Annone, crollo del ponte: slitta al 19 gennaio l'udienza di Appello
Crollo del ponte di Annone: slitta al prossimo 19 gennaio l'udienza di Appello. Per questioni tecniche (legate alla remissione delle querele delle parti offese ndr) l'appuntamento originariamente fissato per questa mattina non è durato più di qualche minuto, con la data di rinvio ufficializzata alle parti.
Bisognerà attendere ancora qualche mese per conoscere l'esito giudiziario - al secondo round - di una vicenda di cronaca che aveva scosso il territorio. Il cedimento del ponte a scavalco della SS36, avvenuto il 28 ottobre 2016, era infatti costato la vita a Claudio Bertini che proprio in quegli istanti stava facendo ritorno nella sua casa di Civate; rimasto schiacciato dal crollo del manufatto, finito sull'Audi di cui era alla guida, per l'uomo non c'era stato scampo.Un'indagine lunga e complessa, con il fascicolo passato di mano a tre differenti magistrati dalla Procura lecchese, e sfociata - dopo il rinvio a giudizio - nell'apertura dell'istruttoria dibattimentale al cospetto del giudice Enrico Manzi, allora presidente della sezione penale del Tribunale di Lecco.
Tre anni e otto mesi la pena inflitta ad Angelo Valsecchi, già responsabile del settore viabilità e lavori pubblici della Provincia di Lecco; tre anni al collega Andrea Sesana, dipendente del medesimo ufficio e tre anni e sei mesi a Giovanni Salvatore, dirigente di Anas, titolare dell'arteria scenario del drammatico incidente che costò la vita al civatese Bertini. Era stata assolta invece - perchè il fatto non costituisce reato - Silvia Garbelli, dirigente della Provincia di Bergamo che rilasciò, una manciata di settimane prima del crollo, l'autorizzazione all'azienda Nicoli, proprietaria dell'autoarticolato sotto il peso del quale il cavalcavia annonese collassò.Nella sentenza erano stati riqualificati in omicidio stradale e lesioni stradali, due dei capi d'imputazione contestati agli imputati (ai quali si aggiungeva il disastro colposo e il crollo di costruzione ndr). Una scelta, quella del giudice, che di fatto aveva consentito di raddoppiare i termini di prescrizione dei reati, rischio che incombeva sin dall'avvio del procedimento penale in primo grado.
Trasmessi poi gli atti alla Procura - come era stato chiesto dalle difese e dalla parte civile Codacons - per valutare l'eventuale responsabilità penale di altri soggetti. Prima che il fascicolo approdasse sulla scrivania del dottor Manzi per il dibattimento, erano usciti di scena due indagati: un dirigente della Provincia di Bergamo (la cui posizione era stata stralciata dal Gup Paolo Salvatore su richiesta della Procura) e un professionista incaricato nel 2013 di progettare la manutenzione dell'infrastruttura. Quest'ultimo aveva patteggiato un anno e due mesi (pena sospesa).
Appuntamento il prossimo 19 gennaio davanti alla V sezione della Corte d'Appello di Milano per conoscere il prosieguo della vicenda sul fronte giudiziario.
Bisognerà attendere ancora qualche mese per conoscere l'esito giudiziario - al secondo round - di una vicenda di cronaca che aveva scosso il territorio. Il cedimento del ponte a scavalco della SS36, avvenuto il 28 ottobre 2016, era infatti costato la vita a Claudio Bertini che proprio in quegli istanti stava facendo ritorno nella sua casa di Civate; rimasto schiacciato dal crollo del manufatto, finito sull'Audi di cui era alla guida, per l'uomo non c'era stato scampo.Un'indagine lunga e complessa, con il fascicolo passato di mano a tre differenti magistrati dalla Procura lecchese, e sfociata - dopo il rinvio a giudizio - nell'apertura dell'istruttoria dibattimentale al cospetto del giudice Enrico Manzi, allora presidente della sezione penale del Tribunale di Lecco.
Tre anni e otto mesi la pena inflitta ad Angelo Valsecchi, già responsabile del settore viabilità e lavori pubblici della Provincia di Lecco; tre anni al collega Andrea Sesana, dipendente del medesimo ufficio e tre anni e sei mesi a Giovanni Salvatore, dirigente di Anas, titolare dell'arteria scenario del drammatico incidente che costò la vita al civatese Bertini. Era stata assolta invece - perchè il fatto non costituisce reato - Silvia Garbelli, dirigente della Provincia di Bergamo che rilasciò, una manciata di settimane prima del crollo, l'autorizzazione all'azienda Nicoli, proprietaria dell'autoarticolato sotto il peso del quale il cavalcavia annonese collassò.Nella sentenza erano stati riqualificati in omicidio stradale e lesioni stradali, due dei capi d'imputazione contestati agli imputati (ai quali si aggiungeva il disastro colposo e il crollo di costruzione ndr). Una scelta, quella del giudice, che di fatto aveva consentito di raddoppiare i termini di prescrizione dei reati, rischio che incombeva sin dall'avvio del procedimento penale in primo grado.
Trasmessi poi gli atti alla Procura - come era stato chiesto dalle difese e dalla parte civile Codacons - per valutare l'eventuale responsabilità penale di altri soggetti. Prima che il fascicolo approdasse sulla scrivania del dottor Manzi per il dibattimento, erano usciti di scena due indagati: un dirigente della Provincia di Bergamo (la cui posizione era stata stralciata dal Gup Paolo Salvatore su richiesta della Procura) e un professionista incaricato nel 2013 di progettare la manutenzione dell'infrastruttura. Quest'ultimo aveva patteggiato un anno e due mesi (pena sospesa).
Appuntamento il prossimo 19 gennaio davanti alla V sezione della Corte d'Appello di Milano per conoscere il prosieguo della vicenda sul fronte giudiziario.
G.C.