'Restiamo umani': a Bulciago un evento in ricordo di Vittorio Arrigoni

Quella di Vittorio Arrigoni, attivista e scrittore bulciaghese rapito e ucciso a Gaza nel 2011, è la storia di una persona che ha fatto di tutto per “restare umana” di fronte alla guerra e alla sofferenza. Una vicenda, la sua, costellata da difficoltà, che lo ha portato a contatto quotidiano con la morte, e che è necessario ricordare oggi più che mai. Lo si è fatto ieri, attraverso le parole scritte da lui e pronunciate ad alta voce di fronte a decine di cittadini dalla mamma Egidia Beretta
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Egidia Beretta

La biblioteca di Bulciago, infatti, ha ospitato un evento intitolato “Vittorio Arrigoni. Restiamo umani” nel corso del quale quest'ultima ha dato modo ai presenti – tra cui tanti membri dell’Amministrazione comunale Cattaneo – di ripercorrere la vita del figlio, dedito al prossimo e contro ogni tipo di guerra, utilizzando immagini di repertorio, parole ed emozioni. Dopo la visione di alcuni brevi spezzoni documentaristici con protagonista Vittorio e la sua storia girati proprio nella Striscia di Gaza, la mamma ha voluto portare all’attenzione alcune delle tappe fondamentali della vita dell’attivista, scavando in profondità anche negli anni dell’infanzia.
Sin dalla tenera età, infatti, Arrigoni ha sempre dimostrato il suo animo volenteroso nell’aiutare il prossimo: la sua intera esistenza, secondo Egidia, è stata “un viaggio interiore per cercare il senso della vita”. Vittorio frequentava solo le scuole elementari quando iniziò a porsi domande sul perché fosse venuto al mondo, trascorrendo anni inquieti accompagnati da sentimenti ben più grandi della sua età, tanto che in un tema scolastico arrivò a scrivere che “per avere la pace devo guardare intorno a me e vedere se tutti hanno la libertà di lavorare, amare e pregare”. 
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Dopo gli studi, Vittorio cominciò a lavorare a fianco del padre Ettore nell’azienda di famiglia, ma il suo animo continuava ad essere irrequieto. “D’estate, non appena aveva modo di prendersi qualche settimana di ferie, ne approfittava per frequentare campi di lavoro internazionali, nei quali aveva modo con piccoli lavoretti di aiutare il prossimo” ha raccontato sua mamma. Le esperienze “sul campo” lo hanno portato dunque nell’est dell’Europa, ma il suo cuore iniziò a battere più forte quando nel 2002 incontrò la Palestina per la prima volta. A Gerusalemme ovest, infatti, Vittorio venne incaricato di occuparsi della messa a nuovo di uno spazio ludico, ed è proprio in questa parte della città che affermava di “respirare spiritualità da ogni pietra”. 
Egidia, però, ha raccontato come le cose siano mutate rapidamente quando il giovane è entrato a contatto con Gerusalemme est, abitata dai palestinesi e occupata dal 1967. Dopo il rientro in Italia, infatti, Vittorio non riusciva a smettere di pensare a quel luogo, ai cittadini terrorizzati e agli uomini armati fino ai denti: sarà proprio in Palestina che l’attivista troverà il senso della vita, finendo a sua insaputa sulla “lista nera di Israele”. 
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Gli anni successivi, dunque, furono contraddistinti per lui dalla volontà di entrare a contatto con il popolo che abitava la Striscia di Gaza, cercando di dare una mano per quanto possibile: questo lungo periodo è caratterizzato dalla collaborazione con la Ong International Solidarity Movement. Vittorio, nonostante le difficoltà e l’arresto in Israele nel 2005, non si lasciò intimorire e continuò nel suo progetto, intensificandolo a partire dal 2008 e poi fino alla morte, in quell'arco di tempo che mamma Egidia ha definito “l’inizio della fine”. 
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Come mostrato nel documentario dell’attivista, infatti, in quegli anni lui e i compagni della Ong ISM si misero a totale disposizione dei cittadini, aiutando pescatori e agricoltori e svolgendo anche la funzione di “scudi umani” per i palestinesi disarmati attaccati sul posto di lavoro da Israele. “Più prendo botte più cresce in me un innato desiderio di riscatto”, le parole che Vittorio scrive in quegli anni nelle sue tante corrispondenze, tra cui la collaborazione con il Manifesto, racchiuse poi in diversi libri. “Sul finire del 2009, dopo la presentazione del suo volume "Restiamo umani", la nostra famiglia ha visto Vittorio per l’ultima volta prima che partisse di nuovo per la Palestina” ha proseguito Egidia.
Tra soccorsi sulle ambulanze e lotta per la sopravvivenza, dunque, l’attivista e scrittore bulciaghese trascorse mesi durissimi lontano da casa, soprattutto quando venne a sapere della malattia del padre e fece di tutto per poter tornare in Brianza ad assisterlo. “Proprio quando stava prendendo contatti per farlo, Vittorio venne sequestrato con l’inganno e ucciso da un gruppo di terroristi nella notte tra il 14 e il 15 aprile del 2011” ha ricordato la mamma, tra il silenzio dei presenti. 
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Una vita, dunque, spesa per aiutare civili in difficoltà e conclusasi troppo presto, quella dell’attivista, che non ha però lasciato un vuoto in quanti lo hanno conosciuto, bensì uno spazio pieno di sogni e speranza. “Il funerale di mio figlio si è svolto a Bulciago nel giorno di Pasqua. Questa data è simbolica perché è stato per me un momento di immenso dolore, nel quale però ho avuto modo di realizzare quanto amore lo circondava” ha ricordato Egidia, riferendosi alle centinaia di persone che sono giunte da tutta Europa per salutare Vittorio, che "è ancora vivo e ci ha lasciato in eredità i suoi sogni, quelli per cui voleva essere ricordato". 
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"Tutti noi dobbiamo intraprendere, ognuno a suo modo, la via della difesa dei diritti umani” ha concluso Egidia. Al termine della presentazione, nel corso della quale i cittadini presenti hanno avuto modo di riascoltare gli scritti di Vittorio risalenti alla sua esperienza umanitaria, a prendere la parola è stata un’ospite molto speciale, ovvero l’attrice e conduttrice Giorgia Würth, che ha vissuto con emozione l’intero evento. Quella di Vittorio, dunque, è stata una vita fatta di sogni e desideri forse utopici, ma talmente concreti nel suo animo che sembravano essere più reali della drammatica verità che vedeva ogni giorno attraverso gli occhi, ma mai con il cuore. 
S.L.F.
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