Imberido: don William in un 'dialogo' con la Comunità su due temi, carità e filantropia
Gli appuntamenti di ''Imberido in festa'', iniziativa che ha preso il via lo scorso sabato 2 settembre, sono proseguiti l'altra sera con una conversazione su filantropia e carità, alla presenza di don William Abbruzzese. Venerdì 8 settembre il saloncino San Francesco ha fatto da cornice ad un dialogo aperto fra il sacerdote e i fedeli relativamente a questi temi, ricondotti alla società odierna attraverso un "excursus'' storico.
''Questa sera - ha esordito il sacerdote - proviamo a capire cosa sono la filantropia e la carità: una cosa che può sembrare tanto ovvia da pensare, è che queste due parole abbiano lo stesso significato. Ma oggi noi parliamo di sfumature che, secondo me, fanno la differenza. Come sappiamo filantropia deriva dal greco e significa ''amicizia per l’uomo''; già dall’antica Grecia esisteva il concetto di regalare una vita buona e bella, pur essendo però lontana dal lato cristiano e, quindi, dalla carità. Questa modalità è stata poi presa dai latini, che hanno iniziato a creare delle strutture per il benessere, cioè per lo star bene. Questa percezione si dissolve nel Medioevo, con l’addentrarsi della carità, per poi essere ripreso nell’Illuminismo, attraverso gli ideali di libertà, uguaglianza e fraternità, prendendo la filantropia come la massima espressione di questo principio''.
Dopo questa introduzione di carattere storico, necessaria per avvicinarsi meglio e comprendere le radici di questi due termini, ha avuto inizio la riflessione vera e propria, a partire dalla visione di un video. Il contenuto riprodotto a inizio serata ha mostrato l’iniziativa proposta da Fedez a Natale 2020: il progetto del cantante consisteva nel donare, come regalo in vista delle festività di fine anno, mille euro a ciascun lavoratore milanese in difficoltà.
''A partire dalle immagini che abbiamo visto - ha continuato don William - emerge la differenza tra filantropia e carità: il primo atteggiamento significa fare in modo che tutti stiano bene. Quindi, il filantropo è una persona che possiede una ricchezza e la distribuisce o per progetti umanitari, nell'ambito medico o sanitario, o per progetti educativi: il maggior filantropo italiano è Armani. La filantropia, per questo, è un gesto nobile ed è sempre qualcosa che va dall’alto verso il basso, nel senso che una persona possiede qualcosa e, di buon cuore, ne dona una parte. La carità invece, è Dio: per questa ragione, sui social media non si parla più di carità, ma di filantropia; perso l’orizzonte di Dio, di conseguenza, non si parla più di cose di Dio''.
Da questa premessa, è emersa la divergenza fondamentale tra questi due modi di vivere che, come si è sottolineato nel corso della discussione, non esprimono due espressioni antitetiche, bensì fortemente connesse. Per esporre con maggiore chiarezza questa posizione, il don ha preso come punto di riferimento Antonio Rosmini, sacerdote e filosofo piemontese, vissuto a cavallo del ‘700 e dell’ ‘800, importante per la metafisica dell’essere: ''L’uomo di carità è l’uomo di Dio. Rosmini stesso afferma che la carità è l’unione profonda con Dio, tanto da assumere le modalità di Dio e vivere nei confronti dei propri simili. Si tratta di una cosa per tutti, la può fare anche una persona povera, quindi la carità si sviluppa dal basso verso l’alto. Questo modo di vivere non prevede fare del bene, ma essere bene: noi brianzoli in particolare, che siamo gente del fare, facciamo fatica a capire questa cosa e ci sembra tutto uguale. La carità tocca le corde, l’essere dell’uomo ed essere bene significa dare la vita per una causa grande".
"Questa cultura nasce nel Medioevo, quando la cultura cristiana si inserisce all’interno dell’Impero romano, e si esprime in modo potenziale con gli ordini religiosi dell’Ottocento, che nel mondo odierno stanno scomparendo gradualmente. Mi riferisco a tutte quelle persone che dedicano la loro vita per una causa più grande: è questa sottile differenza che determina il modo di vivere le cose. Questa differenza, tuttavia, non è negativa, ma può diventare motivo di complementarietà, condivisione e aiuto: la differenza è da benedire. Allora la carità è avere, in quello che faccio, chiaro chi sono, cioè l’essere'' ha concluso il sacerdote.
