Spaccio in SS36 e dietro la stazione di Civate: condannata un'altra banda di magrebini

Solo due dei ben diciannove imputati per spaccio ai margini della SS36 - fra l'oggionese e l'hinterland di Lecco - andranno a dibattimento al cospetto del giudice in ruolo monocratico Giulia Barazzetta. Lo ha deciso questa mattina il gup Salvatore Catalano, disponendone il rinvio a giudizio a carico dei magrebini. 
Le difese degli altri coimputati hanno preferito definire la questione oggi in sede preliminare attraverso riti alternativi.
Al centro della vicenda giudiziaria lo spaccio di sostanze illecite nel territorio fra Bosisio, Annone e Civate, emerso grazie alle indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Lecco e portate avanti dagli uomini della Polizia di Stato.
Numerosissime le cessioni di stupefacente contestate al gruppo, attivo dal 2018 nel ''boschetto della droga'': i presunti pusher (tutti originari del Marocco, di cui alcuni già detenuti per altra causa) erano riusciti a creare un giro di spaccio continuo, attivo dalle prime ore della mattina, fino a tarda sera. 
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La prolifica piazza di spaccio, attiva soprattutto a Civate, a pochi metri dalla piccola stazione ferroviaria, era stata svelata anche da un servizio di Max Laudadio mandato in onda dalla nota trasmissione di Mediaset ''Striscia La Notizia'' a maggio del 2018.
Questa mattina, dopo aver ascoltato le difese e le rispettive istanze, il giudice si è ritirato in camera di consiglio per più di due ore prima di dare lettura dei diversi dispositivi.
In totale il gup ha emesso una decina di sentenze di non luogo a procedere: otto a causa dell'irreperibilità degli imputati (come previsto dall'art 420 del codice di procedura penale), mentre ammontano a 4 anni di reclusione e un anno e 3 mesi di reclusione le condanne per i due nordafricani che hanno usufruito del rito abbreviato.
I restanti imputati, invece, hanno optato per il patteggiamento e, previa derubricazione del reato in epigrafe al quinto comma dell'art 73 del testo unico in materia di stupefacenti (che prevede quindi la “lieve entità” delle condotte), sono stati condannati (con sospensione condizionale della pena) a poco più di un anno di reclusione.
F.F.
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