La sanità lecchese è malata: il 7 saremo a Roma anche per i 'sopravvissuti' dell'ASST
Lo tsunami che sta travolgendo l’ASST di Lecco continua a mietere vittime: la rinuncia all’incarico formalizzata dalla Direttrice delle Professioni Socio Sanitarie nei giorni scorsi si accompagna alle dimissioni dei primari di Ginecologia e di Ortopedia. Il tutto dopo il recente abbandono dell’intera equipe di Oculistica e le ulteriori dimissioni registrate all’interno del Dipartimento di Salute Mentale da parte di Medici Psichiatri che hanno deciso di migrare verso altri lidi: dei 26 medici psichiatri presenti all’interno del Dipartimento a pieno regime ne sono rimasti 12, che devono gestire CPS, Ambulatori e Guardie in Pronto Soccorso, oltre al reparto di Psichiatria; in queste condizioni è impossibile garantire adeguata assistenza specialistica ai 4.270 soggetti fragili, che negli ultimi 9 mesi si sono rivolti ai CPS della nostra provincia.
Se poi guardiamo al personale del comparto, il dato delle dimissioni registrate da inizio anno è in continuo incremento. La domanda sorge spontanea: perché questa Azienda continua a dimostrare la propria incapacità nel trattenere professionalità che per anni hanno operato al suo interno? Perché non raccoglie il loro grido di aiuto prima che abbandonino la nave? Qualcuno si sta interrogando su come implementare l’attrattività dei presidi territoriali?
La Sanità Pubblica sul territorio sta attraversando una crisi senza precedenti e, in questo stato di cose, la risposta ai bisogni sanitari e sociosanitari della popolazione sta vacillando, mettendo pericolosamente a rischio il diritto universale alla cura, sancito dall’art. 32 della Costituzione. Di fronte alle inadeguatezze del Sistema Sanitario Nazionale, è sempre più frequente il ricorso al Privato, che sopperisce alle gravi carenze del Pubblico, garantendo tempi di risposta più celeri; ma è giusto che venga curato soltanto chi può permettersi di “comprare il diritto alla salute”?
Perché a nessun livello viene ascoltato il grido di aiuto di chi, come la FP CGIL, da tempo chiede di aumentare strutturalmente il Fondo Nazionale Sanitario, a favore di politiche occupazionali concrete ed efficaci, che affrontino l’urgenza di un piano di assunzioni straordinario, in grado di garantire adeguate risposte al servizio sanitario pubblico, in affanno su tutto il territorio nazionale, alleggerendo il personale in forze dagli attuali carichi di lavoro insostenibili che stanno mettendo a rischio la sicurezza dei lavoratori e dei pazienti?
Anche per questo il 7 ottobre, come FP CGIL, aderiremo alla manifestazione Nazionale “La Via maestra – Insieme per la Costituzione”, chiedendo al Governo, ancora una volta, di stanziare adeguate risorse sul rinnovo dei contratti nazionali di settore: è la prima cosa da fare se vogliamo dare adeguate risposte a tutto il personale che oggi opera nel sanitario e nel socio sanitario, elevandone il potere d’acquisto dei salari e uniformandone le condizioni contrattuali a parità di mansione. Questa è la strada giusta se non vogliamo aggravare ulteriormente i danni arrecati al Sistema Sanitario Nazionale da Leggi Regionali (n. 33 del 30.12.2009 e n. 22 del 14.12.2021) con cui Regione Lombardia, accomunando il Pubblico al Privato nell’erogazione dei servizi sanitari e sociosanitari, non soltanto ha messo in discussione il diritto universale alla salute, costituzionalmente stabilito, ma ha creato il “mercato delle professioni sanitarie”: le strutture Private accreditate, beneficiando di risorse economiche che la stessa Regione Lombardia ha messo a loro disposizione, si sono sostituite al Pubblico, incapace di far fronte alle liste di attesa ormai fuori controllo. Un Pubblico che finirà per soccombere se non si troverà al più presto una soluzione per fermare l’emorragia di personale, che fugge alla ricerca di prospettive economiche migliorative ma soprattutto, come dichiarato dagli stessi lavoratori che hanno “abbandonato la nave”, per trovare una conciliazione dei tempi di vita-lavoro che il mondo della sanità pubblica non è più in grado di garantire, a causa della grave carenza di risorse umane impiegate nell’erogazione dei servizi.
In una politica basata unicamente sul profitto, mentre il Pubblico decide di sospendere i servizi ospedalieri erogati all’interno del Dipartimento di Salute Mentale per mancanza di personale (come è successo al SPDC di Merate), il Privato Privato allunga i suoi tentacoli su tutti quei servizi che gli garantiscono maggiori margini di guadagno, spesso fagocitando le risorse umane già esigue, all’interno del pubblico.
Le soluzioni non possono essere cercate negli “affidamenti selvaggi” a cooperative sociali, chiamate a sopperire alle carenze di organico registrate in reparti come la medicina riabilitativa e, novità delle ultime settimane, nelle sale operatorie. Bisogna invertire il trend e reinternalizzare i servizi se non vogliamo aggiungere ulteriore divario al profondo divario economico già esistente tra i lavoratori che, pur essendo impiegati nell’erogazione dei medesimi servizi, risultano assoggettati a differenti contratti di lavoro. Allo stesso tempo occorre investite sulla prevenzione, perché non dobbiamo dimenticare che un sistema sanitario pubblico basato sulla prevenzione migliora l’aspettativa di vita e abbatte i costi correlati alla cura.
