Bulciago, sparatoria: 'faccia a faccia' fra la vittima e Mercuri. Ancora latitanti gli altri presunti responsabili, due fratelli magrebini

E' già trascorso poco più di un mese da quando Giovanni Giuseppe Mercuri, 30enne con casa a Costa Masnaga, è stato tradotto in carcere, ritenuto uno dei responsabili della sparatoria avvenuta ad una manciata di settimane dall'inizio dell'anno, lungo la SS342 a Bulciago. Ci sarebbe un regolamento di conti maturato nell'ambito dello spaccio di stupefacenti alla base del colpo di arma da fuoco esploso da un'autovettura di colore scuro, che aveva colpito un giovane marocchino alla guida di una Toyota Yaris, finito in codice rosso all'ospedale Sant'Anna di Como dopo lo schianto contro un'altra vettura. Proprio i medici del nosocomio di San Fermo della Battaglia si erano accorti, durante gli accertamenti sanitari di rito, del proiettile conficcato nella spalla del giovane, riuscito con il trascorrere dei giorni a riprendersi e ad uscire dalla struttura in discrete condizioni.

Lo scorso martedì - a circa tre mesi da quella serata da incubo - l'uomo ha varcato l'ingresso del palazzo di giustizia lecchese presentandosi al cospetto del giudice per le udienze preliminari Salvatore Catalano; la vittima del tentato omicidio - uno dei reati contestati a Mercuri e ai due cittadini marocchini, allo stato attuale ancora latitanti - è stato infatti sentito in incidente probatorio alla presenza del 30enne, suo presunto aggressore, tradotto in tribunale dal carcere di Pescarenico. L'istanza di scarcerazione presentata dal suo difensore all'indomani dell'interrogatorio di garanzia al quale era stato sottoposto lo scorso 27 aprile, è stata infatti rigettata dal giudice.
La difesa di Mercuri è però in attesa delle risultanze di ulteriori accertamenti disposti dalla Procura (rappresentata in aula dalla dr.ssa Simona Galluzzo, titolare del fascicolo d'indagine); questi ultimi riguarderebbero in particolare i gps dei telefoni cellulari. Fra gli elementi che avrebbero in qualche modo inchiodato il 30enne masnaghese, figura infatti l'aggancio della cella telefonica, compatibile - la sera della sparatoria - con quella della vittima. Elementi che a detta della difesa sarebbero insufficienti a provare la penale responsabilità di Mercuri, che continua a proclamarsi innocente come ha fatto sin dal principio.

L'episodio dello scorso febbraio si inquadrerebbe - secondo la sua versione - in un regolamento di conti fra il marocchino destinatario dei colpi di arma da fuoco e due connazionale, fratelli classe 1983 e 1992, residenti rispettivamente in provincia di Monza e Brianza e Varese e allo stato attuale latitanti, seppure rappresentati da un penalista del Foro di Milano.
L'unico arrestato avrebbe ammesso di conoscere la vittima, ma di non aver partecipato alla spedizione punitiva di quella sera, al contrario di quanto invece avrebbe riferito il magrebino. Le risultanze degli ulteriori accertamenti disposti dalla Procura potrebbero fornire elementi a conferma o a discredito della sua tesi. Non resta dunque che attendere ulteriori eventuali sviluppi.
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