Annone: la violenza di genere al centro di una serata sulla prevenzione

Rispettare la libertà altrui è il primo passo per prevenire la violenza, di qualunque tipo. Attuare un cambiamento culturale per abbattere stereotipi e pregiudizi di cui la nostra cultura è fortemente intrisa è quello che occorre per combattere la violenza di genere.
Annone_violenza00009.JPG (148 KB)
Gli amministratori comunali e i protagonisti dell'iniziativa in scena venerdì sera ad Annone

Questo tema è stato al centro dell’incontro promosso dal gruppo intercomunale cultura dei Comuni di Annone di Brianza, Dolzago, Ello, Castello di Brianza, Molteno, Cesana Brianza, Colle Brianza, Garbagnate Monastero, Rogeno e Sirone. La serata, dal titolo ''Violenza di genere: principi, prevenzione, repressione'', si è tenuta presso la villa antico Borgo di Annone venerdì 22 novembre, in prossimità della giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 17 dicembre 1999.
Annone_violenza00002.JPG (100 KB)
Al microfono il sindaco di Annone Luca Marsigli

Moderate da Lorenzo Lazzarini, consigliere comunale di Annone Brianza con delega alle pari opportunità nonché promotore dell’iniziativa, il parterre di ospiti è stato di alto livello: Claudia Pecorella, professoressa ordinaria di diritto penale presso l’università degli studi Milano-Bicocca; Cristina Carelli, psicologa, operatrice e coordinatrice generale del CADMI; Francesca Vitale, magistrato e presidente della sezione penale di Corte d’Appello a Milano.
Annone_violenza00007.JPG (169 KB)
Il sottosegretario di Regione Lombardia Mauro Piazza, portando i saluti dell’ente, ha evidenziato l’incremento di risorse messe a disposizione dall’ente contro la violenza alle donne, nell’ambito dell’assessorato alla famiglia.
Il sindaco di Annone, Luca Marsigli, ha parlato del ruolo degli amministratori pubblici come “collante delle prime istanze che arrivano” al fine di intercettare il prima possibile le problematiche. 
Annone_violenza00010.JPG (133 KB)
Il consigliere Lazzarini e il sindaco Marsigli con le relatrici Pecorella, Carelli e Vitale
All’incontro ha presenziato Elia Campanielli, presidente dell’ordine degli avvocati di Lecco: ''L’avvocatura istituzionale deve uscire dagli studi e, nello svolgimento della propria funzione sociale, deve informare, divulgare, sensibilizzare l’opinione pubblica. Queste iniziative devono far riflettere e far arrivare all’educazione per far cambiare un orientamento culturale che è radicato''.
Paolo Lanfranchi, rappresentante del gruppo intercomunale cultura e sindaco di Dolzago, ha posto l’attenzione sui cambiamenti da attuare nella società: ''Ci ricordiamo solo in occasione della ricorrenza di parlare della violenza di genere, che non passa solo dai 98 femminicidi, ma passa anche dai cartelloni pubblicitari, dai discorsi nei bar, dalle parole degli uomini. La violenza c’è tutti i giorni ed è importante che le amministrazioni si mettano insieme per parlarne''.
Annone_violenza00008.JPG (85 KB)
La professoressa Pecorella, ha voluto subito evidenziare che la ''violenza di genere ha radici culturali che sono quelle contro le quali dobbiamo muovere la nostra battaglia. Siamo tutti vittime, uomini e donne: il problema è esserne consapevoli, per combatterle''.
La violenza si manifesta sotto molteplici forme: può essere psicologica, economica, verbale, sessuale, fisica. ''Lo strumento penale nel nostro ordinamento per reprimere queste forme di violenza è una disposizione che si presta a punire i comportamenti che hanno una caratteristica fondamentale: si realizzano in contesto familiare e l’altro è la ripetizione del comportamento. Una donna arriva a denunciare solo quando la ripetizione e la progressiva gravità della violenza ha raggiunto un livello di assoluta intollerabilità. Le disposizioni per dare una risposta sul piano penale ci sono. Quello che dobbiamo sperare che arrivi è che le norme vengano applicate correttamente e questo è l’aspetto che vedo difficile perché c’è un problema di formazione, anche da parte di chi svolge la professione che applica le leggi. Tanta formazione è arrivata dalle forze dell’ordine, ma manca una formazione seria per gli avvocati di entrambe le parti, sia della vittima che dell’imputato. Una vittima che denuncia e arriva faticosamente a questo passaggio, si ritrova magari alla fine con una sentenza di assoluzione perché quello che è successo non è provato, non è credibile: qui ci sono la rabbia e l’umiliazione di sentire che quel comportamento che ha denunciato, non costituisce reato. Questa è la risposta peggiore che il sistema penale può dare a una vittima di violenza''. 
Annone_violenza00006.JPG (106 KB)
Per il magistrato la formazione deve partire sin dalle scuole: ''Dobbiamo educare le donne che devono essere convinte in prima persona di avere gli stessi diritti. Se abbiamo gli stessi diritti e non abbiamo modo di trasmettere la sicurezza, veniamo demoralizzate. Alle donne dico: siate sicure che l’altro sesso vi rispetterà se rispettate voi stesse. Come giudice, devo partire dalla premessa che il principio di innocenza vale per tutti, altrimenti meglio cambiare professione. Se riesco a comportarmi in maniera equa, avrò fatto bene il mio lavoro. Non sono un giustiziere, ma un giudice: è meglio un colpevole fuori che un innocente in carcere. Vorrei partire dal fatto che siamo persone. Questo fenomeno è frutto di una frustrazione che l’uomo non ha potuto superare quando è stato equiparato alla donna. La prevenzione deve retrocedere non solo alla difesa delle donne, ma ai bambini che devono essere educati a essere persone, in un’ottica in cui ognuno rispetta l’altro''. 
Annone_violenza00005.JPG (111 KB)
La dottoressa Carelli ha presentato la casa di accoglienza donne maltrattate di Milano, il primo centro antiviolenza del capoluogo. ''La violenza riguarda una donna su tre ed è subita nel 90% dei casi: il dato di genere è fondamentale. Solo il 18% degli uomini maltrattanti ha profilo psichiatrico, quindi l’origine è culturale. Ogni anno rispondiamo a 1.000 persone: circa 600 sono i percorsi che affianchiamo alle donne. La prima fase è quella dell’ascolto perché bisogna garantire di non giudicarle. Ci sono tanti motivi per cui le donne fanno fatica a uscire dalla violenza: ci sono dipendenza economica, figli, una famiglia. Tutto fa parte di un retaggio culturale ancora molto resistente. Ascoltare le storie vuole dire non applicare il nostro pregiudizio. Dopo l’ascolto, bisogna essere attenti a fare la valutazione del rischio, che significa impostare un progetto e offrire alla donna risposte rispetto al percorso che ha scelto. Per poter elaborare un percorso di uscita, ci vuole tempo. Dobbiamo accompagnare la donna nel rispetto dei suoi tempi''.
Annone_violenza00001.JPG (94 KB)
Al microfono il sottosegretario di Regione Lombardia, Mauro Piazza

