25 aprile: perchè non siamo più padroni del nostro destino
Ecco perché mi permetto di porre alla riflessione di chi vorrà leggerlo questo breve quanto eloquente stralcio di un libro assai interessante di Marcello Foa (giornalista e docente di comunicazione formatosi alla scuola montanelliana e già presidente Rai dal 2018 al 2021) "IL SISTEMA (IN)VISIBILE" con sottotitolo"Perché non siamo più padroni del nostro destino".
Un libro che consiglierei di leggere e che vorrebbe fornire una chiave interpretativa non superficiale sulle caratteristiche di un mondo globalizzato in cui tutti siamo immersi, non sempre essendo consapevoli dei suoi meccanismi regolatori che condizionano in vari modi le nostre vite. Illuminante in questo senso la frase posta sul retro del libro "Pensavamo di essere padroni del nostro destino, mentre altri, in luoghi che nemmeno immaginavamo e che non necessariamente coincidevano con governi e parlamenti, decidevano per noi". Ma ecco lo stralcio che prende spunto da un saggio di "una brillante studiosa americana Janine R. Wedel, docente della George Mason University". Un saggio che descrive la situazione americana ma che si può ben applicare non solo ad essa vista la sua influenza planetaria, come si evince leggendo lo stralcio di Foa :
"La sua tesi, davvero convincente , è che oggi il potere si articoli in reti flessibili, le flex nets, alimentate da èlite ombra, in un sistema che sfugge alle logiche tradizionali. Si tratta di una costellazione di attori che ha rimodellato il panorama della governance statunitense, e dunque globale, in rottura mai dichiarata ma palpabile con la migliore tradizione civica americana e, oserei dire, occidentale. E che verosimilmente spiega la crisi che stiamo vivendo adesso: quando i valori fondanti vengono abusati, se non traditi, da chi ha il privilegio di guidare e rappresentare una civiltà , l'esito non è mai positivo, come la storia eloquentemente insegna. Ma non precipitiamo. Cerchiamo di capire come funzionano le flex net. Nel "vecchio" establishment statunitense i ruoli erano ben definiti e le carriere lineari: i generali servivano il Paese e poi andavano tranquillamente in pensione, idem gli alti funzionari pubblici che svolgevano tutta la carriera nello Stato, mentre i think tank e le università coltivavano orgogliosamente la propria indipendenza proponendosi, senza altri fini, come modelli di onesta collaborazione intellettuale.
La destra era la destra, voleva meno Stato; la sinistra era la sinistra, voleva più Stato. Il nuovo establishment, invece, è composto da gruppi di potere informali in grado di assumere simultaneamente più identità, di ricoprire più ruoli, di operare su più livelli, a cavallo tra economia, finanza, politica, istituzioni, media e cultura, giostrando in sequenza o simultaneamente come politici, consiglieri governativi, consulenti aziendali, intellettuali, membri di think tank e opinionisti televisivi. E per i quali la distinzione tra conservatori e progressisti diventa risibile. La nuova èlite è efficiente, pragmatica e cinica, infatti si appropria disinvoltamente sia dell'etichetta di destra sia di quella di sinistra per promuovere la stessa agenda, che è basata sulla sua commistione. Gli interessi particolari si sovrappongono a quelli istituzionali, o addirittura a quelli strategici, e sono accompagnati dal progressivo svuotamento delle tutele istituzionali di controllo e di verifica. Il tutto usando sapientemente la comunicazione per dissimulare le intenzioni, senza mai contestare apertamente le istituzioni stesse e i simboli che rappresentano, ma contribuendo silenziosamente a cambiarne il senso e l'utilità. Il concetto di bene comune ne risulta, conseguentemente, stravolto senza che i cittadini ne siano consapevoli, il che alimenta la loro sensazione di inspiegabile disagio".
BUON 25 APRILE A TUTTI!