Maternità surrogata, crimine universale: una follia. Sono ignoranti leggano la bibbia
Il Senato della Repubblica il 14 ottobre con ottantaquattro voti sì, cinquantotto no, zero astenuti ha modificato la Legge 40 sulla maternità surrogata. Il ddl, approvato in via definitiva al Senato, introduce il divieto di praticare la maternità surrogata non solo in Italia, dove è illegale, ma anche all'estero, nei Paesi dove invece la pratica è legittima. La gestazione per altri (Gpa) è considerata un crimine universale: follia pura.
Le pene sono sia penali, due anni di carcere, sia pecuniarie, fino a un milione di euro. Una coppia sterile che desidera generare un figlio/a, possedendo dei gameti, le è impedito di usufruire dell’ultima opportunità. Se lo fa, è condannata. Il gamete paterno o materno è sempre un prodotto organico dei futuri genitori, la donatrice mettendo a disposizione il proprio corpo compie solo un atto di solidarietà (La scienza in futuro metterà a disposizione degli uteri artificiali).
Molti stati come Israele, Regno Unito, Canada, Grecia, Stati Uniti, India, Ucraina, Australia hanno una legge sulla maternità surrogata. In questi Stati la Gpa non è stata lasciata al mercato come si vuol far passare. Ogni Stato ha una sua legge di riferimento: alcune sono più a larghe maglie altre sono più prescrittive.
Uno Stato democratico liberale ha il compito di regolare i bisogni dei cittadini non di negarli.
La questione della maternità solidale la si ritrova già nella Bibbia. Nel passo 16 della Genesi Sara, moglie di Abramo, incapace di partorire, offre la sua schiava Agar ad Abramo per generare un figlio, Ismaele. In un altro passo della Genesi (Genesi 30) Rachele e Lia, entrambe mogli di Giacobbe, quando non riescono a concepire da sole offrono le loro servitrici. Giacobbe ebbe dodici figli di cui due, Gad e Aser, da Zilpa, serva di Lea, invece Dan e Neftali da Bila, serva di Rachele.
Così pure nell'Antica Roma, la legge romana dava grande importanza alla continuità della gens (la famiglia allargata) e alla trasmissione del patrimonio. Se una donna non riusciva a generare la sua famiglia cercava di assicurare dei figli attraverso altri mezzi Le donne romane di alto rango usufruivano delle loro donne per partorire figli. A decidere all'interno della famiglia romana era sempre il pater familias. Il compito della madre era di accudire l’educazione dei figli e la gestione domestica.
L’antropologo Lévi-Strauss in "Le strutture elementari della parentela" (1949) evidenza che le relazioni di parentela nelle diverse culture non sono solo legami biologici, ma anche costruzioni sociali e culturali. La maternità, dunque, è considerata non solo come un processo biologico, ma anche come un'istituzione sociale che varia secondo il contesto culturale.
La Gpa, oltre a non negare la dimensione biologica (gamete) interagisce con la dimensione culturale, sociale e scientifica. Questo nuovo uffizio dell’inquisizione post global ci riporta in un oscurantismo medioevale. Spaventoso.
A questa società disarticolata, complessa, fluida, mutevole, mobile, in continuo mutamento, abitata da culture diverse, da bisogni individuali lontani mille miglia da chi governa, si vuole imporre una legge talebana. Inoltre non si capisce quale sia il reato in sé. La cosa più deprimente e patologica è che si vuole condannare la voglia di procreare, di fare figli con fatica e con dolore.
Le pene sono sia penali, due anni di carcere, sia pecuniarie, fino a un milione di euro. Una coppia sterile che desidera generare un figlio/a, possedendo dei gameti, le è impedito di usufruire dell’ultima opportunità. Se lo fa, è condannata. Il gamete paterno o materno è sempre un prodotto organico dei futuri genitori, la donatrice mettendo a disposizione il proprio corpo compie solo un atto di solidarietà (La scienza in futuro metterà a disposizione degli uteri artificiali).
Molti stati come Israele, Regno Unito, Canada, Grecia, Stati Uniti, India, Ucraina, Australia hanno una legge sulla maternità surrogata. In questi Stati la Gpa non è stata lasciata al mercato come si vuol far passare. Ogni Stato ha una sua legge di riferimento: alcune sono più a larghe maglie altre sono più prescrittive.
Uno Stato democratico liberale ha il compito di regolare i bisogni dei cittadini non di negarli.
La questione della maternità solidale la si ritrova già nella Bibbia. Nel passo 16 della Genesi Sara, moglie di Abramo, incapace di partorire, offre la sua schiava Agar ad Abramo per generare un figlio, Ismaele. In un altro passo della Genesi (Genesi 30) Rachele e Lia, entrambe mogli di Giacobbe, quando non riescono a concepire da sole offrono le loro servitrici. Giacobbe ebbe dodici figli di cui due, Gad e Aser, da Zilpa, serva di Lea, invece Dan e Neftali da Bila, serva di Rachele.
Così pure nell'Antica Roma, la legge romana dava grande importanza alla continuità della gens (la famiglia allargata) e alla trasmissione del patrimonio. Se una donna non riusciva a generare la sua famiglia cercava di assicurare dei figli attraverso altri mezzi Le donne romane di alto rango usufruivano delle loro donne per partorire figli. A decidere all'interno della famiglia romana era sempre il pater familias. Il compito della madre era di accudire l’educazione dei figli e la gestione domestica.
L’antropologo Lévi-Strauss in "Le strutture elementari della parentela" (1949) evidenza che le relazioni di parentela nelle diverse culture non sono solo legami biologici, ma anche costruzioni sociali e culturali. La maternità, dunque, è considerata non solo come un processo biologico, ma anche come un'istituzione sociale che varia secondo il contesto culturale.
La Gpa, oltre a non negare la dimensione biologica (gamete) interagisce con la dimensione culturale, sociale e scientifica. Questo nuovo uffizio dell’inquisizione post global ci riporta in un oscurantismo medioevale. Spaventoso.
A questa società disarticolata, complessa, fluida, mutevole, mobile, in continuo mutamento, abitata da culture diverse, da bisogni individuali lontani mille miglia da chi governa, si vuole imporre una legge talebana. Inoltre non si capisce quale sia il reato in sé. La cosa più deprimente e patologica è che si vuole condannare la voglia di procreare, di fare figli con fatica e con dolore.
Dr.Enrico Magni, psicologo e giornalista