Casatenovo: Maria Cristina Azzarello racconta il Kintsugi, antica forma d'arte giapponese

E' molto più di una passione quella di Maria Cristina Azzarello, in arte Krista, per il Kintsugi, tradizione millenaria giapponese di riparazione degli oggetti, nata nel XV secolo dai samurai.
Diplomata al Liceo Artistico la casatese ha frequentato la Facoltà di Architettura, collaborando a seguire con lo studio dell’architetto Carlo Ricci di Milano. Poi la vita l’ha portata verso un altro ambito lavorativo e la dedizione alla propria famiglia, ma dentro di lei è sempre rimasta la passione per l’arte e per il restauro in particolare, e il desiderio un giorno di potersi dedicare a questo.
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A sinistra Maria Cristina Azzarello ''Krista''

Così sette anni fa ha iniziato a conoscere il Kintsugi e se ne è appassionata, fino all’incontro con Aiko Zushi, una maestra Kintsugi giapponese che teneva lezioni a Torino. Per Maria Cristina era l’occasione giusta da cogliere al volo e così ha iniziato il suo percorso di avvicinamento e conoscenza di quest’arte. Ha lavorato per tre anni con la maestra che continua ancora oggi per lei ad essere un punto di riferimento. ''I maestri in Giappone sono maestri per tutta la vita, c’è un rispetto assoluto verso di loro. Aiko mi ha supportata anche durante il mio viaggio'' ci ha detto l'artista, residente a Casatenovo.
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Dopo alcune lezioni seguite, le è stato proposto di insegnare: questo è un passaggio che deve sempre essere avallato dalla propria maestra e infatti Aiko l’ha sostenuta anche in questo cammino, aiutando Krista a prepararsi all’insegnamento e partecipando alla prima lezione, confermandole poi che era pronta a compiere questo passo e continuare su questa strada. Il Kintsugi infatti è una tradizione che si tramanda, un testimone che passa di mano in mano come un sapere antico e sacro, che chiede rispetto e responsabilità, ovvero la coscienza di essere portatori di una sapienza preziosa e quindi essere disposti a diventarne custodi e a trasmetterne la vera essenza alle persone.
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Ma a Maria Cristina non bastava e dopo un anno ha deciso di partire per il Giappone, per due mesi, per vedere l’albero da cui si preleva la lacca Urushi usata per unire i frammenti, per vivere la quiete che si vede nei disegni giapponesi, per sperimentare come si vive fuori dall’Italia.
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''Questo viaggio è nato come esigenza personale. Volevo imparare l’arte Maki-e, ho cercato corsi nelle università giapponesi e poi ho trovato il nome del maestro Mitsuhiko Takada che mi ha accolto nel laboratorio di Kanazawa, dove ho potuto seguire i suoi insegnamenti e conseguire la certificazione di raggiungimento delle competenze tecniche per l’insegnamento. Oltre a ciò, questi mesi sono stati proprio rivoluzionari, mi hanno dato una nuova visione delle cose che mi ha fatto mettere in discussione tanti aspetti della vita, ho imparato a godermi ogni istante, senza fretta di voler raggiungere tutto subito. Le lezioni non mi hanno permesso solo di imparare una tecnica, ma sono state una educazione dell’anima innanzitutto'' ha proseguito.
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Nonostante non conoscesse la lingua, per cui comunicava grazie a un traduttore simultaneo, Maria Cristina si è subito sentita a casa in un continente nuovo, senza conoscere nessuno. L’esperienza è stata particolarmente incisiva e forte anche grazie alla condivisione dello spazio della cucina in un affittacamere in cui erano ospiti gli sfollati colpiti dal terremoto di gennaio, che le hanno trasmesso un grande rispetto per gli altri, proprio della loro cultura: ''non dicono mai di No, ma ti aiutano ad arrivare a capire che hai sbagliato attraverso affermazioni gentili e mai perentorie'' ci ha raccontato.
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Di ritorno dal viaggio, è continuato il cammino di Krista attraverso corsi e occasioni di esposizione dei suoi lavori: un pezzo richiede circa un mese e mezzo di lavoro, in cui è fondamentale rispettare ogni singolo passaggio; ciò insegna l’arte dell’attesa e della pazienza che è un dono sempre più prezioso in un tempo sempre più frenetico, nel quale rischiamo di non vedere davvero ciò che abbiamo davanti. Gli ingredienti usati sono tutti naturali e richiedono sapienza per essere utilizzati bene: dopo aver unito i frammenti con la lacca Urushi, si passa alla stuccatura e alla levigatura; infine le crepe vengono ripassate col pennello fino a cospargerle con l’oro o l’argento.
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''L’arte del Kintsugi, che vuol dire ricongiunzione con l’oro, ci insegna la bellezza dell’imperfezione (chiamata Wabi Sabi) come modalità di espressione del proprio io'' ci ha spiegato Krista: in quelle venature d’oro o argento c’è la rottura ma anche la guarigione, la possibilità di trovare forza proprio dalle imperfezioni che ci rendono unici e speciali. Come dice Leonard Cohen: ''c’è una crepa in ogni cosa e da lì entra la luce''.
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Il sorriso aperto e accogliente di Maria Cristina, il brillio dei suoi occhi mentre racconta la sua storia e la sua passione che coltiva con gioia, sono segno proprio di questo, della possibilità di ricominciare sempre in ogni istante, seguendo la propria passione, anche quando la vita sembra abbia preso un’altra strada, c’è sempre la possibilità di rimettersi in discussione e dedicarsi a ciò che ci rende felici. Krista collabora con artisti ceramisti e lavora su commissione per orafi, privati e antiquari; ha collaborato con Tenoha a Milano, Bunka academy, Faenza Art Ceramic Center e Argillà Italia.
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Ha inoltre esposto le sue opere presso il Museo Regionale di Arte Contemporanea a Palermo, terra di origine dei suoi nonni, occasione che ricorda con grande commozione perché è stato un modo per tornare alle proprie origini e ricongiungersi con le proprie radici, come dice l’etimologia di Kintsugi. Ciò che colpisce, oltre a ciò, è il desiderio evidente in Maria Cristina di passare il testimone ai suoi allievi, di comunicare la bellezza che lei ha incontrato attraverso ques’arte.
Carolina Ferrario
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