Chi nega il cambio climatico trova in Dio-Patria-famiglia il suo rassicurante sacro Graal
Nell'arco di un secolo si sono verificati cambiamenti sostanziali, si è passati da una produzione agricola preindustriale poco inquinante a uno sviluppo industriale, post industriale iper produttivo centrato sullo sfruttamento del suolo, dell'aria e dell'acqua. La popolazione mondiale si è raddoppiata ed è in continua espansione proprio in quei paesi dove il cambiamento climatico produce ricadute nefaste.
Ci si meraviglia di quello che sta accadendo, si resta stupiti degli accadimenti ma fatalisticamente si spera che la cosa cambi, che è solo un'estate o un inverno anomalo: è una concezione messianica, magica della speranza. Tutto passerà e si risolverà.
Gli strumenti, le conoscenze per affrontare il disastro ci sono, ma la governance dominante, per evitare di perdere il mercato, il potere economico, manipola la comunicazione di massa, condiziona le politiche con messaggi spaventosi come la perdita del lavoro o di rimanere senza risorse per il comfort, il cibo e il benessere: in ballo ci sono interessi economici impressionanti, inimmaginabili. L'individuo, che è costretto a fare i conti con la spesa, la famiglia, la scuola, il lavoro, si sente un moscerino impotente e fatica a orientarsi a prendere delle decisioni. La contingenza lo obbliga a confrontarsi con la quotidianità e, pur accorgendosi della condizione disastrosa, spera in una qualche soluzione da parte di chi muove il timone del comando.
L'individuo preferisce identificarsi con chi dice "che la situazione è normale", "che sono fatti straordinari", "che si sono verificati anche nel passato": questo è rassicurante ed è facile da comprendere. E' un pillolone di fiducia da prendere e da gustare.
Il messaggio negazionista rassicura dall'incertezza e dal disagio. E' preferibile affidarsi a questo racconto che ascoltare inviti a cambiare gli stili di vita. La modificazione di un comportamento richiede un processo acquisitivo predisponente per apprendere nuove regole; basta osservare come sia difficile indurre un comportamento virtuoso come la raccolta differenziata. Ci sono città, strade, fiumi, laghi, mari con strati di scarto impressionanti. Ci sono discariche che occupano territori come delle metropoli, producono disastri ambientali e favoriscono lo sviluppo di parassiti, presenza di animali, insetti: il covid 19 è il sintomo di questa malattia ambientale.
La questione ecologia è politica, riguarda il futuro, la qualità della specie umana: non è una divestment della generazione Z o di qualche ambientalista.
C'è chi nega il fenomeno, si rifugia nella triade patria-famiglia-dio convinto di aver trovato il sacro graal. C'è la tendenza a semplificare e ridurre la complessità dentro le categorie analitiche novecentesche. E c'è chi è fermo a disquisire chi è più riformista, più radicale, più movimentista o governativo. Nel frattempo le nere vacche hegeliane pascolano nel corridoio e ingrassano; le questioni sono accatastate, gli amici se ne vanno o guardano dalla finestra.
I soliti quattro amici al bar non si accorgono nemmeno di essere rimasti soli a discutere se un ramo va tagliato, oppure se va rimossa dalla radice, oppure se il Nibbio è troppo difficoltoso da scalare per la giovane guida. E le stelle stanno a guardare.