Dal Lido di Venezia/10: quasi alla fine di un festival che non so davvero come si chiuderà

Oggi è l’ultima giornata della Mostra del Cinema e la malinconia si sta facendo sentire. Dopo i fasti di Joker e di Lady Gaga al Lido sembra un luogo deserto; non ci sono né star né fan e anche gli addetti ai lavori sembrano aver già fatto le valigie. È un clima surreale, la pioggia dell’altro ieri ha sostituito il caldo torrido con un venticello leggero che sembra dover accompagnare il gran finale. Il concorso - per quanto mi riguarda - è stato a dir poco deludente; i film hanno riempito lo spazio lasciato vuoto dalle grandi pellicole di altri festival con conseguenza assenza del wow di rito che quest’anno non ho mai avuto. Mentre la giuria confabula per l’assegnazione dei premi vi racconto la mia penultima giornata che vi dico già essere ricca di visioni. 
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Alle 8.30 puntuali ero già in sala per vedermi uno degli ultimi film del concorso. ''Love'', pellicola del nord Europa racconta il concetto di amore declinato in varie forme e in varie vite, un lavoro toccante e poetico, ma soprattutto mai banale che mi ha proprio toccato il cuore, secondo me come spettacolo teatrale sarebbe veramente perfetto. Se ''Love'' mi ha conquistata, lo stesso non si può dire di ''Il tempo che ci vuole'', nuovo film di Francesca Comencini che dovrebbe raccontare il rapporto con il padre Luigi, il grande regista di pane amore e… 
Le premesse sono molto buone ed è toccante il rapporto padre e figlia, il problema che la regista ha creato un teen drama in cui Fabrizio Gifuni, il protagonista, non è mai veramente uscito dal personaggio di Aldo Moro che aveva interpretato alcuni anni fa in ''Esterno notte'' di Marco Bellocchio.
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Dopo un breve incontro con il cast di ''M – il figlio del secolo'', la serie tv su Mussolini (ne approfitto per lanciare una rassicurazione a mio padre: stai tranquillo, non l’ho vista, aspetto di vederla insieme) ho dedicato tutto il pomeriggio al leggendario regista Takeshi Kitano. Avere un suo autografo è stato quasi impossibile, i fan lo pedinavano letteralmente facendogli firmare qualsiasi cosa, ma vi dico già che alla fine ci sono riuscita; tipo al quinto tentativo, ma ci sono riuscita.
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In questo pomeriggio folle in perfetto stile Kitano prima mi sono goduta la conferenza stampa e poi mi sono piegata in due grazie alla sua ultima fatica: ''Broken Rage''. Il film dura poco più di un’ora, ma è un concentrato di energia pura; la prima parte è azione, ma poi si trasforma in una parodia di quello che abbiamo visto poco prima, pazzesco. Peccato non sia un concorso perché avrebbe potuto seriamente portarsi a casa qualcosa, la stessa presidente di giuria Isabelle Huppert era spaccata dalle risate. Senza Kitano come concorrente Guadagnino & co. possono dormire sogni tranquilli. 
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La mia giornata, senza troppe emozioni si è conclusa con ''L'orto americano'' di Pupi Avati, film di chiusura del festival. Non mi aspettavo niente, o meglio mi aspettavo che non mi piacesse e devo dire che tutto è stato rispettato perfettamente. La storia, ambientata tra America ed Emilia Romagna, racconta le vicende di un ragazzo e di strani omicidi di donne, o almeno è quello che ho cercato di capire perché il film mi è parso un po' confuso.

Il sole intanto è già alto al Lido: mi aspetta l’ultima giornata di questo festival devastante, ma comunque magico. E’ iniziato il toto leone e forse per la prima volta non ho nemmeno un mio preferito, chissà chi verrà premiato dalla giuria, non ci rimane altro che scoprirlo.
Giorgia Monguzzi
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