La claustrofilia agorafobia
Febbraio è sbarazzino, è un po’ come un ragazzino irritante che annuncia il folle marzo periglioso e mutante, così lo aggettiva, con dolcezza e leggerezza, Vincenzo Cardarelli nella poesia “Febbraio”. È uno strano febbraio che evoca un tempo pacificato e contadino come nel film “L’albero degli zoccoli” di Ermanno Olmi che richiama il mutante marzo di Maura Delpero con “Vermiglio”. Il film, pur nella sua apparente semplice complessità, evoca la tragedia e le conseguenze della guerra.
È un febbraio dolcemente malenconico quello immaginato da Cardarelli, Delpero, Olmi, ma carico di speranza, perché la neve si scioglie e il mutante marzo si deve confrontare con la primavera e i suoi germogli. È un immaginifico immaginario che invoglia uscire all’aperto, sedersi su una panca e guardare la neve cadere. Tuttavia, la realtà partorisce delle immagini connotate di ombre deformanti che assomigliano al sogno descritto da Han Kang (premio Nobel per la letteratura 2024) nella prima pagina, del romanzo “Non dico addio”.
Nel sogno c’è una montagna che scende a picco sul mare, ci sono tanti tronchi d’albero neri e spogli che assomigliano a tante bare, che scivolano nel mare su cui si posa una neve rada ed è impossibile raccogliere le ossa dei morti.
Nella realtà, c’è un popolo che cammina lungo una lunga spiaggia con carrette, biciclette, asinelli in una terra desertificata dalla distruzione sperando di trovare un lembo della propria casa. La strada è disseminata di ossa, di corpi in putrefazione. C’è un sole freddo di febbraio che sta per lasciare spazio al folle mutevole marzo.
C’è un popolo che da anni è impiantato, impaludato tra pozzanghere di neve nera, tra sterpaglie, zanzare, tuoni e lampi che aspetta di uscire dalla propria casa per guardare un cielo stellato libero da oggetti meccanici mortiferi.
C’è un signore che, dopo avere vinto la sua corsa, si è seduto su un baldacchino e sparge sentenze e spara terrore, solo per il piacere di farsi notare e comandare.
Febbraio deve fare i conti con la realtà, con il bullismo, la claustrofilia/agorafobia che si stanno imponendo.
Il bullismo, che è tanto temuto, perché è sinonimo di insicurezza, vandalismo, manierismo, potentissimo nelle giovani generazioni, oggi è salito al potere: il bullismo si sente il padrone del mondo, non ha limiti. Per dimostrare la sua potenza mette in mostra la sua megalomanica firma, come fanno i bulli di quartiere che mostrano il petto o il machete, per dimostrare di essere i più forti.
Il bullismo è diventato un'ideologia da imitare. Il bullismo è sintomo di insicurezza, incertezza, debolezza, paura dell’altro.
L’ideologia claustrofilica consiste nell’amare gli uguali per razza, territorio, identità. È l’ideologia del nazionalismo-sovranismo con radici primitive, regressive, darwiniane che, come sostiene Konrad Lorenz, rende evidente il conflitto interspecifico territoriale, simbolizzato dai confini e dagli Stati: è la lotta per la sopravvivenza di cui parla Darwin.
Chi non fa parte del territorio è considerato un diverso, un estraneo, un barbaro.
Gli individui devono introiettare la parola espressa dal capo; devono essere fedeli e condividere l’ideologia dell’appartenenza e della fede.
Il claustrofilico, spaventato da quello che sta fuori, per proteggersi dall’insicurezza percepita, costruisce difese di protezione. Chi rifiuta l’ideologia del capo è considerato pericoloso.
È un febbraio dolcemente malenconico quello immaginato da Cardarelli, Delpero, Olmi, ma carico di speranza, perché la neve si scioglie e il mutante marzo si deve confrontare con la primavera e i suoi germogli. È un immaginifico immaginario che invoglia uscire all’aperto, sedersi su una panca e guardare la neve cadere. Tuttavia, la realtà partorisce delle immagini connotate di ombre deformanti che assomigliano al sogno descritto da Han Kang (premio Nobel per la letteratura 2024) nella prima pagina, del romanzo “Non dico addio”.
Nel sogno c’è una montagna che scende a picco sul mare, ci sono tanti tronchi d’albero neri e spogli che assomigliano a tante bare, che scivolano nel mare su cui si posa una neve rada ed è impossibile raccogliere le ossa dei morti.
Nella realtà, c’è un popolo che cammina lungo una lunga spiaggia con carrette, biciclette, asinelli in una terra desertificata dalla distruzione sperando di trovare un lembo della propria casa. La strada è disseminata di ossa, di corpi in putrefazione. C’è un sole freddo di febbraio che sta per lasciare spazio al folle mutevole marzo.
C’è un popolo che da anni è impiantato, impaludato tra pozzanghere di neve nera, tra sterpaglie, zanzare, tuoni e lampi che aspetta di uscire dalla propria casa per guardare un cielo stellato libero da oggetti meccanici mortiferi.
C’è un signore che, dopo avere vinto la sua corsa, si è seduto su un baldacchino e sparge sentenze e spara terrore, solo per il piacere di farsi notare e comandare.
Febbraio deve fare i conti con la realtà, con il bullismo, la claustrofilia/agorafobia che si stanno imponendo.
Il bullismo, che è tanto temuto, perché è sinonimo di insicurezza, vandalismo, manierismo, potentissimo nelle giovani generazioni, oggi è salito al potere: il bullismo si sente il padrone del mondo, non ha limiti. Per dimostrare la sua potenza mette in mostra la sua megalomanica firma, come fanno i bulli di quartiere che mostrano il petto o il machete, per dimostrare di essere i più forti.
Il bullismo è diventato un'ideologia da imitare. Il bullismo è sintomo di insicurezza, incertezza, debolezza, paura dell’altro.
L’ideologia claustrofilica consiste nell’amare gli uguali per razza, territorio, identità. È l’ideologia del nazionalismo-sovranismo con radici primitive, regressive, darwiniane che, come sostiene Konrad Lorenz, rende evidente il conflitto interspecifico territoriale, simbolizzato dai confini e dagli Stati: è la lotta per la sopravvivenza di cui parla Darwin.
Chi non fa parte del territorio è considerato un diverso, un estraneo, un barbaro.
Gli individui devono introiettare la parola espressa dal capo; devono essere fedeli e condividere l’ideologia dell’appartenenza e della fede.
Il claustrofilico, spaventato da quello che sta fuori, per proteggersi dall’insicurezza percepita, costruisce difese di protezione. Chi rifiuta l’ideologia del capo è considerato pericoloso.
Dr.Enrico Magni, psicologo e giornalista