Casatenovo: chiesti due anni per il 25enne ritenuto essere lo spacciatore delle scuole
"Fumavo e basta. Non ho dato niente a nessuno". Così B.G., classe 1998, origini turche e casa, attualmente, a Londra, ha cercato di allontanare ogni addebito prendendo la parola sul finire del processo intentato a suo carico quale presunto autore di una serie di cessioni di sostanza stupefacente. Non ha convinto, evidentemente, il sostituto procuratore Simona Galluzzo che, rilevato il testimone di altri colleghi che si sono avvicendati nel corso dell'istruttoria, nel rassegnare le proprie conclusioni, ha chiesto la condanna del giovanotto a 2 anni, oltre a una multa da 2.400 euro.
Come emerso nel corso dell'istruttoria, il fascicolo a carico dell'imputato trae origine dal malore patito nel 2017 da una studentessa dell'Istituto Fumagalli dopo qualche tiro di una "canna" condivisa con altri, con "l'erba" acquistata fuori dal plesso da un soggetto indicato proprio in B.G., ritenuto essere, dagli inquirenti, lo spacciatore di riferimento di una serie di ragazzini gravitanti su Casatenovo, individuati attraverso l'analisi del traffico telefonico dell'utenza in uso allo straniero.
Portati in Aula quali testimoni, gli acquirenti, come ricordato in requisitoria dal PM, si sono rivelati, ai tempi, tutti assuntori di droghe leggere, con dosi modiche, da 5 o 10 euro per mezzo o un grammo di marijuana o hashish acquistate a loro dire proprio dall'imputato nei pressi del Fumagalli o di un vicino pub. Dichiarazioni ritenute credibili dalla rappresentante della pubblica accusa ma messe invece in discussione dall'avvocato Sara Mantegazza, difensore del 25enne, già giudicato anche dal Tribunale per i minorenni per un altro "inciampo" con la Giustizia, ottenendo il perdono giudiziale, come dimostrato, in apertura d'udienza, producendo sentenza relativa a quel procedimento. Sentiti anche, velocemente, l'assistente sociale del Comune di Casatenovo che ha ricordato come in quegli anni lo spaccio fosse un problema "noto" in paese, pur non avendo mai sentito parlare del ragazzo a processo e la madre di quest'ultimo chiamata a raccontare di come tra 2016 e 2017 fosse lei stessa a provvedere al sostentamento dell'intera famiglia, un nucleo composto da quattro persone tutt'altro che abbiente, dunque, come confermato altresì da una collega di lavoro della donna e da un amico del figlio. Tutti elementi ripresi nella propria arringa dall'avvocato Mantegazza, sostenendo come l'unico elemento concreto portato all'attenzione del collegio giudicante - presidente Martina Beggio, a latere Giulia Barazzetta e Gianluca Piantadosi - sia il mezzo grammo di marijuana rinvenuto a casa del suo assistito durante la perquisizione operata dai Carabinieri. "Probabilmente lo stesso esito l'avrebbe dato l'accesso anche alle abitazioni dei ragazzi sentiti come testimoni" ha argomentato la legale, evidenziando come l'intero processo si basi sulle dichiarazioni di soggetti pacificamente assuntori - al tempo - di sostanze stupefacenti, tutti giovanissimi e dunque in qualche modo suggestionabili, dimostratisi in Aula non propriamente precisi e lineari nei loro racconti salvo poi confermare, su insistenza, quanto raccontato in sede di escussione agli uomini dell'arma, senza tra l'altro, che si siano fatti appostamenti o che le cessioni contestate a B.C. siano in altro modo documentate. In via principale, chiesta dunque l'assoluzione del 25enne, per non aver commesso il fatto. L'8 giugno la sentenza.
A.M.