Da Casatenovo agli Stati Uniti: la dottoressa Bianchi Smiraglia a Buffalo si occupa di ricerca sul cancro

Alle ultime risultanze del lavoro del suo team è stato dedicato un articolo, consultabile sul sito internet del Roswell Park Comprehensive Cancer Center, struttura specializzata nella ricerca e nella cura del cancro con sede a Buffalo.
Un centro di fama internazionale, il primo negli Stati Uniti a concentrarsi sulla ricerca oncologica. Qui, da ormai parecchi anni, lavora la dottoressa Anna Bianchi Smiraglia, 47 anni a giugno, originaria di Casatenovo.
Uno degli argomenti di ricerca del laboratorio che la professionista - nata e cresciuta in frazione Rogoredo - guida, è la molecola GTP, una dei quattro nucleotidi che costituiscono i nostri acidi nucleici. La dottoressa Bianchi Smiraglia se ne occupa da molto tempo, sin dal periodo post dottorato, giungendo - insieme al resto del suo team - a risultati davvero interessanti, connettendo GTP e gli enzimi coinvolti nella sua sintesi nella progressione del melanoma (tumore cutaneo).
''Quando ho aperto il mio laboratorio - ci ha spiegato dagli Stati Uniti la ricercatrice - ho proseguito i precedenti studi, prendendo però in esame il tumore della mammella triplo negativo, tra quelli più frequentemente diagnosticati nelle donne. Ci sono vari modi per classificare i vari sottotipi di questo tumore, ma quello più generale è basato sull'espressione o meno, di certe proteine marker: in particolare ER (recettore per l'estrogeno), PR (recettore per il progesterone) e HER2 (recettore per un fattore di crescita). A seconda di questi fattori, i tumori vengono suddivisi in Luminal A, Luminal B, HER2-enriched e, quando nessuno dei tre è espresso, in triplo negativo (TNBC)''.
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La dottoressa Anna Bianchi Smiraglia

Quest'ultimo - che rappresenta il 12-14% di tutti i carcinomi della mammella - è uno dei sottotipi più letali perchè è  molto aggressivo e non ha un bersaglio diretto da attaccare.
''La maggior parte dei pazienti con questo tipo di tumore hanno come opzioni la rimozione chirurgica, le radiazioni e la chemioterapia generalizzata che è diretta verso l'uccisione di cellule che proliferano rapidamente'' ha proseguito. ''E mentre all'inizio i TNBC rispondono al trattamento, spesso riescono a ricrescere sia nella zona originale che in altri organi, sviluppando metastasi, lesioni che nel frattempo hanno imparato a difendersi dai farmaci, non reagendo più alle terapie. L'obiettivo della ricerca è quello di capire il perchè di questa resistenza, trovando così un modo per aggirare l'ostacolo annientandole di nuovo''.
Uno dei farmaci usati spesso con i TNBC si chiama doxorubicina (anche conosciuta con il nome adriamicina) e la resistenza ad essa è un problema comune. Dopo aver consultato vari articoli, Tatiane da Silva Fernandes, una delle studentesse del team della dottoressa Bianchi Smiraglia ha pensato che gli enzimi per la produzione di GTP potessero essere importanti per la chemioresistenza perchè - quando le cellule proliferano molto - hanno bisogno di produrre continuamente "mattoncini" per dividersi e crescere.
La ricerca della studentessa e collaboratrice della professionista casatese ha consentito di individuare una strategia che potrebbe rivelarsi davvero efficace, arrivando ad assistere - tramite alcuni esperimenti in laboratorio- ad un rallentamento della crescita dei tumori nella mammella e ad una riduzione della formazione di metastasi nei polmoni.
''Ovviamente questi sono risultati ancora molto preliminari e ci sarà bisogno di studi ulteriori e più complessi per determinare se davvero questa potrebbe essere una strategia che può funzionare in pazienti veri'' ha precisato la dottoressa Anna Bianchi Smiraglia, fiera dei risultati ottenuti dal proprio team e messi nero su bianco nella pubblicazione scientifica di cui facevamo cenno in apertura.
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L'articolo che racconta le risultanze della ricerca condotta dal team della casatese

La casatese, sposata con un collega e mamma di due ragazzi quasi adolescenti, vive a Buffalo dal lontano 2006. L'idea di trasferirsi all'estero per proseguire l'esperienza nella ricerca era già più che concreta, ma nella città dello stato di New York in realtà, Anna Bianchi Smiraglia ci è arrivata per caso.
''Ero venuta qui a trovare un'amica, poi ho conosciuto il mio futuro marito, originario proprio di Buffalo e il resto...è storia'' ci ha confidato. ''Anche lui dirige un laboratorio di ricerca a Roswell Park''.
Quando è arrivata negli Stati Uniti, la casatese - diplomata al liceo scientifico Frisi di Monza - aveva in tasca una laurea in biotecnologie industriali conseguita all'Università degli Studi di Milano Bicocca e vantava un'esperienza professionale di quattro anni al LITA (Laboratorio Interdisciplinare Tecnologie Avanzate) di Segrate. ''A Buffalo ho trovato inizialmente lavoro come tecnica in un laboratorio nel dipartimento di immunologia, poi sono riuscita ad entrare nel programma di dottorato di Roswell (che è condotto sotto le direttive dell'università locale) nel programma di biologia molecolare''.
Terminata questa esperienza in un lustro, Anna Bianchi Smiraglia ha proseguito altri sei anni seguendo un post dottorato. Le è stata poi offerta, nel 2018, una posizione di docente assistente, mentre risale ad un paio di settimane fa, la promozione a professore associato.  Il suo laboratorio lavora sul TNBC e produzione del GTP, ma anche neuroblastoma (tumore pediatrico), specifici fattori di trascrizione e metabolismo.
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Una sfida quotidiana davvero stimolante, ma al tempo stesso non semplice. ''Rispetto all'Italia qui il sistema è un po' più meritocratico, ma è anche maggiormente stressante perchè gli stipendi di chi lavora nel tuo laboratorio e tutti i costi associati, sono a carico tuo'' ha aggiunto. ''Sono coinvolta anche nell'istruzione dei nostri dottorandi e masters, a partire dalla selezione dei nuovi studenti ammessi e poi in vari corsi. La soddisfazione più grande fino ad oggi è stata vedere le mie due studentesse finire il loro dottorato di ricerca e crescere, scientificamente parlando, durante il loro periodo nel mio laboratorio''.
Una carriera ben avviata negli Stati Uniti, con un pensiero costantemente rivolto all'Italia, dove vivono ancora familiari e amici. La mancanza degli affetti si fa certamente sentire, così come - talvolta - anche quella del cibo.
''Quando arriviamo per le vacanze, i miei figli di 12 e 14 anni, fanno notare come tutto sia sinceramente più buono'' ha aggiunto, con un sorriso, senza esimersi dal compito di dispensare qualche consiglio ai giovani ricercatori che magari coltivano il sogno di approdare al di là dell'oceano o comunque di lasciare l'Italia. ''Posso suggerire di informarsi bene rispetto ai vari regolamenti  burocratici, ma anche sui visti per studio o lavoro e su come ottenerli. La burocrazia è sempre parecchio gravosa, ma qui si vive un'esperienza splendida che arricchisce sotto molti punti di vista, sia che vi trasferiate per un paio d'anni che per molto di più, come nel mio caso...''.
G.C.
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