L'avvento di...Babbo Natale (?!)
È il 24 dicembre 2023.
Al tavolo d’angolo dell’osteria anche questo pomeriggio ci sono Giacum e Togn. I due inseparabili ''intellettuali a loro modo''. Persone vicino all’ottantina ma ferme e attive nelle loro decisioni sin dalla loro gioventù per il costante impegno civile.
Come una spia mi avvicino a loro perché oltre ad essere il nipote di Giacomo sono molto interessato ad ascoltare i loro ragionamenti ''filosofici'', datati alla loro infanzia e coerenti ai loro proverbi e sopratutto credenti nel valore della religiosità della festa del Santo Natale che a loro avviso al giorno d’oggi è solo un fatto commerciale.
''Molte sono le cose stupefacenti ma nulla è più stupefacente della mente del’uomo. Pensiero allo stesso tempo mirabile, imprevedibile o anche puerile e temibile''. Con questa affermazione, più che un interrogativo, nonno Giacomo esordisce mentre Ginee, (Ginetto, l’oste), serve loro il solito quartino con due bicchieri. Il riverbero del sole che precocemente scende illumina, quasi infastidisce i loro visi. All’apparenza già un po’ intristiti.
Togn, il compagno un po’più taciturno che tutto pretende di misurare, con l’occhio guizza e capisce dove vuole arrivare l’amico; l’assenza di spiritualità di questo Natale! L’amico non è un filosofo ma ha notato anche lui con stupore che fra le tante luci, addobbi e scenari vari manca un elemento che –penso non solo per loro- impreziosisca il Santo Natale.
Una tendenza a staccarsi dal sacro mistero dell’incarnazione per rifuggire nel bel pacco regalo sotto l’albero, il trenino, la bambola il panettone.
Nonno Giacomo è rigido in queste cose: ''non può esserci cultura nella storia e nel sistema sociale dell’uomo che non rechi visibile l’ispirazione di un vincolo di religione!'' sentenzia quasi indispettito puntando il suo bastone da passeggio a terra.
Poi una pausa per versare un goccio di vino. ''Ci sono varietà di espressione specialmente nell’arte per descrivere la sacralità, ogni religione ha la sua, ma io veramente questo bamboccione veccchio barbuto con quel suo trippone rosso malamente stretto da un cinturone, proprio non o posso vedere. Lo mettano nei supermercati per fare i loro affari ma non nelle case. Addirittura è sui muri che si arrampica come un ladro sulle finestre''.
Poi dopo aver bagnato rabbiosamente le labbra continua incurante di essere osservato dai presenti. ''Ogni religione è come una sinfonia al creatore. Variano i temi, l’acuto o il sommesso degli strumenti. Le note illustrano, descrivono dettagli e ne sprigionano ricchezze di vari sentimenti. Passaggi di umori, tonalità, interrogativi fondamentali della gioia, della sofferenza''.
Poi quasi ansimando aggiunge ancora: ''dell’amore e dell’odio, della giustizia e del sopruso, ma nessuna distrugge il tema universale ed umano mettendo fra gli orchestrali un buffo panciuto buffone che ''dona'' pacchi regalo e aumenti gli incassi dei profitti del Natale!''.
Neppure vicino al bancone dell’osteria nessuno parla. Persino il ''rosso'' Cin Cin è divenuto pure lui rosso in viso. Mostra un sorriso ironico di non credente. Indifferente rompe quell’atmosfera interrogativa e invita tutti a bere … alla romana però (ognuno paghi il suo!). ''La vita non è una benedizione, non è una felicità: su dai brindiamo, godiamola fin che abbiamo salute e soldi''!
Così ricomincia la casciara, la ''grande fuga in avanti'' così la definisce il nonno. E’ visibilmente offeso. A nulla vale la comprensione dell’amico: ''che peccato sprecare così la meraviglia dell’attesa''.
Serioso ma non arreso al momento di pagare il quartino che forse per la prima volta i due amici non hanno svuotato, nonno Giacum si qualifica la sua maturazione interna come credente: ''veniva nel mondo la luce vera, venne fra la sua gente ma i suoi non l’hanno accolto''.
Toglie dal giaccone una statuina di Gesù Bambino avvolto nella bambagia in una scatoletta o lo affida con affetto a Gineè l’oste pregandolo di trovare un posto ben adatto e ben visibile perché è Lui, quella statuina con le braccia aperte all’accoglienza, nonostante pare sia sempre più trascurato e sempre più dimenticato, il vero artefice e centralità della festa del Santo Natale.
Si apre una porta. Entra una luce e una voce festossa di bimbo si avvicina al nonno e donandogli un dolcetto gli canta : ''tanti auguri nonno, ti voglio tanto bene. A Natale veniamo a festeggiare a casa tua...vuoi?''.
Un caloroso abbraccio vicino a un pupazzo di Babbo Natale sigilla questo pomeriggio di vigilia che finisce ogni avvento!
