Francesca Pascale è assolta. Non ha diffamato Salvini e ora 'basta con la querelite'
Francesca Pascale non ha diffamato Matteo Salvini. Così ha sentenziato nel primo pomeriggio odierno il giudice monocratico del tribunale di Lecco Martina Beggio, sulla cui scrivania è approdato il fascicolo vagliato in prima battuta, ormai un paio d'anni fa, dall'allora procuratore capo facente funzioni Cuno Tarfusser, trovatosi tra le mani la querela presentata dal leader della Lega nei confronti dell'ex compagna di Silvio Berlusconi.
Al verdetto si è arrivati dopo che lo scorso 12 settembre, nel rappresentare le proprie conclusioni, il sostituto Chiara Di Francesca aveva chiesto per la 37enne partenopea una condanna quantificata in una multa da 2.500 euro, all'esito del processo celebrato con rito abbreviato in quel di Lecco, tribunale competente per residenza dell'imputata. Il fatto oggetto del procedimento risale infatti al gennaio 2021, quando Francesca Pascale ancora viveva a Villa Maria - già Villa Giambelli - la prestigiosa dimora a Rogoredo di Casatenovo acquistata e rimessa a nuovo per lei dal "Cav" prima che la chiacchierata relazione tra i due finisse (con l'abitazione poi passata ulteriormente di mano, con l'ingresso di un'erede della dinastia del Toblerone).
Diffamazione - come accennato - il reato contestato all'imputata che, preso atto dell'impossibilità a chiudere la vicenda bonariamente, ha optato, per il tramite del proprio legale - l'avvocato Matteo Uslenghi del Foro di Milano – per farsi processare "sulle carte". Del resto la querela sporta a suo carico ruota attorno ad una sua esternazione social, ''lì da leggere'' verrebbe da dire per semplificare.
Francesca Pascale il 21 gennaio 2021 ha rilanciato infatti nelle sue Instagram Stories un vecchio "tweet" attribuito a Salvini – ma dallo stesso disconosciuto, trattandosi di un fake - riferito a chi si trasferisce a vivere all'estero con particolare affondo su meridionali e africani considerati "fannulloni", "gente senza la cultura del lavoro". Un re-post, quello dell'ex forzista, correlato da un suo commento contro colui il quale - scriveva - "si appresta a diventare leader indiscusso del centrodestra", attaccato per i presunti pensieri razzisti e violenti espressi. “Piuttosto voto Paperino” la chiosa della penultima compagna di Berlusconi, trascinata poi a giudizio dall'attuale vicepremier, assistito dall'avvocato Matteo Celva, non nuovo a tutelare la propria reputazione in Tribunale, anche a Lecco dove già è intervenuto nel procedimento a carico di don Giorgio De Capitani.
Questa volta, però, non ha ottenuto ragione. Tutt'altro. La sua controparte è stata assolta con formula piena. Si attendono ora le motivazioni della sentenza, per capire le ragioni del giudice Beggio. Lasciando l'Aula ha espresso però ''ovvia e grande soddisfazione'' il difensore. ''Non tanto e non solo per la causa in sé, ma per il principio che in questo tempo fa bene ribadire'' ha sottolineato l'avvocato Uslenghi, con riferimento a politici che si considerano intoccabili, dimenticando il diritto di critica a cui ha ricondotto il fatto in specie, come rimarcato anche nella memoria depositata agli atti. ''Sicuramente un fascicolo piccolo, non una piccola causa'' l'incipit della sua ricostruzione, palando della così detta ''querelite'' ovvero ''dell’infondata pretesa, in chiara discontinuità col passato, di molti degli odierni titolari di cariche, incarichi e poteri di governo di agitare la minaccia penale contro coloro che li criticano o li rendono oggetto di satira''.
''Francesca Pascale, come molti altri cittadini che seguono la politica di una parte e dell’altra, ha reso una libera personale dichiarazione di voto (o meglio: di non voto) rispetto a Matteo Salvini, motivandola, come è sacrosanto in democrazia, con una valutazione critica delle sue idee politiche e sociali. Matteo Salvini, anziché prender atto di quella libera personale manifestazione del pensiero, tanto più intoccabile per essere di una privata cittadina nei confronti di un primario esponente politico, allora segretario di uno dei partiti di governo, oggi addirittura vicepresidente del consiglio, pretende di leggervi un’offesa penalmente rilevante della sua reputazione. Lo pretende, mettendo in discussione un diritto, quello di critica politica, ritenuto fondamentale in ogni ordinamento democratico. Lo pretende, in modo francamente paradossale: tra i leader politici nazionali, Salvini è sicuramente quello che nell’ultimo decennio ha usato, verso gli avversari, i toni critici più accesi ed aggressivi ed ha assunto le posizioni più controverse, nella propria strategia di comunicazione'' la tesi sostenuta dal difensore.
