L'ipocrisia della guerra, spesso un fuorviante teatro mediatico

Nel mio precedente "contributo", pubblicato da varie testate non solo online, avevo descritto alcuni esempi concreti di come il Grande Circo Mediatico, nella sua incessante narrazione, rovescia spesso le parti in gioco, dipingendo fatti e situazioni secondo logiche variamente utilitaristiche.
Ne era sortito un discreto "dibattito", con pareri vari e pur critici, che quantomeno mi aveva comunque confortato rispetto a quello che, nelle mie intenzioni, era semplicemente un'esigenza di creare perlomeno dubbi che spingessero una volta in più, non sono certamente il solo a farlo, ad approcciarsi in modo critico a certe solo presunte verità.
Ovviamente nessuna pretesa di esaustività da parte mia (ne tanto meno di replica che finirebbe inesorabilmente nel classico ping pong..) sul tema del rischio, sempre incombente, della manipolazione dell'opinione pubblica e delle coscienze ma solo di contribuire ad evidenziare, senza pretese scientifiche che non mi competono, certi meccanismi mediatici di cui tener conto.
Infatti, come tentativi di cittadini consapevoli, ci compete perlomeno di non tenere "la testa nel sacco"e di non prendere come "oro colato" tutto ciò che ci viene propinato giornalmente, ad esempio, da una moltiplicazione di talk show televisivi, spesso purtroppo solo salottieri ( ce ne sono però anche di buoni...).
Ecco perché, sviluppando uno degli esempi concreti che ponevo e cioè "la rappresentazione" della guerra in Ucraina, ritorno sui suoi vari elementi argomentativi ( come cercherò di ritornare anche sugli altri esempi), in modo più dettagliato ed esemplificativo
Al lettore giudicarne la fondatezza.
La premessa, che non può che essere doverosa, è l'asimmetricità tra aggressore e aggredito, una verità più volte ribadita anche dai più critici sino ad arrivare in certi casi a farla apparire quasi stucchevole.
Quello che inviterei a fare , su basi documentali attinte da fonti incrociate ed esercitando valutazioni di natura logico deduttiva, è uscire dalla "trappola narrativa"che accompagna ormai giornalmente la cronaca mediatica, specie televisiva, e tutti gli aspetti interpretativi connessi ai relativi commenti dei cosiddetti "esperti".
Quella "trappola narrativa" che tenderebbe a schiacciare l'opinione pubblica su di un'apparente unica possibile posizione rispetto al "da che parte stare": se con Putin e la Russia o con Zelensky e l'Ucraina.
Niente di più forzato e artificioso perché, spesso strumentalmente, solo queste 2 posizioni sembrano essere presentate da gran parte del Circo Mediatico come legittime e concrete, mentre, a ben vedere dopo ormai ben 18 mesi di guerra, ben altre realistiche opzioni dovrebbero essere considerate orientate a criteri di ragionevolezza e giustizia.
In altri e più espliciti termini si può doverosamente "non abboccare" alla propaganda di Putin senza per questo sposare l'altrettanta propaganda di Zelensky. Quest'ultima spesso platealmente "omaggiata" da gran parte dei media, con tanto di analisi e filmati a supporto, che poche volte hanno assicurato uguale trattamento alle motivazioni, però non comunque giustificative dell'invasione, del fronte opposto.
Certo gli evidenti interessi compositi e variamente collegati ai " due contendenti" ( soprattutto al cosiddetto "blocco occidentale") spiegano bene questa asimmetria narrativa arrivando addirittura a sfiorare il ridicolo, se non ci fossero di mezzo migliaia di morti, della rappresentazione di una "realtà"che a volte fa a pugni con la logica ed il buon senso comune.
Per fare solo pochi esempi:
Come è stato possibile credere alle attribuzioni alla Russia del sabotaggio del gasdotto Nord Stream 2 e agli attacchi "terroristici" ( aggettivo usato non casualmente) alla centrale di Zaporizhzhia (sempre stranamente ai margini della stessa): spararsi ai piedi non è mai stato esercizio razionale!
E come non aver notato (fateci caso) la scelta di utilizzare mediaticamente scenari e interviste monodirezionali (mai interviste ad obiettori ucraini, mentre sempre ben evidenziate le pur giuste forze d'opposizione russe a Putin) e soprattutto la retorica pomposità e replicabilità all'infinito degli interventi di Zelensky in una apparente trottola instancabile di perorazioni e strette di mano ( come riesce a reggere? Forse per "l'allenamento" precedente di consumato attore ?).