Al tavolo d’angolo dell’osteria anche questo pomeriggio ci sono Giacum e Togn. I due inseparabili ''intellettuali a loro modo''. Persone vicino all’ottantina ma ferme e attive nelle loro decisioni sin dalla loro gioventù per il costante impegno civile.
Come una spia mi avvicino a loro perché oltre ad essere il nipote di Giacomo sono molto interessato ad ascoltare i loro ragionamenti ''filosofici'', datati alla loro infanzia e coerenti ai loro proverbi e sopratutto credenti nel valore della religiosità della festa del Santo Natale che a loro avviso al giorno d’oggi è solo un fatto commerciale.
''Molte sono le cose stupefacenti ma nulla è più stupefacente della mente del’uomo. Pensiero allo stesso tempo mirabile, imprevedibile o anche puerile e temibile''. Con questa affermazione, più che un interrogativo, nonno Giacomo esordisce mentre Ginee, (Ginetto, l’oste), serve loro il solito quartino con due bicchieri. Il riverbero del sole che precocemente scende illumina, quasi infastidisce i loro visi. All’apparenza già un po’ intristiti.
Togn, il compagno un po’più taciturno che tutto pretende di misurare, con l’occhio guizza e capisce dove vuole arrivare l’amico; l’assenza di spiritualità di questo Natale! L’amico non è un filosofo ma ha notato anche lui con stupore che fra le tante luci, addobbi e scenari vari manca un elemento che –penso non solo per loro- impreziosisca il Santo Natale.
Una tendenza a staccarsi dal sacro mistero dell’incarnazione per rifuggire nel bel pacco regalo sotto l’albero, il trenino, la bambola il panettone.
Nonno Giacomo è rigido in queste cose: ''non può esserci cultura nella storia e nel sistema sociale dell’uomo che non rechi visibile l’ispirazione di un vincolo di religione!'' sentenzia quasi indispettito puntando il suo bastone da passeggio a terra.
Poi una pausa per versare un goccio di vino. ''Ci sono varietà di espressione specialmente nell’arte per descrivere la sacralità, ogni religione ha la sua, ma io veramente questo bamboccione veccchio barbuto con quel suo trippone rosso malamente stretto da un cinturone, proprio non o posso vedere. Lo mettano nei supermercati per fare i loro affari ma non nelle case. Addirittura è sui muri che si arrampica come un ladro sulle finestre''.
Poi dopo aver bagnato rabbiosamente le labbra continua incurante di essere osservato dai presenti. ''Ogni religione è come una sinfonia al creatore. Variano i temi, l’acuto o il sommesso degli strumenti. Le note illustrano, descrivono dettagli e ne sprigionano ricchezze di vari sentimenti. Passaggi di umori, tonalità, interrogativi fondamentali della gioia, della sofferenza''.
Poi quasi ansimando aggiunge ancora: ''dell’amore e dell’odio, della giustizia e del sopruso, ma nessuna distrugge il tema universale ed umano mettendo fra gli orchestrali un buffo panciuto buffone che ''dona'' pacchi regalo e aumenti gli incassi dei profitti del Natale!''.
Neppure vicino al bancone dell’osteria nessuno parla. Persino il ''rosso'' Cin Cin è divenuto pure lui rosso in viso. Mostra un sorriso ironico di non credente. Indifferente rompe quell’atmosfera interrogativa e invita tutti a bere … alla romana però (ognuno paghi il suo!). ''La vita non è una benedizione, non è una felicità: su dai brindiamo, godiamola fin che abbiamo salute e soldi''!
Così ricomincia la casciara, la ''grande fuga in avanti'' così la definisce il nonno. E’ visibilmente offeso. A nulla vale la comprensione dell’amico: ''che peccato sprecare così la meraviglia dell’attesa''.
Serioso ma non arreso al momento di pagare il quartino che forse per la prima volta i due amici non hanno svuotato, nonno Giacum si qualifica la sua maturazione interna come credente: ''veniva nel mondo la luce vera, venne fra la sua gente ma i suoi non l’hanno accolto''.
Toglie dal giaccone una statuina di Gesù Bambino avvolto nella bambagia in una scatoletta o lo affida con affetto a Gineè l’oste pregandolo di trovare un posto ben adatto e ben visibile perché è Lui, quella statuina con le braccia aperte all’accoglienza, nonostante pare sia sempre più trascurato e sempre più dimenticato, il vero artefice e centralità della festa del Santo Natale.
Si apre una porta. Entra una luce e una voce festossa di bimbo si avvicina al nonno e donandogli un dolcetto gli canta : ''tanti auguri nonno, ti voglio tanto bene. A Natale veniamo a festeggiare a casa tua...vuoi?''.
Un caloroso abbraccio vicino a un pupazzo di Babbo Natale sigilla questo pomeriggio di vigilia che finisce ogni avvento!
Benvenuto Perego, Cassago