Oggionese: parla il farmacista accusato di frode al commercio per le mascherine ffp2
Farmacista da trent'anni, senza mai avere avuto a suo carico alcuna sanzione di tipo amministrativo o penale, si è trovato quest'oggi a doversi difendere dall'accusa di frode nell'esercizio del commercio. Davanti al giudice Gianluca Piantadosi, pubblico ministero Caterina Scarselli, l'imputato, difeso dall'avvocato Chiara Padovani del foro di Milano, ha così raccontato la sua versione dei fatti inquadrando anzitutto il periodo di straordinarietà e di grande difficoltà in cui la sua categoria, come quella dei medici di base, si è trovava a lavorare nei primi mesi della pandemia.
Poche informazioni, spesso anche contrastanti o comunque in veloce evoluzione, difficoltà a reperire il materiale, un contesto generalizzato di paura e sofferenza dove i punti di riferimento erano davvero pochi.
Prima di allora i farmacisti, come ha spiegato, non avevano avuto a che fare con mascherine del tipo FFP2 e similari, se non con quelle utilizzate in specifici casi dalle mamme nell'approcciarsi ai bimbi per precauzioni particolari da tenere. Questi stessi dispositivi, oltretutto, non erano nemmeno oggetto di approfondimento dei corsi di studio accademici.
"Accessori" dunque sconosciuti...anche agli stessi gestionali delle farmacie che al momento del passaggio come codice a barre risultavano non classificati. Almeno questo è quello che è accaduto all'odierno imputato quando, fatto l'ordine presso la Cooperativa Esercenti Farmacia e ricevuta la merce, tenta di passarla sotto lo scanner per poi abbinarla allo scontrino fiscale da dare al cliente, si accorge che il codice non viene identificato dalla classificazione del sistema gestionale.
"A questo punto avevo davanti due strade" ha spiegato al giudice "o si cedeva il prodotto al cliente indicandolo in maniera generica oppure si andava a cercare un dispositivo con le medesime caratteristiche in banca dati e si generava un nuovo codice". Il farmacista sceglie questa seconda opzione. "Mi arrivano le mascherine in deroga dalla CEF (così definite perchè potevano essere importate senza seguire tutta la procedura ordinaria, ndr), con un codice a barre non leggibile perchè non classificato. Nessuno mi fornisce indicazioni. Allora creo un codice a barre andando a prendere un prodotto simile nel gestionale così da poterlo poi trasmettere al computer per l'emissione dello scontrino fiscale al cliente, scegliendo una denominazione sulla base di un elenco. Il mio scopo era dire che quella era una FFP2 che era poi l'ordine che avevo fatto alla CEF".
Il 10 maggio 2020 in piena pandemia, il NAS (Nucleo Anti Sofisticazioni) esegue un controllo presso la farmacia dell'imputato, ubicata nell'oggionese, e gli contesta la dicitura con cui vengono vendute. "Mi hanno detto che non era corretta ma non mi hanno però indicato come avrei dovuto inquadrarla".
I dispositivi vengono così posti sotto sequestro e il titolare denunciato per l'articolo 515 del codice penale, frode nell'esercizio del commercio.
Terminata la sua audizione il giudice, che ha posto diverse domande all'uomo chiedendo chiarimenti e specifiche, ha rinviato il procedimento per la discussione finale al giorno 22 settembre.
Poche informazioni, spesso anche contrastanti o comunque in veloce evoluzione, difficoltà a reperire il materiale, un contesto generalizzato di paura e sofferenza dove i punti di riferimento erano davvero pochi.
Prima di allora i farmacisti, come ha spiegato, non avevano avuto a che fare con mascherine del tipo FFP2 e similari, se non con quelle utilizzate in specifici casi dalle mamme nell'approcciarsi ai bimbi per precauzioni particolari da tenere. Questi stessi dispositivi, oltretutto, non erano nemmeno oggetto di approfondimento dei corsi di studio accademici.
"Accessori" dunque sconosciuti...anche agli stessi gestionali delle farmacie che al momento del passaggio come codice a barre risultavano non classificati. Almeno questo è quello che è accaduto all'odierno imputato quando, fatto l'ordine presso la Cooperativa Esercenti Farmacia e ricevuta la merce, tenta di passarla sotto lo scanner per poi abbinarla allo scontrino fiscale da dare al cliente, si accorge che il codice non viene identificato dalla classificazione del sistema gestionale.
"A questo punto avevo davanti due strade" ha spiegato al giudice "o si cedeva il prodotto al cliente indicandolo in maniera generica oppure si andava a cercare un dispositivo con le medesime caratteristiche in banca dati e si generava un nuovo codice". Il farmacista sceglie questa seconda opzione. "Mi arrivano le mascherine in deroga dalla CEF (così definite perchè potevano essere importate senza seguire tutta la procedura ordinaria, ndr), con un codice a barre non leggibile perchè non classificato. Nessuno mi fornisce indicazioni. Allora creo un codice a barre andando a prendere un prodotto simile nel gestionale così da poterlo poi trasmettere al computer per l'emissione dello scontrino fiscale al cliente, scegliendo una denominazione sulla base di un elenco. Il mio scopo era dire che quella era una FFP2 che era poi l'ordine che avevo fatto alla CEF".
Il 10 maggio 2020 in piena pandemia, il NAS (Nucleo Anti Sofisticazioni) esegue un controllo presso la farmacia dell'imputato, ubicata nell'oggionese, e gli contesta la dicitura con cui vengono vendute. "Mi hanno detto che non era corretta ma non mi hanno però indicato come avrei dovuto inquadrarla".
I dispositivi vengono così posti sotto sequestro e il titolare denunciato per l'articolo 515 del codice penale, frode nell'esercizio del commercio.
Terminata la sua audizione il giudice, che ha posto diverse domande all'uomo chiedendo chiarimenti e specifiche, ha rinviato il procedimento per la discussione finale al giorno 22 settembre.
S. B.