Casatenovo: ordinanze sulla ex Vismara inottemperate? Il PM chiede il proscioglimento di Ferrarini
Il vice procuratore onorario Mattia Mascaro aveva chiesto il non doversi procedere per ''tenuità del fatto''. Il giudice ha chiuso l'udienza rinviando per eventuali repliche al prossimo 2 luglio; in quella sede si potrà conoscere l'esito del procedimento penale a carico di Luca Ferrarini, all'epoca dei fatti legale rappresentante della Vismara spa. L'imprenditore emiliano è chiamato a rispondere di ''inosservanza dei provvedimenti dell'autorita'' secondo quanto previsto dall'articolo 650 del codice penale, a seguito della presunta inottemperanza di ordinanze comunali contingenti ed urgenti in merito alla messa in sicurezza degli immobili casatesi, al centro come noto di un progetto di riqualificazione sino ad oggi mai decollato. Un tema spinoso, peraltro al centro da anni del confronto politico e pure della campagna elettorale che sta ''animando'' le ultime settimane, in vista del voto del prossimo 8 e 9 giugno.
Nel febbraio 2022 il sindaco Filippo Galbiati aveva chiesto alla società di effettuare interventi a garanzia della pubblica incolumità presso il comparto industriale ormai abbandonato che si estende fra Via Mameli, Via don Rossi e Via Manzoni; qui forti raffiche di vento avevano provocato il distacco di alcune lamiere ed i conseguenti accertamenti da parte di Vigili del Fuoco ed ufficio urbanistica del Comune. La prima ordinanza era stata emessa dall'amministratore il 7 febbraio, ma ritenendo che il privato non avesse ottemperato completamente alle indicazioni contenute nel documento inviato dal Comune, il primo cittadino ne aveva firmato un secondo, chiedendo alla società la messa in sicurezza delle strutture presenti all'interno dell'ex salumificio. Dalla relazione a firma del responsabile dell'ufficio urbanistica del Comune e da quanto prodotto dal comando dei vigili del fuoco - intervenuti per un primo intervento a seguito delle forti raffiche di vento che avevano provocato il distacco di alcune parti all'interno dell'area dell'ex salumificio - sarebbe infatti emersa la necessità di un'ulteriore azione urgente ed immediata, per la garanzia della pubblica incolumità. L'obiettivo dell'ente era quello di ''prevenire distacchi con pericolose ricadute di lamiere sulle aree limitrofe pubbliche e private''.A fronte di presunte inottemperanze da parte della società proprietaria dell'area rispetto a quanto richiesto in forma scritta, era dunque scattata la segnalazione alla Procura della Repubblica, con un decreto penale di condanna emesso a carico di Luca Ferrarini, che nel luglio 2020 era divenuto presidente della società, carica precedentemente rivestita dal fratello Lucio. Un provvedimento nei confronti del quale l'imprenditore - tramite i propri legali - si è però opposto, con la conseguente apertura di un procedimento a suo carico, incardinato al cospetto della dottoressa Bianca Maria Bianchi, presidente della sezione penale del Foro lecchese.Prevista per quest'oggi l'escussione di un ultimo teste della difesa prima di chiudere l'istruttoria, al quale però l'avvocato Giulio Garuti - che assiste di fiducia Luca Ferrarini - ha rinunciato. A quel punto il giudice ha invitato le parti a discutere. La breve requisitoria del PM, che ha appunto chiesto il non doversi procedere (secondo l'articolo 531 cpp), ha lasciato spazio all'intervento del difensore dell'imputato. Un'arringa articolata quella del penalista del Foro di Modena, che ha messo in luce alcune circostanze. Innanzitutto lo status dell'ex comparto Vismara, dichiarato dal 2017 ''collabente'', dunque in condizioni di degrado, non agibile e incapace di produrre reddito. Una condizione che a detta dell'avvocato Garuti impedirebbe qualsiasi intervento capace di certificarne la sicurezza. Impossibile dunque, secondo la difesa, ottemperare ad alcuni dei punti contenuti nell'ordinanza; richieste definite ''paradossali'' dal legale che ha poi sottolineato come, nonostante le difficoltà economiche, Vismara spa avesse messo in atto tutti gli interventi richiesti dal Comune per impedire l'accesso al sito da parte di terzi. Sigillate porte, finestre, piombati i tombini, posti dei cartelli ad indicare la proprietà privata dell'area e altro ancora.Secondo Garuti inoltre, la presenza di uno dei pannelli che rivestivano la torre centrale, finita sulla pubblica via a seguito del vento, non sarebbe stata accertata. ''L'allarme era partito dalla vicina Casa di riposo, ma la stessa responsabile dell'ufficio urbanistica del Comune ha affermato qui in aula che non sono stati rinvenuti parti dello stesso sulla strada'' ha aggiunto il difensore, ipotizzando appunto come le lastre staccatesi dalla struttura fossero finite sulla recinzione, ma poi rientrate nella proprietà dell'azienda, senza invadere dunque il suolo pubblico. Su questo aspetto legato alla torre evaporativa peraltro, Vismara si sarebbe mossa fin da subito nel predisporre interventi di messa in sicurezza, effettuando sopralluoghi ed interventi, come qualche udienza fa aveva sostenuto Ferrarini, sottopostosi ad esame, così come il fratello Lucio che si era occupato in precedenza delle questioni relative agli immobili. Il resto delle prescrizioni invece, a detta della difesa avrebbero richiesto azioni ben più complesse; insomma, era impossibile predisporre un intervento immediato in risposta a quando ''ordinava'' l'ente.
