Casatenovo: Don Milani e la scuola, se ne parla con il professor Mantegazza

In un'aula consiliare gremita di persone, molte delle quali docenti scolastici, nel tardo pomeriggio di lunedì 23 ottobre il professor Raffaele Mantegazza ha spiegato e approfondito alcuni tratti distintivi del pensiero di don Lorenzo Milani, di cui ricorrono cento anni dalla nascita. 
Il docente pedagogista, insegnante all’università Bicocca di Milano, ha aperto l’incontro organizzato dall'amministrazione comunale di Casatenovo ricordando il pensiero di Sigmund Freud su come sia possibile, da alcuni elementi particolari, da alcuni dettagli, comprendere e ricostruire linee guida più generali, fino a definire un fenomeno nel suo insieme.
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Il professor Mantegazza tra i consiglieri comunali Fabio Crippa e Francesco Sironi

Seguendo questo procedimento, l’analisi del pensiero e del metodo di insegnamento di don Milani, è iniziata da una breve frase che il prete ed educatore fiorentino aveva avuto modo di scrivere nella ''Lettera ai giudici''. Un testo redatto in occasione del processo del 1965 che lo vedeva imputato per apologia di reato a seguito di un suo scritto a difesa dell’obbiezione di coscienza.
''[…] il maestro deve essere per quanto può profeta, scrutare i «segni dei tempi», indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso'' scrive don Lorenzo Milani.
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Mantegazza ha passato in rassegna approfondendoli alcuni singoli termini e alcuni passaggi di questo scritto, analizzandone il significato alla luce del pensiero di don Milani, ma con uno sguardo alla situazione della scuola odierna.
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''Il maestro – ha spiegato il docente della Bicocca – è colui che sa che i suoi allievi possono vedere più lontano di lui, ma grazie a lui. Questa è la radice del lavoro educativo, io voglio che il mio allievo veda più lontano di me, se gli allievi non vedessero più lontano dei loro maestri il mondo rimarrebbe fermo. Quando il mondo rimane fermo i maestri non stanno facendo il loro lavoro''.
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Riguardo al significato di essere ''profeta'' per gli alunni il docente ha precisato: ''In Milani è chiaro il riferimento alla figura del ''profeta'' in senso biblico, non in senso del ''profeta greco''. Per quest’ultimo il destino era immutabile, mentre per il profeta biblico, il destino è mutabile: la storia la scrive Dio in collaborazione con l’essere umano. Per un bambino – ha proseguito – incontrare un maestro che dice ''non solo hai un futuro, ma hai anche la possibilità di scegliere'' è molto importante. Il ''maestro profeta'' è colui che da valore all’azione dei ragazzi, che instaura un confronto, che discute da conto ai ragazzi delle conseguenze delle scelte che vogliono compiere''.
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''Anche il maestro – ha proseguito Mantegazza - ha bisogno di maestri, ha bisogno di condividere la propria professione e confrontarsi con i colleghi, con i genitori, ma anche con tutti gli adulti che non sono genitore perché nel momento in cui incontrano dei ragazzi sono anche loro educatori. Il maestro deve continuare a mettere in discussione la propria professione, essendo consapevole dei propri limiti''.
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Mantegazza ha poi spiegato cosa don Milani intendesse per ''scrutare i segni dei tempi''. Un passaggio che affonda le proprie radici e trova un particolare significato alla luce del Concilio Vaticano II. Poi ha ricordato come sia importante evidenziare gli atti positivi che i ragazzi compiono a scuola, non solo quelli negativi. Sottolineando anche l’importanza di organizzare lo spazio e il tempo dell’educazione a seconda di ciò che si vuole fare, abbandonando le modalità preordinate.
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''I principali nemici del buon insegnamento sono: il nichilismo, il cinismo e la disperazione'' ha spiegato Mantegazza. ''Questi elementi non possiamo permetterceli come educatori''.
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Il pubblico ha successivamente interagito e dialogato con il docente dell’università Bicocca riflettendo su alcuni fenomeni odierni. Fra questi il delicato fenomeno dei suicidi fra i ragazzi, seconda causa di morte fra i giovani. ''Bisogna – ha risposto Mantegazza invitato ad affrontare questo tema – parlare della morte, anche se è difficile, sapendo che questa dimensione esiste e che noi la temiamo. Bisogna dare ai ragazzi l’opportunità di parlare di questo tema, sapendo che una prevenzione dei suicidi non può avvenire, ma è opportuno dare loro piccoli esempi di morti simboliche e rinascite simboliche come possono essere la fine di una relazione d’amore fra i giovani, la fine di un periodo scolastico, la fine di una partita sportiva persa, ecc…''.
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Lo spazio è andato poi ad affrontare la difficile situazione dell’integrazione dei bambini migranti in ambito scolastico. Un tema definito ''drammatico'' da Mantegazza alla luce delle difficoltà che la scuola incontra, a causa della propria rigidità organizzativa e della carenza di risorse, nell’attivare percorsi efficaci di integrazione.
L.A.
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