A tal proposito, anche gli stessi concetti espressi nel post fake che ha tratto in inganno Francesca Pascale sarebbero – per il legale – in linea con il Salvini pensiero. Anzi, ''sono persino più moderati e meno espliciti rispetto alle più celebri manifestazioni di quel periodo''. Il tutto documentato anche con... post dello stesso denunciante. Chi post ferisce, di post perisce, insomma.
Al verdetto si è arrivati dopo che lo scorso 12 settembre, nel rappresentare le proprie conclusioni, il sostituto Chiara Di Francesca aveva chiesto per la 37enne partenopea una condanna quantificata in una multa da 2.500 euro, all'esito del processo celebrato con rito abbreviato in quel di Lecco, tribunale competente per residenza dell'imputata. Il fatto oggetto del procedimento risale infatti al gennaio 2021, quando Francesca Pascale ancora viveva a Villa Maria - già Villa Giambelli - la prestigiosa dimora a Rogoredo di Casatenovo acquistata e rimessa a nuovo per lei dal "Cav" prima che la chiacchierata relazione tra i due finisse (con l'abitazione poi passata ulteriormente di mano, con l'ingresso di un'erede della dinastia del Toblerone).
Diffamazione - come accennato - il reato contestato all'imputata che, preso atto dell'impossibilità a chiudere la vicenda bonariamente, ha optato, per il tramite del proprio legale - l'avvocato Matteo Uslenghi del Foro di Milano – per farsi processare "sulle carte". Del resto la querela sporta a suo carico ruota attorno ad una sua esternazione social, ''lì da leggere'' verrebbe da dire per semplificare.
Francesca Pascale il 21 gennaio 2021 ha rilanciato infatti nelle sue Instagram Stories un vecchio "tweet" attribuito a Salvini – ma dallo stesso disconosciuto, trattandosi di un fake - riferito a chi si trasferisce a vivere all'estero con particolare affondo su meridionali e africani considerati "fannulloni", "gente senza la cultura del lavoro". Un re-post, quello dell'ex forzista, correlato da un suo commento contro colui il quale - scriveva - "si appresta a diventare leader indiscusso del centrodestra", attaccato per i presunti pensieri razzisti e violenti espressi. “Piuttosto voto Paperino” la chiosa della penultima compagna di Berlusconi, trascinata poi a giudizio dall'attuale vicepremier, assistito dall'avvocato Matteo Celva, non nuovo a tutelare la propria reputazione in Tribunale, anche a Lecco dove già è intervenuto nel procedimento a carico di don Giorgio De Capitani.
Questa volta, però, non ha ottenuto ragione. Tutt'altro. La sua controparte è stata assolta con formula piena. Si attendono ora le motivazioni della sentenza, per capire le ragioni del giudice Beggio. Lasciando l'Aula ha espresso però ''ovvia e grande soddisfazione'' il difensore. ''Non tanto e non solo per la causa in sé, ma per il principio che in questo tempo fa bene ribadire'' ha sottolineato l'avvocato Uslenghi, con riferimento a politici che si considerano intoccabili, dimenticando il diritto di critica a cui ha ricondotto il fatto in specie, come rimarcato anche nella memoria depositata agli atti. ''Sicuramente un fascicolo piccolo, non una piccola causa'' l'incipit della sua ricostruzione, palando della così detta ''querelite'' ovvero ''dell’infondata pretesa, in chiara discontinuità col passato, di molti degli odierni titolari di cariche, incarichi e poteri di governo di agitare la minaccia penale contro coloro che li criticano o li rendono oggetto di satira''.
''Francesca Pascale, come molti altri cittadini che seguono la politica di una parte e dell’altra, ha reso una libera personale dichiarazione di voto (o meglio: di non voto) rispetto a Matteo Salvini, motivandola, come è sacrosanto in democrazia, con una valutazione critica delle sue idee politiche e sociali. Matteo Salvini, anziché prender atto di quella libera personale manifestazione del pensiero, tanto più intoccabile per essere di una privata cittadina nei confronti di un primario esponente politico, allora segretario di uno dei partiti di governo, oggi addirittura vicepresidente del consiglio, pretende di leggervi un’offesa penalmente rilevante della sua reputazione. Lo pretende, mettendo in discussione un diritto, quello di critica politica, ritenuto fondamentale in ogni ordinamento democratico. Lo pretende, in modo francamente paradossale: tra i leader politici nazionali, Salvini è sicuramente quello che nell’ultimo decennio ha usato, verso gli avversari, i toni critici più accesi ed aggressivi ed ha assunto le posizioni più controverse, nella propria strategia di comunicazione'' la tesi sostenuta dal difensore.
A tal proposito, anche gli stessi concetti espressi nel post fake che ha tratto in inganno Francesca Pascale sarebbero – per il legale – in linea con il Salvini pensiero. Anzi, ''sono persino più moderati e meno espliciti rispetto alle più celebri manifestazioni di quel periodo''. Il tutto documentato anche con... post dello stesso denunciante. Chi post ferisce, di post perisce, insomma.
A.M.