Sirone: si apre L'Ultima Luna d'Estate con un confronto fra teatro e politica
Si è aperta nella prima serata di ieri, nella cornice del giardino Bianconi di Sirone, ''L'Ultima Luna d'Estate'', il festival teatrale itinerante organizzato da Teatro Invito, che per due settimane si sposterà fra le cascine, i parchi e le ville del Parco Regionale di Montevecchia e Valle del Curone, nelle provincie di Lecco e di Monza, con più di 20 appuntamenti tra incontri, spettacoli teatrali all’aperto e performance.
La kermesse culturale è stata introdotta venerdì 30 agosto da un dialogo tra due personalità di spicco del mondo teatrale: Serena Sinigaglia, fondatrice di ATIR e codirettrice del Teatro Carcano e Valter Malosti, direttore di ERT Emilia Romagna Teatro si sono confrontati sul tema del rapporto tra teatro e politica, guidati da Luca Radaelli, direttore artistico della kermesse.
Irma Rottoli, assessore alla cultura di Sirone, ha ricordato l’ultima apertura di festival che venne organizzata in paese una decina d’anni fa, mentre Lucia Urbano, presidente del Consorzio Brianteo Villa Greppi - che sostiene appunto l'iniziativa - si è soffermata su qualità e innovazione, elementi che si rinnovano di anno in anno a garanzia dell'offerta rivolta al pubblico.
''L’artista deve suonare il piffero per la rivoluzione, come ironizzava Elio Vittorini, o ritirarsi nella propria turris eburnea e infischiarsene di ciò che accade nel mondo intorno a sé?'' è l’interrogativo che Radaelli ha lanciato alle due personalità ospiti.
''Il primo pensiero riguarda la società che si è trasformata in maniera rapida - ha esordito Serena Sinigaglia - La rivoluzione tecnologica che ha accelerato le nostre vite e trasformato le nostre abitudini, si riflette sul discorso in maniera determinante. Prima di allora a raccontare storie, c’erano il teatro e il cinema che poi approdava in televisione. Oggi viviamo in un mondo in cui a raccontarlo ci sono molti strumenti potenti. Il teatro cos’è? Qual è la sua specificità?''.
''Mi sono trovata - ha proseguito l'ospite - nella necessità di chiedermelo e la risposta che ho trovato è antica: il teatro è l’unica arte che prevede l’arte dell’uomo con l’uomo, insieme all’uomo e per l’uomo. Qui capiamo perché, con la rivoluzione dell’ultimo ventennio, il teatro è diventato uno strumento di miglioramento degli individui, per la costruzione di una società pacifica, accanto all’istruzione e alla scienza medica. Questa è già una trasformazione politica. Il secondo punto è a proposito di etica ed estetica: il cosa è importante ma il come può cambiare completamente il senso di qualcosa. Posso parlare di Gaza, ma il modo in cui lo faccio può essere da torre eburnea o all’opposto. Il come del teatro deve andare alla radice dell’umanesimo e alla necessità, cosa significa essere umani''.
Valter Malosti ha offerto un altro approccio: ''Il teatro è la casa dei cittadini e non di chi occasionalmente è temporaneamente dirige una struttura. L’idea è tenerli sempre aperti per far capire che sono un luogo dei cittadini. La prima cosa che ho fatto quando sono arrivato a Bologna è stata aprire il chiostro: è un gesto, anche politico, in modo che ci venga gente che non viene a teatro. Spesso implica che chi arriva per altri motivi, entra poi a teatro ed è bellissimo vedere quando entrano e alzano gli occhi. Bisogna abbattere una serie di pregiudizi dei pensieri teatrali: il teatro è composito e ricco; è un sentimento di accoglienza di idee diverse. La prassi politica che si può fare a teatro passa da molti luoghi e differenze: questo è un lavoro sociale legato alla cura per raggiungere persone mai raggiunte dalla cultura''.