E come non aver percepito, fateci caso, una sistematica sproporzione tra i toni catastrofici di giganteschi attacchi ( ben rappresentati da scenari, tipo tabula rasa) illustrati come volutamente preordinati alla morte dei civili ma in realtà limitati ( fortunatamente) negli effettivi numeri, da farli ritenere semmai quelli che, a parti invertite, certo mondo militare anche "occidentale"descrive cinicamente come "effetti collaterali" ?
Come non rilevare quello strano oblio di gran parte dei media che "casualmente" dimenticano di ricordare all'opinione pubblica il sistematico contraddittorio superamento delle assicurazioni solo presuntivamente tranquillizzanti dei massimi esponenti della Comunità europea e della Nato?
Perentorie assicurazioni, però guarda caso"a scadenza", circa l'invio volta per volta di armamenti solo leggeri e poi "di sola difesa" e poi di non invio di aerei caccia ecc. ecc. secondo un'escalation che potrebbe addirittura, assuefacendo gradualmente l'opinione pubblica, prendere in considerazione l'uso di armi non convenzionali e nucleari?
Come eludere, marginalizzandole, le mirate osservazioni di più che autorevoli vertici militari anche "occidentali" sull'inevitabile inpasse senza fine generabile da una guerra sul campo con forze sostanzialmente bilanciate?
Come dipingere incessantemente, e giustamente, Putin come un tiranno, facendo dimenticare, certamente in modo non casuale, di esserci andati a braccetto fino a poco tempo prima?
E come è stato possibile accreditare Zelensky come un politico sinceramente illuminato e patriottico quando all'interno dell'Ucraina ha praticamente azzerato ogni opposizione democratica?
Come è possibile far passare come una previdente azione ricostruttiva quella che si presenta come una programmata spartizione economica di un vero e proprio business non solo edificatorio?
Come è stato possibile rappresentare il conflitto sostanzialmente come una lotta tra il bene (l'Occidente) e il male (la Russia e i suoi perlomeno ipotetici "alleati") descrivendo quasi un mondo unito contro Putin, quando realmente "manca all'appello", per ragioni varie, ben più della metà delle popolazioni del pianeta (BRICS docet), che quantomeno non si è apertamente schierata?
E perché si è spesso additato come sostanzialmente velleitario un variegato mondo, a partire da Papa Francesco, che si oppone alla prosecuzione di un conflitto ormai sempre più miope (ma con occhi ben aperti da parte del grande mondo dei produttori di armi e relativi governi al seguito) in favore di una seria, realistica ed effettiva ( e non solo dichiarata) azione diplomatica?
E perché si invoca giustamente il diritto internazionale a difesa dell'integrità territoriale ucraina, soprassedendo a qualche più o meno fondata motivazione russa (non certo comunque giustificativa dell'invasione) mentre si ignora l'equivalente questione palestinese o, nel recente passato, si è costruito un bell'alibi per invadere paesi come l'Irak, l'Afghanistan (sia da parte dei Russi che degli Usa) e quella Libia che non a caso sta dando ancora gravi problemi non solo ai Paesi del Mediterraneo?
Ed è vero o non è vero che è caduta l'ultima motivazione, anche moralmente giustificativa della posizione ucraina, basata sulla più volte dichiarata azione esclusivamente difensiva del proprio territorio passando invece ad azioni di aperto attacco del territorio russo?
Mi fermo volutamente qui con un auspicio: solo se si saprà uscire dalla nebbia, soprattutto mediatica, della "trappola narrativa" evidenziando una terza ragionevole posizione ( e già la maggioranza degli Italiani sembra essere contraria all'invio ulteriore di armi), si potrà uscire da questo incubo.
Una terza posizione che sappia coniugare un'autentica giustizia con una realistica ed irrinunciabile ricerca di soluzioni non guerreggiate.
Guerre, che ben configurano vari scenari simili in molte altre parti del mondo, quasi sempre mossi da interessi economici e geopolitici, ammantati volta per volta da mascheramenti patriottici o religiosi.
La questione dirimente però è che occorre una effettiva volontà politica che sappia tutelare i veri interessi di tutte le "vittime" (tutte le popolazioni variamente coinvolte e così pure i cittadini/militari costretti a guerreggiare in nome di un mal interpretato senso nazionalistico) contro gli interessi variamente camuffati delle élite che ci sovrastano.
A tutti far la propria parte!
Germano Bosisio
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