In chiusura del proprio intervento l'avvocato Garuti ha chiesto l'assoluzione del proprio assistito; in subordine la riqualificazione delle contestazioni in illecito amministrativo, tenendo conto anche della disponibilità ad oblare, manifestata sin dalle battute iniziali del processo. Si torna in aula il prossimo 2 luglio per eventuali repliche e sentenza.
Nel febbraio 2022 il sindaco Filippo Galbiati aveva chiesto alla società di effettuare interventi a garanzia della pubblica incolumità presso il comparto industriale ormai abbandonato che si estende fra Via Mameli, Via don Rossi e Via Manzoni; qui forti raffiche di vento avevano provocato il distacco di alcune lamiere ed i conseguenti accertamenti da parte di Vigili del Fuoco ed ufficio urbanistica del Comune. La prima ordinanza era stata emessa dall'amministratore il 7 febbraio, ma ritenendo che il privato non avesse ottemperato completamente alle indicazioni contenute nel documento inviato dal Comune, il primo cittadino ne aveva firmato un secondo, chiedendo alla società la messa in sicurezza delle strutture presenti all'interno dell'ex salumificio. Dalla relazione a firma del responsabile dell'ufficio urbanistica del Comune e da quanto prodotto dal comando dei vigili del fuoco - intervenuti per un primo intervento a seguito delle forti raffiche di vento che avevano provocato il distacco di alcune parti all'interno dell'area dell'ex salumificio - sarebbe infatti emersa la necessità di un'ulteriore azione urgente ed immediata, per la garanzia della pubblica incolumità. L'obiettivo dell'ente era quello di ''prevenire distacchi con pericolose ricadute di lamiere sulle aree limitrofe pubbliche e private''.A fronte di presunte inottemperanze da parte della società proprietaria dell'area rispetto a quanto richiesto in forma scritta, era dunque scattata la segnalazione alla Procura della Repubblica, con un decreto penale di condanna emesso a carico di Luca Ferrarini, che nel luglio 2020 era divenuto presidente della società, carica precedentemente rivestita dal fratello Lucio. Un provvedimento nei confronti del quale l'imprenditore - tramite i propri legali - si è però opposto, con la conseguente apertura di un procedimento a suo carico, incardinato al cospetto della dottoressa Bianca Maria Bianchi, presidente della sezione penale del Foro lecchese.Prevista per quest'oggi l'escussione di un ultimo teste della difesa prima di chiudere l'istruttoria, al quale però l'avvocato Giulio Garuti - che assiste di fiducia Luca Ferrarini - ha rinunciato. A quel punto il giudice ha invitato le parti a discutere. La breve requisitoria del PM, che ha appunto chiesto il non doversi procedere (secondo l'articolo 531 cpp), ha lasciato spazio all'intervento del difensore dell'imputato. Un'arringa articolata quella del penalista del Foro di Modena, che ha messo in luce alcune circostanze. Innanzitutto lo status dell'ex comparto Vismara, dichiarato dal 2017 ''collabente'', dunque in condizioni di degrado, non agibile e incapace di produrre reddito. Una condizione che a detta dell'avvocato Garuti impedirebbe qualsiasi intervento capace di certificarne la sicurezza. Impossibile dunque, secondo la difesa, ottemperare ad alcuni dei punti contenuti nell'ordinanza; richieste definite ''paradossali'' dal legale che ha poi sottolineato come, nonostante le difficoltà economiche, Vismara spa avesse messo in atto tutti gli interventi richiesti dal Comune per impedire l'accesso al sito da parte di terzi. Sigillate porte, finestre, piombati i tombini, posti dei cartelli ad indicare la proprietà privata dell'area e altro ancora.Secondo Garuti inoltre, la presenza di uno dei pannelli che rivestivano la torre centrale, finita sulla pubblica via a seguito del vento, non sarebbe stata accertata. ''L'allarme era partito dalla vicina Casa di riposo, ma la stessa responsabile dell'ufficio urbanistica del Comune ha affermato qui in aula che non sono stati rinvenuti parti dello stesso sulla strada'' ha aggiunto il difensore, ipotizzando appunto come le lastre staccatesi dalla struttura fossero finite sulla recinzione, ma poi rientrate nella proprietà dell'azienda, senza invadere dunque il suolo pubblico. Su questo aspetto legato alla torre evaporativa peraltro, Vismara si sarebbe mossa fin da subito nel predisporre interventi di messa in sicurezza, effettuando sopralluoghi ed interventi, come qualche udienza fa aveva sostenuto Ferrarini, sottopostosi ad esame, così come il fratello Lucio che si era occupato in precedenza delle questioni relative agli immobili. Il resto delle prescrizioni invece, a detta della difesa avrebbero richiesto azioni ben più complesse; insomma, era impossibile predisporre un intervento immediato in risposta a quando ''ordinava'' l'ente.
In chiusura del proprio intervento l'avvocato Garuti ha chiesto l'assoluzione del proprio assistito; in subordine la riqualificazione delle contestazioni in illecito amministrativo, tenendo conto anche della disponibilità ad oblare, manifestata sin dalle battute iniziali del processo. Si torna in aula il prossimo 2 luglio per eventuali repliche e sentenza.
G.C.