Questa è la via maestra e, insieme a noi, ci saranno centinaia di lavoratori che sabato scenderanno in Piazza per chiedere un necessario cambiamento di rotta.
Se poi guardiamo al personale del comparto, il dato delle dimissioni registrate da inizio anno è in continuo incremento. La domanda sorge spontanea: perché questa Azienda continua a dimostrare la propria incapacità nel trattenere professionalità che per anni hanno operato al suo interno? Perché non raccoglie il loro grido di aiuto prima che abbandonino la nave? Qualcuno si sta interrogando su come implementare l’attrattività dei presidi territoriali?
La Sanità Pubblica sul territorio sta attraversando una crisi senza precedenti e, in questo stato di cose, la risposta ai bisogni sanitari e sociosanitari della popolazione sta vacillando, mettendo pericolosamente a rischio il diritto universale alla cura, sancito dall’art. 32 della Costituzione. Di fronte alle inadeguatezze del Sistema Sanitario Nazionale, è sempre più frequente il ricorso al Privato, che sopperisce alle gravi carenze del Pubblico, garantendo tempi di risposta più celeri; ma è giusto che venga curato soltanto chi può permettersi di “comprare il diritto alla salute”?
Perché a nessun livello viene ascoltato il grido di aiuto di chi, come la FP CGIL, da tempo chiede di aumentare strutturalmente il Fondo Nazionale Sanitario, a favore di politiche occupazionali concrete ed efficaci, che affrontino l’urgenza di un piano di assunzioni straordinario, in grado di garantire adeguate risposte al servizio sanitario pubblico, in affanno su tutto il territorio nazionale, alleggerendo il personale in forze dagli attuali carichi di lavoro insostenibili che stanno mettendo a rischio la sicurezza dei lavoratori e dei pazienti?
Anche per questo il 7 ottobre, come FP CGIL, aderiremo alla manifestazione Nazionale “La Via maestra – Insieme per la Costituzione”, chiedendo al Governo, ancora una volta, di stanziare adeguate risorse sul rinnovo dei contratti nazionali di settore: è la prima cosa da fare se vogliamo dare adeguate risposte a tutto il personale che oggi opera nel sanitario e nel socio sanitario, elevandone il potere d’acquisto dei salari e uniformandone le condizioni contrattuali a parità di mansione. Questa è la strada giusta se non vogliamo aggravare ulteriormente i danni arrecati al Sistema Sanitario Nazionale da Leggi Regionali (n. 33 del 30.12.2009 e n. 22 del 14.12.2021) con cui Regione Lombardia, accomunando il Pubblico al Privato nell’erogazione dei servizi sanitari e sociosanitari, non soltanto ha messo in discussione il diritto universale alla salute, costituzionalmente stabilito, ma ha creato il “mercato delle professioni sanitarie”: le strutture Private accreditate, beneficiando di risorse economiche che la stessa Regione Lombardia ha messo a loro disposizione, si sono sostituite al Pubblico, incapace di far fronte alle liste di attesa ormai fuori controllo. Un Pubblico che finirà per soccombere se non si troverà al più presto una soluzione per fermare l’emorragia di personale, che fugge alla ricerca di prospettive economiche migliorative ma soprattutto, come dichiarato dagli stessi lavoratori che hanno “abbandonato la nave”, per trovare una conciliazione dei tempi di vita-lavoro che il mondo della sanità pubblica non è più in grado di garantire, a causa della grave carenza di risorse umane impiegate nell’erogazione dei servizi.
In una politica basata unicamente sul profitto, mentre il Pubblico decide di sospendere i servizi ospedalieri erogati all’interno del Dipartimento di Salute Mentale per mancanza di personale (come è successo al SPDC di Merate), il Privato Privato allunga i suoi tentacoli su tutti quei servizi che gli garantiscono maggiori margini di guadagno, spesso fagocitando le risorse umane già esigue, all’interno del pubblico.
Le soluzioni non possono essere cercate negli “affidamenti selvaggi” a cooperative sociali, chiamate a sopperire alle carenze di organico registrate in reparti come la medicina riabilitativa e, novità delle ultime settimane, nelle sale operatorie. Bisogna invertire il trend e reinternalizzare i servizi se non vogliamo aggiungere ulteriore divario al profondo divario economico già esistente tra i lavoratori che, pur essendo impiegati nell’erogazione dei medesimi servizi, risultano assoggettati a differenti contratti di lavoro. Allo stesso tempo occorre investite sulla prevenzione, perché non dobbiamo dimenticare che un sistema sanitario pubblico basato sulla prevenzione migliora l’aspettativa di vita e abbatte i costi correlati alla cura.
Questa è la via maestra e, insieme a noi, ci saranno centinaia di lavoratori che sabato scenderanno in Piazza per chiedere un necessario cambiamento di rotta.
La Segreteria FP CGIL Lecco