Per un anno pieno di speranza

Qualche giorno fa mi sono imbattuto in un post di Roberto Saviano pubblicato il 31 dicembre 2024 dal titolo "La speranza è una trappola". In questo post, Saviano descrive la speranza come un’illusione, un inganno che spinge a rimandare l’azione necessaria nel presente, proiettando le aspettative in un futuro irraggiungibile. Per sostenere questa tesi, cita una celebre intervista a Mario Monicelli, in cui il regista affermava: “La speranza è una brutta parola, non bisogna usarla. La speranza è una trappola inventata dai padroni”.

Questa visione, però, rischia di essere riduttiva e incapace di cogliere la vera natura della speranza. Quest’ultima, infatti, non si limita a proiettare i nostri desideri nel futuro, ma agisce anche nel presente: sperare significa desiderare un cambiamento qui e ora. A differenza di quanto sosteneva Monicelli, la speranza è una forza che spinge all’azione, capace di muovere le persone a trasformare la realtà in cui vivono. È come il carburante di un’auto: da solo non ci porta da nessuna parte, ma senza di esso il motore non si accende e si rimane fermi.

È interessante osservare come, paradossalmente, sia proprio l’assenza di speranza a creare un’illusione pericolosa che è sempre più diffusa nel pensiero moderno, ovvero la convinzione che nulla possa cambiare e che tutto sia destinato irrimediabilmente a peggiorare. Questo atteggiamento crea un immobilismo pericoloso, che lascia spazio all’indifferenza e allo sconforto, alimentando la percezione di una realtà immodificabile. In un simile contesto, ogni forma di impegno, che sia in oratorio, in politica o nel volontariato, rischia di perdere significato.

Naturalmente, la speranza da sola non è sufficiente. È fondamentale avere chiaro un obiettivo e sapere quale strada intraprendere per cambiare la realtà. Tuttavia, senza la spinta iniziale, che solo la speranza può dare, rischiamo di subire passivamente ciò che ci circonda.

Il 3 gennaio, come ogni anno, abbiamo commemorato l’eccidio di Valaperta, in cui quattro giovani partigiani sacrificarono la loro vita perché credevano in un’Italia diversa. Nella chiesetta della Madonna della Neve c’è una lapide a muro che mi ha sempre colpito e recita: “Un ricordo particolare ai partigiani Beretta Natale, Colombo Gabriele, Villa Mario, Vitali Nazzaro, fucilati in loco il 3 gennaio 1945 per aver SPERATO in un mondo più libero e giusto”. È proprio questa la vera natura della speranza: una forza concreta, capace di spingere le persone ad alzarsi e lottare per ciò che è giusto, trasformando il sogno in azione e il desiderio in realtà.
Perché, in fin dei conti, la speranza non delude.

Francesco Caldirola, un giovane casatese
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.