Accusato di aver sostituito un connazionale (residente nell'oggionese) all'esame per la patente. Indiano assolto dal giudice

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La Motorizzazione civile di Lecco
Assolto per non aver commesso il fatto. La testimonianza del suo datore di lavoro l'ha letteralmente tolto dai guai, determinando di fatto l'esito (positivo) dell'istruttoria dibattimentale in corso stamani al cospetto del giudice in ruolo monocratico Martina Beggio. In tribunale di Lecco è infatti comparso un giovane indiano domiciliato nel Lazio, chiamato a difendersi - fra le varie contestazioni a suo carico - dall'accusa di falsità materiale in certificato amministrativo commesso da privato. Lo stralcio lecchese era parte di un fascicolo ben più corposo aperto a seguito di indagini condotte dalla Polizia stradale di Bergamo che avrebbe individuato un sistema messo a punto per conseguire - in maniera illecita - la patente di guida. Per arrivare all'obiettivo i coinvolti nell'attività fraudolenta (perlopiù di nazionalità indiana e pakistana) avrebbero agito mediante la sostituzione di persone nel corso degli esami teorico-pratici e la falsificazione dei documenti identificativi e di soggiorno sul territorio nazionale. In pratica ci si sostituiva materialmente ai candidati (il più delle volte loro connazionali) che avrebbero dovuto sostenere gli esami di guida: si presentavano con documenti d’identità contraffatti, nei quali erano presenti i dati anagrafici degli interessati ad ottenere la patente, ma falsificati attraverso l’applicazione della loro fotografia.

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Un'immagine d'archivio della Polizia stradale

Gli esaminatori della Motorizzazione Civile, ovviamente all’oscuro di tutto, al superamento delle prove teorico e pratiche, rilasciavano patenti di guida che erano intestate ai reali interessati ma avevano le fotografie di chi invece invece effettivamente presentato a sostenere l’esame. Una volta conseguita la patente, gli effettivi intestatari dei documenti – che di fatto non avevano svolto alcuna prova d’esame - denunciavano falsamente lo smarrimento della patente e richiedevano alla Motorizzazione l’emissione del duplicato, allegando a tal fine una nuova fotografia, quella corretta. In questo modo l’effettivo intestatario otteneva definitivamente una patente del tutto regolare che lo abilitava alla guida di autoveicoli. Grazie alle indagini della Polstrada bergamasca i riflettori si erano accesi su un documento ritenuto sospetto, intestato ad un cittadino indiano all'epoca dei fatti residente a Garbagnate Monastero. Quest'ultimo avrebbe denunciato ai Carabinieri della stazione di Costa Masnaga lo smarrimento della propria patente, a pochi mesi dal conseguimento della stessa, riuscendo ad ottenerne una nuova. Gli accertamenti hanno messo però in evidenza come il primo documento rilasciato presentasse una fotografia differente dalla copia successiva; la palla è dunque passata agli uomini della Polizia scientifica della Questura orobica che, mediante l'utilizzo del SARI - sistema di riconoscimento facciale che utilizza un algoritmo di intelligenza artificiale - sono arrivati ad associare all'immagine (seppure con una percentuale del 53%) un nome, quello dell'odierno imputato. Un giovane originario dell'India (dove vive la sua famiglia) ma domiciliato in un centro del Lazio, ritenuto l'autore materiale della ''truffa'', colui che il 20 marzo 2019 si sarebbe presentato a Lecco per sostenere l'esame di teoria in Motorizzazione, con i documenti del connazionale.

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Il tribunale di Lecco

Una tesi smentita però dal titolare dell'imputato, il quale stamani ha escluso la possibilità che il giovane agricoltore indiano potesse essersi recato a Lecco; negli ultimi dieci giorni del marzo di quattro anni fa, lo straniero lavorava e dimorava nella sua tenuta. ''Non mi risulta che abbia la patente di guida e non parla la lingua italiana così bene'' ha detto il teste.
Parole che hanno di fatto scagionato l'imputato. Il vice procuratore onorario Caterina Scarselli ne ha infatti chiesto l'assoluzione ''per non aver commesso il fatto'', rilevando come peraltro la persona ritratta nella fotografia della prima versione della patente agli atti del processo non somigliasse al giovane indiano seduto accanto al proprio difensore, l'avvocato Ciapanna. Quest'ultimo, evidenziando la mancanza di prove capaci di provare la colpevolezza del proprio assistito, si è associato alle considerazioni espresse dalla PM. Stessa conclusione alla quale è giunto anche il giudice Martina Beggio qualche minuto più tardi. Per l'indiano giunto a Lecco dalla provincia di Latina, la vicenda giudiziaria si è chiusa senza strascichi. 
G.C.
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