Molteno: la storia di Sara Anceschi in una serata di ''Raccontiamo l’adozione''

Sara Anceschi, insegnante di scuola primaria, mamma di due bambini, si è definita subito una figlia. ''Sono arrivata a essere figlia grazie all’adozione, ma quest’aggettivo, pur facendo parte della mia vita, non la condiziona. Io mi ritengo figlia di mamma Anna e papà Giancarlo'' ha detto aprendo la serata promossa dall’associazione ''Raccontiamo l'adozione ODV'' presso la sala consiliare di Molteno venerdì 23 febbraio. 
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Sara Anceschi (terza da destra) con i membri dell'associazione e del Comune

''Ringraziamo l’amministrazione comunale che ci ospita e le persone presenti. Abbiamo pensato alla serata come una chiacchierata. Siamo contenti di poterlo fare davanti a un pubblico diverso, nel nostro progetto di Libroforum che è la novità di quest’anno. L’anno scorso avevamo fatto due serie di cineforum e, avendo finito i film tematici a disposizione, ci siamo spostati sui libri, creando per quest’anno un calendario con 9 appuntamenti'' ha detto la presidente dell’associazione Roberta Bosisio. ''Il libro di Sara è una bella storia dove si normalizza l’adozione. È un libro positivo, in cui lei racconta di come vuole bene ai genitori e per noi genitori adottivi è proprio un bel messaggio''. Riccardo Nebel, pedagogista, mediatore familiare e counsellor, ha moderato l'incontro rimarcando l’importanza di ''chiedersi, porsi le domande poi chiedere ad altri, ascoltare e poi costruire risposte''. 
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Il libro, come ha raccontato l'autrice Sara, è nato come una raccolta di pensieri da lasciare al figlio primogenito per conoscere la storia della madre, che è sempre parte della sua. Poi, gli appunti hanno preso forma fino a diventare un libro dal titolo ''Mamma, tu in che pancia sei nata?'', l'interrogativo postole dal figlio maggiore. ''Eravamo in auto, non parlavamo di nulla che avesse avuto a che fare con l’adozione e lui mi ha fatto questa domanda che non mi aspettavo - ha raccontato Sara - Nonostante conoscesse la mia storia, era una domanda grande. Non sapevo cosa rispondergli, ma quando i bambini fanno le domande vogliono subito la risposta. Così ho detto la verità, ovvero che non lo sapevo. Ho visto il suo sguardo nello specchietto retrovisore e ho capito che ci è rimasto male, ma è la verità. La sua domanda, ho capito, nasceva dal fatto che io gli abbia sempre raccontato la verità''.
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Sara è nata 39 anni fa a Salvador, capitale dello stato di Bahia, nel Nordest del Brasile, dove è stata lasciata su una panchina, senza documenti. Quando aveva soltanto 40 giorni, ha fatto un viaggio di sola andata verso l’Italia dove è stata cresciuta da una famiglia della provincia di Torino. ''Mio papà mi proponeva spesso di andare in Brasile: ci teneva perché è il luogo che gli ha dato ciò che a lungo aveva desiderato. Ho sempre detto di no, ma dopo la tesi di laurea in cui ho analizzato l’adozione non da figlia, ma dall’esterno, ascoltando le famiglie che erano diventate genitori adottivi, ho capito che potevo essere pronta per andare a conoscere il posto che i miei genitori mi avevano raccontato con parole e testimonianze fotografiche. La tesi mi è servita ad analizzare l’adozione non più da protagonista ma da persona esterna perchè ho letto quello che era stato scritto sull’adozione dal punto di vista sociologico e giuridico. Il viaggio di ritorno alle origini, non l’ho fatto per cercare qualcosa o qualcuno e non avevo aspettative'' ha detto Sara.
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Così il 25 aprile di vent'anni fa, la famiglia si imbarca alla volta del Brasile. ''Mio papà non si aspettava di sentirsi dire che avevo voglia di fare quel viaggio da lui tanto atteso, mentre mia mamma era spaventata perché temeva mi riconoscessero e potessero trattenermi. Mi sono più sentita straniera nel mio paese di origine che in Italia. Mi ha fatto sentire straniera lo sguardo delle persone, che era quasi accusatorio: dal punto di vista somatico, sono simile a loro, quindi mi parlavano convinti che li capissi, ma io non capivo e loro non riuscivano a spiegarsi perchè non li capivo''. 
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Sara ha aggiunto di aver realizzato i suoi due più grandi sogni: diventare insegnante e mamma, che ha descritto come l’emozione più grande della sua vita. ''I miei figli non mi assomigliano per niente, ma sono i miei figli e poco importa. La differenza dal punto di vista somatico attira gli sguardi. Una volta eravamo io e i miei genitori a destare l'attenzione, ora sono io e i miei figli. La diversità colpisce e crea osservazioni. Spero che i miei figli imparino a farsi la corazza, a rimanerci meno male''.
L’ospite della serata si è raccontata, dialogando con il pubblico e rispondendo alle numerose domande che la sua storia e la sua consapevolezza hanno suscitato. ''Ai miei figli ho sempre raccontato la verità perché la mia storia fa parte anche di loro e ne sono molto orgogliosi. L’adozione non ci definisce: l’aggettivo adottivo non ci deve accompagnare per tutta la vita. Non si deve cristallizzare quella situazione, bisogna andare oltre e purtroppo non tutti riescono. È importante secondo me trasmettere questo messaggio perché l’adozione è parte della vita ma non è tutto''.
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Il prossimo appuntamento con l’iniziativa Libroforum è in programma il 22 marzo a Lecco, mentre con il prossimo mese è previsto un incontro di letture per bambini a Bellano.
M.Mau.
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