Sirtori ricorda il dramma delle Foibe con una serata. Ospiti due Esuli

S’intitolava ''Non dimentichiamo'' l’evento promosso dall’amministrazione comunale di Sirtori, in scena presso l’Aula Magna della scuola primaria di Via Pineta nella serata di venerdì. Al centro dell’approfondimento il dramma vissuto dagli Esuli di Istria, Dalmazia e Quarnaro.
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I relatori della serata insieme agli amministratori sirtoresi Rosa, Paschetto, Belletti


Coincide infatti con l'appena trascorso 10 febbraio, la data del Trattato di Pace parigino del 1947 in cui, a seguito della sconfitta della Seconda Guerra Mondiale, questi territori, prima italiani, vennero ceduti, provocando la morte di 10.000 persone ed infine l’Esodo di 350.000 abitanti. L'Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia di Lecco ha messo a disposizione dei presenti il proprio materiale illustrativo, affiso su grandi tavole all’interno della sala.
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Giuseppe Lentini e Adriano Jadran Savarin, entrambi esuli, hanno raccontato la propria drammatica storia e le tristi vicende di quella parte di Italia ceduta ai comunisti Jugoslavi.  ''Testimoniare è importante, ancor più fermarsi a riflettere insieme sulle drammatiche vicende che riguardano la nostra storia, di cui spesso di parla poco. Credo che questa sia un’occasione di riflessione importante, ringrazio gli ospiti per la loro preziosa testimonianza'' ha detto il sindaco Matteo Rosa salutando il pubblico intervenuto. Erano presenti anche il vicesindaco Tiziano Paschetto e il consigliere Paolo Belletti.
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Giuseppe Lentini e Adriano Jadran Savarin

La tragica storia si apre subito dopo la firma del Trattato di Pace di Parigi del ’47, che ''regolava i conti'' al termine della Seconda Guerra Mondiale. ''L’oblio che ha accompagnato il dramma delle foibe non può rimanere relegato al giorno del Ricordo, istituitosi il 10 febbraio, non basta per non cancellare i non detti, le omissioni, e le scelte di una classe dirigente che ha volutamente guardato dall’altro parte. Il trattato chiedeva all’Italia di «restituire» alla Jugoslavia l’Istria, con le città di Fiume e Zara e le isole di Cherso e Lussino, composte da quasi 836.129 abitanti. E, inoltre, prevedeva il diritto da parte della ex Jugoslavia di requisire tutti i beni dei cittadini italiani. A luglio il testo approdò davanti all’Assemblea Costituente per la ratifica. E fu un plebiscito: su 410 presenti 262 votarono sì, 68 no, mentre in 80 si astennero'' hanno spiegato i relatori, evidenziando la drammaticità di quella parte d’Italia che si è vista amputata.
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Ancor prima della formale entrata in vigore del Trattato, infatti, iniziarono le operazioni di ''slavizzazione'' della Venezia Giulia. ''I bilanci certamente peccano spesso in difetto, ma si calcola che tra il 1945 e il 1956, circa 350.000 italiani fuggirono dall’Istria, da Zara, Fiume e dalle isole, e si ritrovarono profughi lungo la Penisola. Chi raccontò questo nostro lungo esodo? Nessuno. Forse per una certa ideologia post-bellica i profughi erano dei relitti repubblichini. La parte giusta era quella dei partigiani jugoslavi. Parlare dunque di identità nazionale sarebbe sembrato fascista, meglio tacere. Nasce da qui il grande inganno della storiografia ufficiale. Condizionata dall’antifascismo militante con la connivenza della cultura cattolica che non voleva su di sé i sospetti di connivenze con un passato che andava cancellato. Ad ogni costo. I brani dei manuali di storia citati sono capolavori di equilibrismo. Mai, salvo rarissime, forse uniche eccezioni, si fa riferimento alle foibe. E molto spesso la vicenda del confine orientale viene raccontata come la cessione di territori abitati da prevalente popolazione slava. Quasi un atto dovuto, accompagnato dalla sottolineatura che comunque, nel 1954, Trieste fu restituita alla sovranità di Roma'' hanno aggiunto, evidenziando la trattazione spesso approssimativa, che non ha dedicato il giusto spazio a questa drammatica vicenda.
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Migliaia furono gli italiani che vennero uccisi. Le cavità irraggiungibili delle foibe non permettono una quantificazione esatta ma si pensa che l’episodio drammatico abbia coinvolto circa 6.000 persone, alle quali vanno aggiunte più di 3000 persone scomparse nei Gulag di Tito. 
Per non essere massacrati, non restava che l’Esodo. Fu infatti l’Esodo di quasi tutta la popolazione della Venezia Giulia e della Dalmazia terrorizzata dalle prospettive di una dittatura, che, nel progetto di annessione, non avrebbe certamente escludo l’uso di metodi coercitivi. 
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Per restare liberi i profughi istriani, fiumani, giuliani e dalmati fuggirono in Italia con ogni mezzo, raggiungendo i campi profughi in condizioni drammatiche. ''In questo quadro noi vittime dei partigiani di Tito, non sembravamo avere più cittadinanza, eppure è bene ricordare l’imperdonabile orrore che ci ha colpiti, e che ha colpito tutta l’umanità. Dobbiamo tramandarla alle generazioni più giovani'' hanno aggiunto in chiusura i relatori, ringraziando i presenti.
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Sa.A.
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