Attraverso questo messaggio - che pone al centro la filosofia dell’essere contrapposta a quella del ''fare'' - le parole di don William, unite a quelle di Rosmini, sono risuonate l'altra sera in modo forte e consapevole in una società spesso concentrata nell’apparire, più che nel porre in atto gesti concreti.
''Questa sera - ha esordito il sacerdote - proviamo a capire cosa sono la filantropia e la carità: una cosa che può sembrare tanto ovvia da pensare, è che queste due parole abbiano lo stesso significato. Ma oggi noi parliamo di sfumature che, secondo me, fanno la differenza. Come sappiamo filantropia deriva dal greco e significa ''amicizia per l’uomo''; già dall’antica Grecia esisteva il concetto di regalare una vita buona e bella, pur essendo però lontana dal lato cristiano e, quindi, dalla carità. Questa modalità è stata poi presa dai latini, che hanno iniziato a creare delle strutture per il benessere, cioè per lo star bene. Questa percezione si dissolve nel Medioevo, con l’addentrarsi della carità, per poi essere ripreso nell’Illuminismo, attraverso gli ideali di libertà, uguaglianza e fraternità, prendendo la filantropia come la massima espressione di questo principio''.
Dopo questa introduzione di carattere storico, necessaria per avvicinarsi meglio e comprendere le radici di questi due termini, ha avuto inizio la riflessione vera e propria, a partire dalla visione di un video. Il contenuto riprodotto a inizio serata ha mostrato l’iniziativa proposta da Fedez a Natale 2020: il progetto del cantante consisteva nel donare, come regalo in vista delle festività di fine anno, mille euro a ciascun lavoratore milanese in difficoltà.
''A partire dalle immagini che abbiamo visto - ha continuato don William - emerge la differenza tra filantropia e carità: il primo atteggiamento significa fare in modo che tutti stiano bene. Quindi, il filantropo è una persona che possiede una ricchezza e la distribuisce o per progetti umanitari, nell'ambito medico o sanitario, o per progetti educativi: il maggior filantropo italiano è Armani. La filantropia, per questo, è un gesto nobile ed è sempre qualcosa che va dall’alto verso il basso, nel senso che una persona possiede qualcosa e, di buon cuore, ne dona una parte. La carità invece, è Dio: per questa ragione, sui social media non si parla più di carità, ma di filantropia; perso l’orizzonte di Dio, di conseguenza, non si parla più di cose di Dio''.
Da questa premessa, è emersa la divergenza fondamentale tra questi due modi di vivere che, come si è sottolineato nel corso della discussione, non esprimono due espressioni antitetiche, bensì fortemente connesse. Per esporre con maggiore chiarezza questa posizione, il don ha preso come punto di riferimento Antonio Rosmini, sacerdote e filosofo piemontese, vissuto a cavallo del ‘700 e dell’ ‘800, importante per la metafisica dell’essere: ''L’uomo di carità è l’uomo di Dio. Rosmini stesso afferma che la carità è l’unione profonda con Dio, tanto da assumere le modalità di Dio e vivere nei confronti dei propri simili. Si tratta di una cosa per tutti, la può fare anche una persona povera, quindi la carità si sviluppa dal basso verso l’alto. Questo modo di vivere non prevede fare del bene, ma essere bene: noi brianzoli in particolare, che siamo gente del fare, facciamo fatica a capire questa cosa e ci sembra tutto uguale. La carità tocca le corde, l’essere dell’uomo ed essere bene significa dare la vita per una causa grande".
"Questa cultura nasce nel Medioevo, quando la cultura cristiana si inserisce all’interno dell’Impero romano, e si esprime in modo potenziale con gli ordini religiosi dell’Ottocento, che nel mondo odierno stanno scomparendo gradualmente. Mi riferisco a tutte quelle persone che dedicano la loro vita per una causa più grande: è questa sottile differenza che determina il modo di vivere le cose. Questa differenza, tuttavia, non è negativa, ma può diventare motivo di complementarietà, condivisione e aiuto: la differenza è da benedire. Allora la carità è avere, in quello che faccio, chiaro chi sono, cioè l’essere'' ha concluso il sacerdote.
Attraverso questo messaggio - che pone al centro la filosofia dell’essere contrapposta a quella del ''fare'' - le parole di don William, unite a quelle di Rosmini, sono risuonate l'altra sera in modo forte e consapevole in una società spesso concentrata nell’apparire, più che nel porre in atto gesti concreti.
V.I.