Alluvione: dopo non si farà nulla, l’essere umano sa adattarsi a qualsiasi situazione e poi rimuoverla. La sopravvivenza Darwiniana
Enrico Magni
Sono decenni, anni che si violenta con razionalità, ingordigia, in nome del mercato, dello sviluppo e del profitto qualsiasi pezzo di terra senza mai ascoltare i segni avversativi dei limiti dello sviluppo descritti nel 1972 dal famoso rapporto ‘The Limits to Growth’ del Club di Roma, fondato nel 1968.
Il rapporto conteneva una predizione del trend mondiale futuro per popolazione, produzione, cibo, inquinamento e risorse naturali, concludendo che la crescita infinita in un pianeta dalle risorse finite non è possibile. Di più, il collasso della civiltà moderna era previsto nel XXI secolo. La teoria fu rigettata dalla comunità scientifica internazionale, soprattutto quella economica, sostenendo che il modello World3 – quello usato dal Club di Roma – sottostimava l’effetto dello sviluppo tecnologico come volano della crescita economica. Il rapporto individuava tre punti critici del sistema produttivo: la crescita economica è correlata all’attività industriale con una curva crescente e l’attività industriale al consumo di materie prime; la crescita economica è correlata alla fertilità i poveri tendono a fare molti figli, l’aumento della ricchezza porta il tasso di fertilità a stabilizzarsi; la produzione industriale è direttamente correlata all’inquinamento e, indi, al tasso di mortalità. Altrimenti detto, producendo oltremisura si finisce a morire di inquinamento.
Il rapporto è stato messo all’indice come se fosse un vangelo apocrifo dall’economia dominante.
Per nulla sono servite le lunghe conferenze estenuanti delle Nazioni Unite su cambiamenti climatici, infatti, anche quello del primo novembre 2021, tenuto nel Regno Unito, a Glasgow, è servito a poco. L’economia mondiale, gli interessi delle grande corporation, le nuove potenze post globali sono sorde.
Le piccole/grandi catastrofi che si stanno verificando sono il prodotto dell’interazione intersistemica di fattori climatici, produttivi e biosferici. Non esiste una causa specifica, è l’interazione di più fattori che determinano l’accadimento, però ci sono variabili in gioco maggiormente responsabili. Dire che bisogna ripensare e progettare uno sviluppo diverso dall’attuale è una cosa ovvia ma inascoltata: gli interessi del non cambiamento sono molti ed è preferibile autodistruggersi che fare un salto di civiltà.
Non è vero che il danno subito serve da lezione, che dopo saranno messe in atto tutte quelle operazioni necessarie per stabilizzare la sicurezza ambientale e la cittadinanza.
L’essere umano, per il meccanismo darwiniano di sopravvivenza, è capace di adattarsi a qualsiasi condizione drammatica e poi rimuoverla. E’ una condizione insita nell’essere umano, è ambivalente e porta in sé bene/male, amore/odio, distruttività/costruttività. Basta vedere come ci si adatti alle condizioni assurde e mortifere della guerra.
Per affrontare in modo costruttivo e innovativo il cambiamento è opportuno prendere in considerazione la drammatica capacità adattiva dell’essere umano e la capacità di rimuovere gli ostacoli e cancellarli per cercare di non ricadere nella famelica condizione di dominare con l’occhio dell’onnipotenza il territorio, la città, la produzione. Questa cultura dominante del possesso, del dominio sulle cose da parte di tutti, ma in particolare dei governanti, dei produttori, dei consumatori cancella l’oikos.
dr. Enrico Magni