno di essi, oltre a studenti e docenti, viaggiavano anche comuni cittadini (giovani e meno giovani), interessati a vivere un'esperienza intensamente umana. Inoltre, per guidare e coordinare il viaggio, a bordo di ciascun autobus vi erano anche uno storico, un membro del Comitato organizzatore ed un rappresentante della CGIL.

La Raum der Namen

Nel nostro caso, in particolare, siamo stati affiancati dalla direttrice dell'Istituto Storico per la Resistenza e l'Età Contemporanea di Bergamo, prof.ssa Elisabetta Ruffini, dal vicepresidente del Comitato "In treno per la Memoria", Mauro Oggioni, e dal segretario generale della CGIL di Lecco Maurizio Oreggia.
La visita è stata preceduta da un percorso di formazione sia per le docenti, che, già a partire dal mese di novembre, hanno seguito quattro lezioni di approfondimento tenute dai più valenti storici ed esperti italiani sul tema, sia per i ragazzi, che hanno incontrato più volte la prof.ssa Ruffini nelle settimane precedenti alla partenza.

Il muro dei paracadutisti

Durante il viaggio abbiamo visitato non solo il campo principale di Mauthausen - con le sue baracche, l'ampia spianata dove si svolgevano i terribili appelli mattutini, il forno crematorio e la toccante Raum der Namen (Sala dei nomi) - ma anche Gusen, uno dei tanti sottocampi di Mauthausen (arrivarono a essere addirittura 48), i cui i prigionieri venivano impiegati fino alla morte nelle cave adiacenti, oppure, più tardi, per la produzione bellica (anche nel sottocampo, infatti, era presente un forno crematorio); per finire, abbiamo fatto tappa al Castello di Hartheim, luogo tragicamente diverso dai precedenti, perché concepito non per ospitare (se pur in condizioni disumane) e sfruttare i prigionieri, ma per eliminare fisicamente coloro che erano considerati ormai inabili al lavoro o inutili sulla base di farneticanti teorie eugenetiche.

La spianata di Mauthausen

Fra i momenti più toccanti e intensi del viaggio la visita alla "cantera", una cava annessa al complesso di Mauthausen, le cui rocce a strapiombo sono incise da una impressionante scalinata di 186 ripidi gradini, la cosiddetta "scala della morte". I detenuti, forzati a lavorare nella cava, salivano quelle interminabili scale più volte al giorno trasportando sulle proprie spalle massi che dovevano essere il più pesanti possibile; se i kapò li ritenevano troppo leggeri, infatti, spingevano i malcapitati, una volta giunti in cima, nel burrone; alla parete del baratro fu assegnato dagli aguzzini un nome beffardamente ironico: il "muro dei paracadutisti".

La scala della morte

A rendere ancora più intensa l'esperienza è stata la lettura (da parte degli organizzatori, ma anche di studenti o di altri partecipanti al viaggio) di "testimonianze situate", ovvero di brani di sopravvissuti alla deportazione a Mauthausen-Gusen, nei quali venivano descritti gli stessi luoghi che andavamo via via visitando.
Se le parole di chi ha provato appieno l'orrore dei campi ci hanno profondamente toccato, il nostro pensiero si è però soffermato soprattutto sul silenzio di tutti gli altri, di coloro, cioè, che nei campi di Mauthausen, di Gusen, o, una volta divenuti inservibili, nel castello di Hartheim, hanno trovato la morte.
Il loro numero è molto maggiore di quello dei sopravvissuti; questi ultimi, infatti, non sono che i rarissimi "errori" di un sistema molto efficiente, il cui scopo fondamentale era l'eliminazione fisica attraverso il lavoro.

Il crematorio di Gusen

Il viaggio, così prezioso e intenso, sarà l'occasione per la costruzione di uno spazio di Memoria all'interno della scuola: le foto scattate dagli studenti e alcuni stralci delle testimonianze dei deportati, infatti, verranno esposti in una piccola mostra, di modo che possano diventare immagini e parole "di inciampo" per l'intera comunità scolastica.
Paola Fumagalli
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