''Spesso - ha proseguito - le donne, quando chiedono aiuto per la prima volta, non prendono in considerazione la parte legale. Hanno bisogno di raccontare quello che hanno vissuto perché vivono nel paradosso di essere maltrattate da un uomo che è nella loro famiglia. Nella prima fase hanno bisogno di raccontare questo paradosso, di essere credute e di ricostruire la dinamica. Per noi l’informazione legale è far conoscere gli strumenti che ci sono a disposizione. Il nostro approccio è multi disciplinare del tenere insieme più aspetti. Le donne fanno fatica in una prima fase a pensare di entrare in un’aula di tribunale e vedere la persona maltrattante. C’è situazione di difficoltà ad affrontare gli altri. Solo in un secondo momento cercano un percorso legale. C’è ancora più difficoltà se ci sono figli: c’è violenza assistita e questa può incidere tantissimo sul percorso evolutivo di un bambino”. 
Annone_violenza00004.JPG (112 KB)
L'intervento di Paolo Lanfranchi, sindaco di Dolzago

Il cambiamento deve essere in primo luogo di carattere culturale, come ha sottolineato la psicologa Carelli: ''Ognuna di noi può partire da sé e guardare come il linguaggio va a confermare quel tipo di cultura. La violenza è un dato che arriva da una cultura che costruisce una società mascolina che legittima la violenza: la più comune è quella verbale. Cambiare significa agire su queste piccole cose che sono importantissime''. 
Modificare la cultura in cui viviamo significa iniziare a creare una società più equa, ma per far ciò occorre consapevolezza e, in primo luogo, bisogna partire da se stessi.
M.Mau.
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.