Crisi in Ecuador: il racconto del volontario Beppe Tonello, condiviso dalla casatese Sara Nannini
L'Ecuador è nel caos. Tra il 7 e il 9 gennaio scorsi nel Paese dell'America Latina sono accaduti una serie di gravi episodi - in una vera e propria escalation di violenza - che hanno portato il presidente Daniel Noboa a proclamare lo stato di emergenza. La misura, che resterà in vigore per sessanta giorni, prevede un coprifuoco nelle ore notturne, dalle undici di sera alle cinque di mattina, la possibilità per il governo di mandare i militari nelle strade e nelle carceri e la limitazione di alcuni diritti per i cittadini, come quello di assemblea. Insomma, una situazione veramente difficile che ha contribuito ad accendere sul Paese, i riflettori delle cronache internazionali.
Abbiamo dunque interpellato Sara Nannini - nota a Casatenovo per l'impegno nell'associazionismo e profondamente legata all'Ecuador - per fare chiarezza sulla situazione. Ecco il suo contributo:
Abbiamo dunque interpellato Sara Nannini - nota a Casatenovo per l'impegno nell'associazionismo e profondamente legata all'Ecuador - per fare chiarezza sulla situazione. Ecco il suo contributo:
Sono nata in Ecuador da genitori italiani che erano là con mia sorella in qualità di volontari. Sono tornata otto volte in quel Paese a me tanto caro. Desidero anche sottolineare che esiste un forte legame tra la popolazione di Casatenovo e l’Ecuador per l’impegno pluridecennale di molti volontari casatesi.
Per comprendere quanto sta accadendo oggi in Ecuador, riporto qui di seguito le considerazioni di Bepi Tonello, volontario italiano che opera nel Paese da 53 anni.
Cari amici e amiche, ho ricevuto molte richieste di informazioni. Voglio essere sintetico: quello che è successo martedì scorso in Ecuador non è più grave di ciò che succede purtroppo tutti i giorni, solo che questa volta c’è stata la spettacolarità dell’assalto a un canale della televisione pubblica dell’Ecuador e questo ci ha portato ad essere notizia in tutto il mondo. Ora la situazione è tranquilla, i servizi pubblici funzionano, la gente lavora, si circola normalmente per le strade.
La cosa grave è che in Ecuador, specialmente nelle province della costa sull’oceano Pacifico, la violenza è ormai cronica.
La polizia ha informato ufficialmente che nel 2023, in un Paese che conta 18 milioni di abitanti, sono morte per mano di bande criminali ben 8008 persone, più di 20 al giorno. La maggioranza dei delitti è conseguenza del narcotraffico.
Da quasi sette anni abbiamo governi di estrema destra che applicano ricette neoliberiste, promovendo la concentrazione della ricchezza invece che la sua giusta distribuzione. Questo modello politico riduce la presenza dello Stato e finisce per lasciare campo libero alla criminalità organizzata.
In questi anni sono diminuiti i servizi sanitari ed educativi, non si fa la manutenzione delle opere pubbliche, non si costruiscono nuove strade, scuole, ospedali, è aumentata la disoccupazione, non c’è fiducia nel sistema giudiziario. Molta gente sta tentando di emigrare verso i Paesi del nord come negli anni della grande crisi (1998-2003).
Lo Stato è assente. Il vuoto lasciato dallo Stato viene riempito da presenze criminali. Le carceri sono controllate dalle bande dei narcotrafficanti, si paga il pizzo per mantenere aperti i negozi, e potrei continuare.
Lo Stato risponde con l’aumento degli investimenti per la polizia e le forze armate, mentre sarebbe molto più utile spendere soldi per l’educazione, la salute e il lavoro della gente.
Avevamo un Paese che funzionava e adesso non funziona più.
Questa situazione a noi - GSFEPP, Codesarrollo, FUNDER, Camari, ecc.-
ci impegna più di prima. Vogliamo essere un segno, specialmente per i giovani, e far comprendere a loro che, anziché l’emigrazione o la criminalità, conviene scegliere alternative come l’organizzazione popolare, la formazione professionale, l’accesso al lavoro e a mercati equi, insomma una società fondata su pace, giustizia, prosperità e fratellanza.
Grazie a tutti coloro che ci vogliono bene e ci aiutano.