Rogeno: avrebbe causato un sinistro senza fermarsi. 'Ero a Belluno per lavoro'. Assolto

Assolto per non aver commesso il fatto. E' la sentenza pronunciata l'altra mattina dal giudice in ruolo monocratico del tribunale di Lecco, Bianca Maria Bianchi, all'esito di un'istruttoria dibattimentale con protagonista un 46enne, chiamato a difendersi dall'accusa di omissione di soccorso.
L'uomo - A.P., formalmente residente in provincia di Foggia - era ritenuto infatti il responsabile di un sinistro stradale verificatosi a Rogeno nell'agosto di due anni fa, dal quale si sarebbe però allontanato senza sincerarsi delle condizioni dei coinvolti.
Erano stati gli accertamenti sul luogo del sinistro condotti dalla Polstrada di Bellano, a dare il nome al presunto autista dell'Alfa Mito che nell'agosto 2021 avrebbe causato l'incidente, avvenuto poco prima delle ore 18 in Via Provinciale dove due auto procedevano in opposte direzioni di marcia. Proprio per questa ragione la Fiat Panda, in procinto di compiere una manovra di svolta, aveva rallentato, fino ad arrestare la propria marcia. In quegli stessi istanti da dietro sopraggiungeva però la Mito intestata all'imputato che dopo aver tentato invano di frenare per una trentina di metri, aveva tamponato con violenza l'utilitaria che la precedeva, costringendo l'altra vettura in arrivo dal senso opposto a sterzare bruscamente per evitare l'impatto, finendo fuori strada.
Una dinamica importante dunque; eppure la persona al volante dell'Alfa non si era fermata a prestare soccorso, dileguandosi dal luogo del sinistro. A individuarlo - sulla carta perlomeno - ci avevano pensato gli agenti della Polstrada grazie al sistema di videosorveglianza comunale che aveva immortalato la scena e anche la targa della Mito, risultata appunto intestata (così come l'assicurazione del mezzo) all'imputato. Non era stato invece possibile riconoscere, dalle telecamere, la persona alla guida.
Accomodatosi al cospetto del giudice, il 46enne ha però negato la circostanza. ''Nell'agosto 2021 ero a Belluno per motivi di lavoro'' ha asserito con fermezza l'imputato, all'epoca dei fatti caposquadra di un'impresa specializzata nel montaggio dei ponteggi edili nelle regioni del nord-est ma anche in Germania. Non a caso, erano stati gli operanti di Bolzano - delegati dai colleghi lecchesi - ad ascoltare il lavoratore nelle ore successive all'accaduto. In quella sede però, nulla aveva saputo riferire in merito al sinistro e l'utilitaria nera al centro del fascicolo non è mai più stata rintracciata.
Da ulteriori indagini affidati alle ''divise'' era però emerso che, a seguito di una segnalazione della Procura di Milano, sulla posizione dell'imputato in banca dati era stato posto un blocco anagrafico da parte del PRA per una presunta intestazione fittizia di veicoli.
''Sono venuto a conoscenza non molto tempo fa di avere diversi procedimenti a mio carico'' ha detto l'uomo, non sapendo giustificare questa circostanza, ma ribadendo a più riprese un concetto ben preciso: ''non sono mai stato in provincia di Lecco prima di oggi''.
A scagionarlo, anche la testimonianza del suo datore di lavoro all'epoca dei fatti. ''Ad agosto 2021 era un nostro dipendente, escludo potesse essere qui perchè in Lombardia e nella zona di Milano non avevamo cantieri'' ha asserito il teste.
Dichiarata conclusa l'istruttoria, il vice procuratore onorario Mattia Mascaro ha chiesto l'assoluzione dell'imputato per la mancanza di prove capaci di provarne la penale responsabilità; una posizione condivisa dall'avvocato Mauro Tosoni, difensore d'ufficio del 46enne, che nella sua arringa ha messo in evidenza tutti gli elementi a favore del proprio assistito, effettivamente assolto dal giudice Bianchi ''per non aver commesso il fatto''.
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