Un presepe illuminato in mezzo e intorno tante incompiute
Sono comparse come le mele di stagione le luminarie nelle città e nei paesi. Sono in programmazione le solite piste di ghiaccio, le casette bolzan con i venditori di formaggio, torroni, profumi, lavande, matite, coltelli; la quantità e la dimensione dipende dallo spazio messo a disposizione dei comuni. Non mancheranno luci neogotiche proiettate sulle facciate degli edifici e qualche giocoliere; ci sarà un po’ di musica, in alcuni casi non mancherà il concerto di fine anno: così vissero felici e contenti.
L’altra parte della medaglia, per la città di Lecco, è il telone sul tetto del palazzo Cerghini del vecchio tribunale, che sta attendendo da quindici anni un nuovo vestito come regalo di Natale; oppure il compianto neoclassico Teatro della Società che ospita i necrofili cultori visitatori a pagamento nell’anno quinto della ristrutturazione; oppure la ventennale ristrutturazione dell’ex mutua (per i più anziani) in via XI febbraio; oppure l’abbandonata e desolata villa storica dell’ex Comune di Germanedo Villa Eremo in mano alle fragili manine dell’Asst di Lecco; oppure il caro e dimenticato cinema Lariano; oppure il trasandato e consumato Palazzo Bovara che merita almeno per Natale la tinteggiatura delle persiane che rischiano di marcire in attesa di un futuro incerto; oppure il Ponte Azzone Visconti tenuto come se fosse un ponte di ferro arrugginito; l’elenco potrebbe continuare con l’incompiuta Villa Manzoni.Ci sono cose che dovrebbero essere terminate da molto. Quante parole, quante fotografie scattate, quanti selfies. Bisognerebbe proiettare sulle facciate della città di questo presepe i selfies e le promesse dei politici delle cose fatte e da fare. Ci sono generazioni che speravano di vedere la sede di un nuovo comune, la ciclopedonale Lecco-Abbadia, la Lecco-Bergamo.
Per abbellire il presepe, la Provincia di Lecco lo potrebbe fare un regalo ai disabili (barriera) togliendo quel maledetto ponteggio impresentabile di Villa Locatelli che da più di cinque anni volteggia in via Volta. L’Asst invece potrebbe regalare e finire il Pronto Soccorso e sistemare la decennale ristrutturazione del CPS in via Tubi.
Al presepio manca una sala cinematografica pubblica, cioè civica. Ci sono solo tre sale pubbliche di proprietà delle parrocchie, per trovarne una, non connotata, bisogna andare fuori Lecco. La stessa cosa è per il teatro. Chissà quando si potrà ascoltare della musica in un auditorium?
Chissà se Babbo Natale farà riaprire almeno una vecchia sala ristrutturata, messe a norma o bisognerà adeguarsi all’attuale contesto?
La premura di allestire il presepe cittadino rivela un’angoscia profonda presente nel sottofondo sociale. Le luminarie hanno la capacità di risvegliare i contrasti, i conflitti, le disuguaglianze. C’è un bisogno di contrapporre all’oscurità del dolore, della distruzione, della paura, che è una costante di questi tre anni, il racconto di una immaginaria favola rassicurante.
Le luminarie, le immagini sulle facciate, il gioco dei colori funzionano come terapia collettiva per aumentare l’umore e per far accantonare le perplessità del quotidiano che contaminano il privato e il pubblico.
Le contraddizioni sono forti, ogni giorno c’è una rappresentazione, una narrazione di com’è pericoloso mettere il naso fuori dalla porta. C’è un presepe dall’altra parte del Mediterraneo che colora di zolfo, di macerie vicino alla mitica grotta o capanna, lì, le luminarie sono spente. E’ presto per accendere le luci nelle città e nei paesi.
L’altra parte della medaglia, per la città di Lecco, è il telone sul tetto del palazzo Cerghini del vecchio tribunale, che sta attendendo da quindici anni un nuovo vestito come regalo di Natale; oppure il compianto neoclassico Teatro della Società che ospita i necrofili cultori visitatori a pagamento nell’anno quinto della ristrutturazione; oppure la ventennale ristrutturazione dell’ex mutua (per i più anziani) in via XI febbraio; oppure l’abbandonata e desolata villa storica dell’ex Comune di Germanedo Villa Eremo in mano alle fragili manine dell’Asst di Lecco; oppure il caro e dimenticato cinema Lariano; oppure il trasandato e consumato Palazzo Bovara che merita almeno per Natale la tinteggiatura delle persiane che rischiano di marcire in attesa di un futuro incerto; oppure il Ponte Azzone Visconti tenuto come se fosse un ponte di ferro arrugginito; l’elenco potrebbe continuare con l’incompiuta Villa Manzoni.Ci sono cose che dovrebbero essere terminate da molto. Quante parole, quante fotografie scattate, quanti selfies. Bisognerebbe proiettare sulle facciate della città di questo presepe i selfies e le promesse dei politici delle cose fatte e da fare. Ci sono generazioni che speravano di vedere la sede di un nuovo comune, la ciclopedonale Lecco-Abbadia, la Lecco-Bergamo.
Per abbellire il presepe, la Provincia di Lecco lo potrebbe fare un regalo ai disabili (barriera) togliendo quel maledetto ponteggio impresentabile di Villa Locatelli che da più di cinque anni volteggia in via Volta. L’Asst invece potrebbe regalare e finire il Pronto Soccorso e sistemare la decennale ristrutturazione del CPS in via Tubi.
Al presepio manca una sala cinematografica pubblica, cioè civica. Ci sono solo tre sale pubbliche di proprietà delle parrocchie, per trovarne una, non connotata, bisogna andare fuori Lecco. La stessa cosa è per il teatro. Chissà quando si potrà ascoltare della musica in un auditorium?
Chissà se Babbo Natale farà riaprire almeno una vecchia sala ristrutturata, messe a norma o bisognerà adeguarsi all’attuale contesto?
La premura di allestire il presepe cittadino rivela un’angoscia profonda presente nel sottofondo sociale. Le luminarie hanno la capacità di risvegliare i contrasti, i conflitti, le disuguaglianze. C’è un bisogno di contrapporre all’oscurità del dolore, della distruzione, della paura, che è una costante di questi tre anni, il racconto di una immaginaria favola rassicurante.
Le luminarie, le immagini sulle facciate, il gioco dei colori funzionano come terapia collettiva per aumentare l’umore e per far accantonare le perplessità del quotidiano che contaminano il privato e il pubblico.
Le contraddizioni sono forti, ogni giorno c’è una rappresentazione, una narrazione di com’è pericoloso mettere il naso fuori dalla porta. C’è un presepe dall’altra parte del Mediterraneo che colora di zolfo, di macerie vicino alla mitica grotta o capanna, lì, le luminarie sono spente. E’ presto per accendere le luci nelle città e nei paesi.
Dr.Enrico Magni, Psicologo e giornalista