''Il problema politico del teatro italiano - ha proseguito - è l’inadeguatezza delle strutture e permettere a compagnie giovani di affacciarsi al mestiere, potendo sbagliare e permettendosi anche esempi rischiosi. Da una parte devi permettere che il teatro possa entrare nel sociale se deve essere anche cura; dall’altra devi permettere ad artisti puri, che non vogliono entrare nel sociale, di poterlo fare. I due aspetti andrebbero bilanciati. Anche l’incontro con esperienze al limite. È importante non solo fare cose per coinvolgere per portare una qualità differente, ma anche fare un salto di qualità rispetto alla qualità artistica dei progetti''.
I due direttori si sono poi confrontati sui limiti della politica, nella gran parte dei casi - ma non nella totalità - troppo attenta a un ritorno d’immagine immediato, a scapito di progetti che possano valorizzare artisti e ancora coesistere con un territorio fino a diventarne parte. Una frattura esistente nel mondo artistico è quella dell’ingerenza della politica nell’espressione artistica, che rende il teatro italiano differente da quello europeo, come ha rimarcato Malosti.
Sinigaglia ha chiuso provando a sintetizzare la questione aperta: ''La linea di demarcazione è il professionismo, che ha una sapienza tecnica e un suo mistero. Il mistero fa parte della nostra vita ma il professionismo è chi studia la disciplina, la pratica e trova degli scontri. L’altra linea è l’espressione che è diversa dalla comunicazione in quanto diritto inalienabile dell’uomo. L’unico limite dell’espressione è il disturbo della quiete pubblica''.
Dopo l’aperitivo, la serata è proseguita con ''Re Lear è morto a Mosca'' del drammaturgo e regista argentino César Brie.
Quest’oggi, sabato 31 agosto, sono due gli appuntamenti in programma: alle 16.30 ''Zorba il gatto'' al Monastero della Misericordia di Missaglia e alle 21, a La Valletta Brianza, ''Gli Altri – Indagine sui nuovissimi mostri'' di Kepler-452 (Compagnia premio UBU 2023 per i progetti speciali).
Domenica 1 settembre alle 11 a Osnago si terrà lo spettacolo itinerante nel Parco delle Orane ''Il drago a sette teste'' di Teatro dell’Orsa e alle 18 debutta ''Che aspettate a bruciarmi?'' di e con Giorgio Castagna. Alle ore 21 a Carnate, in programma ''Manicomio, Addio! Contro tutti i muri'', della compagnia teatrale dei Chille de la balanza.
Per visualizzare il programma completo con gli spettacoli clicca QUI
La kermesse culturale è stata introdotta venerdì 30 agosto da un dialogo tra due personalità di spicco del mondo teatrale: Serena Sinigaglia, fondatrice di ATIR e codirettrice del Teatro Carcano e Valter Malosti, direttore di ERT Emilia Romagna Teatro si sono confrontati sul tema del rapporto tra teatro e politica, guidati da Luca Radaelli, direttore artistico della kermesse.
Irma Rottoli, assessore alla cultura di Sirone, ha ricordato l’ultima apertura di festival che venne organizzata in paese una decina d’anni fa, mentre Lucia Urbano, presidente del Consorzio Brianteo Villa Greppi - che sostiene appunto l'iniziativa - si è soffermata su qualità e innovazione, elementi che si rinnovano di anno in anno a garanzia dell'offerta rivolta al pubblico.
''L’artista deve suonare il piffero per la rivoluzione, come ironizzava Elio Vittorini, o ritirarsi nella propria turris eburnea e infischiarsene di ciò che accade nel mondo intorno a sé?'' è l’interrogativo che Radaelli ha lanciato alle due personalità ospiti.
''Il primo pensiero riguarda la società che si è trasformata in maniera rapida - ha esordito Serena Sinigaglia - La rivoluzione tecnologica che ha accelerato le nostre vite e trasformato le nostre abitudini, si riflette sul discorso in maniera determinante. Prima di allora a raccontare storie, c’erano il teatro e il cinema che poi approdava in televisione. Oggi viviamo in un mondo in cui a raccontarlo ci sono molti strumenti potenti. Il teatro cos’è? Qual è la sua specificità?''.
