Casatenovo: avrebbe chiesto 'il disturbo' ai pazienti. Medico condannato ad un anno

L'aula del tribunale di Lecco
Il collegio giudicante ha optato per la riqualificazione del reato, condannando il ''camice bianco'' ad un anno, seppur con il beneficio della pena sospesa e della non menzione.
Si è chiuso nel pomeriggio odierno il procedimento penale (in primo grado) a carico di un medico di medicina generale operante a Casatenovo - F.C. le sue iniziali - imputato per tentata induzione indebita a dare o promettere utilità.
Alle 16.30 l'avvio dell'udienza, partendo dalla discussione che ha chiuso un'istruttoria accorciata dall'assenso della difesa all'acquisizione di tutto il fascicolo delle indagini.
A questo proposito la Procura, nella persona del sostituto Pasquale Gaspare Esposito, ha chiesto l'assoluzione del professionista. Il ''fatto non sussiste'' la conclusione del PM, ritenendo mancanti i fondamenti del reato contestato all'imputato. Stando all'impianto accusatorio, il medico in quattro occasioni avrebbe chiesto "il disturbo" ad altrettanti pazienti e dunque una corresponsione a fronte del rilascio di certificati in realtà ottenibili dall'utenza gratuitamente. Nell'inquadrare la vicenda, il magistrato, al cospetto del collegio giudicante del Tribunale di Lecco - presidente Paolo Salvatore, a latere Martina Beggio e Gianluca Piantadosi - ha sostenuto come l'accaduto possa essere ricondotto a suo giudizio a uscite infelici dell'imputato, contattato fuori orario di ricevimento da utenti, a cui, per stizza, avrebbe risposto chiedendo una ricompensa non certo, però, per ottenere un reale beneficio non dovuto. Dello stesso avviso, chiaramente, anche il legale del dottore, quest'oggi non intervenuto personalmente in udienza, dopo aver già offerto al Tribunale, nella forma delle spontanee dichiarazioni, alla seduta precedente, la propria verità.
"Se ci fosse il reato di "comportamento cretino", dovrebbe essere condannato" l'esordio, schietto, del difensore, richiamando però il collegio a valutare se quello stesso comportamento non consono del suo assistito integri o meno il reato di tentata "induzione indebita a dare o promettere utilità".
"Non solo non hanno pagato ma una paziente manco si ricordava la circostanza" ha aggiunto argomentando come a suo avviso l'unica risposta sia no, citando a tal proposito anche giurisprudenza al riguardo. Del resto, ha ricordato la toga, tre dei quattro episodi in contestazione sono emersi solo a seguito della denuncia dell'unica paziente poi costituitasi parte civile, con i carabinieri arrivati a chiamare a rapporto i mutuati del medico per far emergere eventuali altre anomalie nella sua condotta. E poche parole - essendoci del resto una memoria scritta offerta ai giudici - sono state spese per la prima querelante, presente in Aula al fianco del proprio legale. Non è vero che il certificato richiesto non le è stato rilasciato per via del mancato pagamento del "disturbo" bensì perché la stessa si sarebbe sottratta ad adempimenti previsti. Questa la versione del difensore a chiusura dell'arringa, arrivando a chiedere anch'egli l'assoluzione o in subordine il riconoscimento della speciale tenuità del fatto, trattandosi di 4 presunte richieste a fronte di chissà quanti certificati firmati dal professionista.
Ha - ovviamente - insistito per la condanna alla pena di giustizia la parte civile, rappresentata dall'avvocato Daniela Mazzotta. "Questa difesa si dissocia da quanto chiesto dal PM: dall'istruttoria è emerso chiaramente quale era il modus operandi del dottore" è stato sostenuto, ritenendo di non poter bollare come "uscite infelici" le frasi dell'imputato riferite dai pazienti portati a dibattimento, reiterate in almeno quattro occasioni, trovando riscontro - per quanto attiene alla sua cliente - nelle registrazioni audio acquisite al fascicolo. "Più volte fa riferimento al "ringraziamento", ha aggiunto traducendo tale "ringraziamento" in una ricompensa per un certificato di malattia esente da pagamento.
Imputato al "niet" che la signora avrebbe ricevuto dal medico di base anche il licenziamento patito dalla stessa che, esaurite le ferie, si sarebbe trovata nell'impossibilità di giustificare la propria assenza dal lavoro, venendo lasciata a casa. ''E' evidente che ha subito un danno dalla condotta de medico'' ha aggiunto il legale, motivando la richiesta anche di risarcimento.
Al termine della camera di consiglio il medico è stato ritenuto colpevole, previa riqualificazione del reato in ''istigazione alla corruzione'' (art.322 comma 3 cp). Un anno la condanna, con il beneficio della pena sospesa e non menzione, oltre alla somma di 750 euro da corrispondere - quale risarcimento - alla parte civile.
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