Oggiono: quattro ciclisti del Velo Club alla Parigi-Roubaix

Sembra che a chiamarla ''inferno del nord'', per la prima volta, fu il giornalista francese Victor Breyer. Era il 1919, si correva attraversando le macerie della Grande guerra. Più di un secolo dopo, lei è cambiata poco. Fango, acqua, terra, cadute, pioggia, sole, vento, nuvole di polvere sono sempre lì. Ad attendere e accompagnare i corridori più temerari. Ma, soprattutto, a non essere cambiato è il suo pavé. Le pietre sconnesse, viscide, scivolose. Le pietre amore e odio della corsa più bella del mondo: la ''regina delle classiche'', la ''classica monumento per eccellenza'', ''l'inferno del nord''. La Parigi – Roubaix.  Semplicemente, la Roubaix.
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Domenica scorsa i ciclisti professionisti hanno corso lungo i 260 chilometri che separano la capitale francese dal velodromo André-Pétrieux percorrendo 29 tratti in pavé. Percorsi sconnessi classificati da una a cinque stelle, a seconda del grado di difficoltà. Il campione del mondo Mathieu van der Poel si è aggiudicato la gara bissando il successo dello scorso anno.
Nella giornata di sabato si è svolta la Parigi-Roubaix Challenge riservata ai ciclo amatori. Ad affrontare i 260 chilometri del percorso e compiere un’impresa di prim’ordine, vi erano anche Stefano Lago, Filippo Vismara, Davide Frigerio e Sebastiano Vavassori. Tutti e quattro ciclisti del Velo Club di Oggiono.
Una gara caratterizzata dal clima primaverile, come spesso accade in questa parte della Francia verso il confine con il Belgio. Acqua e fango non sono mancati il venerdì, giorno del sopralluogo. Fortunatamente, un vento caldo ha asciugato buona parte del tracciato prima della partenza di sabato. Il percorso dei cicloamatori non ha tralasciato i tratti più iconici di questa classica del ciclismo.
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A partire dalla foresta di Arenberg. Per gli appassionati di ciclismo e per i corridori un luogo magico e drammatico al tempo stesso. Il bosco è tagliato in due da un rettilineo che si perde a vista d’occhio. Appare infinito. Il fondo è in pietra. Uno dei tratti di pavé più difficili di tutta la gara. Impegnativo, perché affrontato cercando di dare il massimo proprio là dove i sassi del selciato fanno di tutto per farti scivolare a terra e ti scuotono nel profondo con vibrazioni che impediscono di pedalare come vorresti.
Una lotta infinita contro sé stessi, tanto quanto infinita sembra la foresta e la strada che l’attraversa. Quando mancano ancora 19 tratti in pavé al traguardo, la foresta di Arenberg sancisce già un prima e un dopo nella gara. Perdere il contatto con il gruppo può significare non rientrare mai più in corsa. ''E’ il tratto in pavé che non dimenticheremo mai, per il fondo viscido, irregolare, e la sua difficoltà'' spiegano i ciclisti del Velo Club di Oggiono.
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Non bastasse, il tracciato dei cicloamatori ha previsto anche i passaggi sul pavé di Mons-en-Pévèle e sul Carrefour de l'Arbre. Due tratti iconici definiti ''insidiosi e complicati'' dai ciclisti oggionesi. Non sono mancate scivolate a terra, tipiche di questa corsa e molto frequenti anche fra i professionisti.
La gara, oltre che massacrante per gli atleti, mette a dura prova la meccanica delle biciclette. Anche ai quattro ciclisti del Velo Club non sono mancati problemi. Una ruota rotta, catene saltate e deragliatori messi in crisi. Alle insidie e alle fatiche del tracciato si sono uniti i guasti meccanici.
A fare la differenza, e dare una spinta in più, è stato il tifo, come ricorda Lago: ''E’ bello e piacevole vedere i tifosi che ci incoraggiavano come se fossimo dei corridori professionisti''.
Provati dalla fatica gli ultimi tratti di pavé che si susseguivano a breve distanza da Bourghelles a Gruson sono apparsi infiniti e difficili da affrontare mentalmente. ''Contavamo i chilometri al traguardo'' ricordano.
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La fatica e la sofferenza hanno lasciato il posto alla soddisfazione di fronte al settore di pavé numero uno. L’ultimo del tracciato, poco più di una pista ciclopedonale, che guida gli atleti verso il velodromo di Roubaix, per i ciclisti il velodromo della leggenda.
Un luogo dove professionisti e cicloamatori, entrano, negli anni in cui il clima nordico non ha pietà, completamente ricoperti di fango a tal punto da apparire irriconoscibili. Dopo 259 chilometri su strade d’altri tempi, anche per i ciclisti oggionesi l’ingresso nel velodromo André-Pétrieux ha rappresentato il coronamento del sogno che ogni cicloamatore vorrebbe realizzare almeno una volta nella vita. ''Un’emozione impagabile con la sensazione di aver compiuto un’impresa che resterà nella memoria di ciascuno di noi''.
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''Una grande soddisfazione'' aggiunge Lago. ''Ripercorrere le strade della Roubaix è emozionante, ti senti il protagonista di una leggenda e non uno spettatore''.
Gli atleti del Velo Club non sono nuovi a imprese di questo genere. Negli scorsi anni hanno affrontato altre due classiche del nord: il Giro delle Fiandre nel 2022 e la Liegi Baston Liegi l’anno scorso. Nella giornata di domenica si sono concessi un meritato riposo osservando da spettatori i corridori professionisti affrontare il pavé durante la 121esima edizione della ''regina delle classiche''OGGIONO_VELO_CLUB_ROUBAIX_1.jpg (395 KB). Mathieu van der Poel, senza compiere un vero e proprio scatto, ma con un allungo di potenza sul pavé, che per un attimo ha ricordato quello con cui Johan Museeuw vinse nel 2002, ha staccato tutti. Una funambolica corsa nella corsa in solitaria, durata 60 chilometri, senza lasciare scampo a tutti gli altri. Rifilando tre minuti al secondo classificato. Un’azione da altri tempi, una storia da Roubaix.
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L.A.
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