''Mi sono trovata - ha proseguito l'ospite - nella necessità di chiedermelo e la risposta che ho trovato è antica: il teatro è l’unica arte che prevede l’arte dell’uomo con l’uomo, insieme all’uomo e per l’uomo. Qui capiamo perché, con la rivoluzione dell’ultimo ventennio, il teatro è diventato uno strumento di miglioramento degli individui, per la costruzione di una società pacifica, accanto all’istruzione e alla scienza medica. Questa è già una trasformazione politica. Il secondo punto è a proposito di etica ed estetica: il cosa è importante ma il come può cambiare completamente il senso di qualcosa. Posso parlare di Gaza, ma il modo in cui lo faccio può essere da torre eburnea o all’opposto. Il come del teatro deve andare alla radice dell’umanesimo e alla necessità, cosa significa essere umani''.
Valter Malosti ha offerto un altro approccio: ''Il teatro è la casa dei cittadini e non di chi occasionalmente è temporaneamente dirige una struttura. L’idea è tenerli sempre aperti per far capire che sono un luogo dei cittadini. La prima cosa che ho fatto quando sono arrivato a Bologna è stata aprire il chiostro: è un gesto, anche politico, in modo che ci venga gente che non viene a teatro. Spesso implica che chi arriva per altri motivi, entra poi a teatro ed è bellissimo vedere quando entrano e alzano gli occhi. Bisogna abbattere una serie di pregiudizi dei pensieri teatrali: il teatro è composito e ricco; è un sentimento di accoglienza di idee diverse. La prassi politica che si può fare a teatro passa da molti luoghi e differenze: questo è un lavoro sociale legato alla cura per raggiungere persone mai raggiunte dalla cultura''.
''Il problema politico del teatro italiano - ha proseguito - è l’inadeguatezza delle strutture e permettere a compagnie giovani di affacciarsi al mestiere, potendo sbagliare e permettendosi anche esempi rischiosi. Da una parte devi permettere che il teatro possa entrare nel sociale se deve essere anche cura; dall’altra devi permettere ad artisti puri, che non vogliono entrare nel sociale, di poterlo fare. I due aspetti andrebbero bilanciati. Anche l’incontro con esperienze al limite. È importante non solo fare cose per coinvolgere per portare una qualità differente, ma anche fare un salto di qualità rispetto alla qualità artistica dei progetti''.
I due direttori si sono poi confrontati sui limiti della politica, nella gran parte dei casi - ma non nella totalità - troppo attenta a un ritorno d’immagine immediato, a scapito di progetti che possano valorizzare artisti e ancora coesistere con un territorio fino a diventarne parte. Una frattura esistente nel mondo artistico è quella dell’ingerenza della politica nell’espressione artistica, che rende il teatro italiano differente da quello europeo, come ha rimarcato Malosti.
Sinigaglia ha chiuso provando a sintetizzare la questione aperta: ''La linea di demarcazione è il professionismo, che ha una sapienza tecnica e un suo mistero. Il mistero fa parte della nostra vita ma il professionismo è chi studia la disciplina, la pratica e trova degli scontri. L’altra linea è l’espressione che è diversa dalla comunicazione in quanto diritto inalienabile dell’uomo. L’unico limite dell’espressione è il disturbo della quiete pubblica''.
Dopo l’aperitivo, la serata è proseguita con ''Re Lear è morto a Mosca'' del drammaturgo e regista argentino César Brie.
Quest’oggi, sabato 31 agosto, sono due gli appuntamenti in programma: alle 16.30 ''Zorba il gatto'' al Monastero della Misericordia di Missaglia e alle 21, a La Valletta Brianza, ''Gli Altri – Indagine sui nuovissimi mostri'' di Kepler-452 (Compagnia premio UBU 2023 per i progetti speciali).
Domenica 1 settembre alle 11 a Osnago si terrà lo spettacolo itinerante nel Parco delle Orane ''Il drago a sette teste'' di Teatro dell’Orsa e alle 18 debutta ''Che aspettate a bruciarmi?'' di e con Giorgio Castagna. Alle ore 21 a Carnate, in programma ''Manicomio, Addio! Contro tutti i muri'', della compagnia teatrale dei Chille de la balanza.
Per visualizzare il programma completo con gli spettacoli clicca QUI
M.Mau.